Il crescente interesse cinese per il pallone ha importanti implicazioni per il calcio europeo. Tevez, Hulk, Oscar, Gervinho, Lavezzi, Pellè, Paulinho, Jackson Martinez, Guarin e Ramires: sono alcuni del lungo elenco di calciatori che negli ultimi anni ha lasciato i campionati d’Europa alla volta del calcio cinese. Segni dell’interesse cinese per il pallone non sono solo gli ingaggi monstre dei campioni, ma anche il numero di tournée estive dei club più blasonati e le finali dei tornei d’Europa disputate in Cina.
La finale della Supercoppa italiana si è giocata su campi cinesi in quattro occasioni: nel 2009, 2011 e 2012 nello Stadio nazionale di Pechino, e nel 2015 presso lo Stadio di Shanghai. Inoltre, sempre a Pechino, nel 2014 si è disputata la finale del Trophée des Champions e del 2012 era l’accordo tra la Federazione spagnola e lo Stadio della capitale che avrebbe dovuto portare a Pechino cinque delle sette successive edizioni della Supercopa de España, mai concluso però per l’opposizione di Real Madrid e Barcellona.
Un altro tassello nella strategia di promozione della cultura calcistica in Cina sembra essere rappresentato dall’enorme flusso di investimenti per il controllo dei club europei. Quali sono quindi i paesi coinvolti e quali le ragioni che spingono la Cina a guardare a tale settore?
Alla conquista del calcio europeo
In Italia, la prima squadra a essere stata rilevata da un investitore cinese fu, nel 2014, il Pavia. Tuttavia, dopo due stagioni e la mancata promozione da Lega Pro a Serie B, il disimpegno del presidente Zhu Xiadong condannò la società lombarda al fallimento. Più recenti – e decisamente più importanti – sono state le acquisizioni delle due “milanesi”: nel giugno 2016 l’Inter, con il passaggio di proprietà dall’indonesiano Thohir al gruppo Suning, e ad aprile di quest’anno la vendita del Milan di Fininvest alla cordata guidata dall’uomo d’affari Li Yonghong.
Nel campionato spagnolo, l’Atletico Madrid è stato il primo club ad avere un socio di minoranza cinese, con il 20% della società controllato da Wang Jianlin, patron del colosso immobiliare cinese Dalian Wanda Group. Hanno poi fatto seguito le acquisizioni dell’Espanyol, ora di Rastar Group, e del Granada, di proprietà del gruppo Desports. Anche la Premier League e la Football League Championship sono finite nel mirino degli investitori cinesi, con l’acquisizione da parte di China Media Capital del 13% della proprietà del Manchester City e gli acquisti delle squadre Aston Villa, Birmingham, Wolverhampton, West Bromwich Albion e Reading. Nella Ligue 1 della federazione calcistica francese sono proprietà cinesi il Nizza e, in parte, il Lione (di cui Idg Capital possiede il 20% delle azioni); in Ligue 2 l’Auxerre e il Sochaux. Infine, nelle federazioni minori, gli interventi cinesi hanno interessato lo Slavia Praga e l’olandese Ado Den Haag.
Nel 2016 gli investimenti cinesi nelle squadre di calcio europee hanno toccato lo zenit (Figura 1), tanto che Pan Gongsheng, Vicegovernatore della Banca centrale cinese e capo della State administration of foreign exchange (Safe), ha espresso critiche sulle dimensioni del flusso, definendolo “irrazionale e anormale”. Questa espansione è senza dubbio legata alle dichiarazioni del Presidente Xi Jinping che, da grande appassionato di questo sport, nel 2015 aveva dettato le tappe del “sogno cinese” calcistico: riuscire a fare della Cina la prima nazionale dell’Asia nei prossimi 15 anni e vincere il Mondiale entro il 2050. Portare, in altri termini, la Cina a diventare una superpotenza a tutto tondo in ambito sportivo, calcio compreso. Lo confermano i Giochi della XXIX Olimpiade ospitati a Pechino nel 2008, nei quali la Cina riuscì a ottenere il maggior numero di medaglie d’oro e un secondo posto nel medagliere generale.
Perché la Cina ama il calcio europeo
Diverse sono le ragioni di questo fenomeno. Non c’è dubbio che la corsa all’acquisto delle società calcistiche europee rifletta la volontà da parte dei grandi investitori cinesi di assecondare le linea del presidente Xi. Ma non solo. La Cina investe nel calcio europeo – conosciuto in tutto il mondo per la sua eccellenza – anche per poter successivamente importare con più facilità campioni, allenatori e best practices, rafforzando così il sistema calcistico nazionale. Il calcio è legato alla dimensione del soft power e, in quanto sport più seguito in Europa, in Africa e in America Latina, possedere dei club vincenti in Europa aiuta la Cina a proiettare un’immagine positiva nel vecchio continente e nel mondo. Infine sono da prendere in considerazione ragioni di tipo finanziario. Non essendo il settore calcistico un settore redditizio e produttore di valore aggiunto, alcuni esperti ritengono che flussi di investimenti di tali dimensioni siano parte di una strategia di trasferimento di capitali all’estero.
Gli obiettivi fissati dal Presidente Xi Jinping sono tuttavia ancora lontani dall’essere raggiunti. Sebbene in ripresa rispetto alla centesima posizione nel Men’s ranking della Fifa del 2008, la nazionale di calcio cinese si trova al momento al settantasettesimo posto, dietro a Uganda, Emirati arabi uniti e Giamaica. Rimane ancora molto da fare per crescere, come ben sa l’attuale commissario tecnico della nazionale cinese Marcello Lippi. Proprio per questa ragione, aspettiamoci ulteriori investimenti cinesi nel calcio europeo negli anni a venire. E non stupiamoci se Bruxelles e Pechino siglassero a breve un “partenariato strategico Ue-Cina del pallone”.
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