Per comprendere come il Laos percepisce la Cina e la sua crescente influenza regionale non si può prescindere, nonostante possano apparire scontati, da elementi prettamente quantitativi. Con meno di 7 milioni di abitanti il Laos ha un peso demografico equivalente a quello di Kunming, capoluogo della confinante provincia cinese dello Yunnan; il Pil cinese è pressappoco 700 volte quello del Laos (16 miliardi di dollari nel 2016) e mentre la spesa militare annuale di Pechino si aggira sui 150 miliardi di dollari, il Laos tra il 2004 e il 2013 non ha mai superato i 26 milioni di dollari.
La combinazione tra una tale disparità di risorse, la prossimità geografica e la solidità della relazione diplomatica tra Vientiane e Pechino, si traduce immancabilmente in crescenti flussi di capitali, beni e persone dalla Cina verso il Laos. La Cina gioca ormai un ruolo da protagonista assoluto soprattutto sul fronte degli investimenti diretti esteri (IDE) non solo in quanto primo investitore in Laos, ma anche grazie a una tendenza ormai quasi trentennale: la quota totale di investimenti cinesi tra il 1989 e il 2014, pari al 33,1%, supera infatti nettamente quella di Thailandia (27,4%) e Vietnam (20,9%). Inoltre, nonostante le statistiche sugli aiuti pubblici allo sviluppo indichino che nel 2015 il Giappone con 107 milioni di dollari sia il primo donatore del Laos (seguito da Corea del Sud e Australia) policymakers e media cinesi sottolineano che se si considerano tutti i flussi di capitali il primato passa alla Cina. Meno preponderante, invece, il ruolo cinese a livello commerciale e turistico. Nel 2016 la Cina ha assorbito il 12,6% delle esportazioni e il 9,4% delle importazioni del Laos, quote nettamente inferiori al 17,7% e 36,7% fatto registrare dalla Thailandia, tradizionalmente primo partner commerciale del Paese. E anche i turisti cinesi che hanno visitato il Laos nel 2015 sono risultati essere ancora molto meno numerosi (410 mila) di quelli thailandesi (oltre 2 milioni) o vietnamiti (circa 1 milione).
Legami economici tanto fiorenti affondano inevitabilmente le proprie radici in una relazione diplomatica altrettanto robusta. Dalla normalizzazione dei rapporti di fine anni ’80 la relazione bilaterale si è infatti sviluppata sensibilmente, dapprima con un accordo di cooperazione firmato nel 2000 in seguito all’assistenza cinese durante la crisi finanziaria asiatica, e poi con l’istituzione di una “Comprehensive Strategic Partnership” nel 2009, permettendo alla Cina di diventare il partner politico di maggior rilievo per il Laos dopo il Vietnam e di avviare una collaborazione anche in tema di sicurezza contribuendo con forniture e assistenza militari.
Tutti questi dati sottolineano l’incommensurabile asimmetria tra i due Paesi in termini di risorse di potenza (capabilities). Tra i corridoi del potere e negli ambienti diplomatici di Vientiane non è raro sentir affermare che “la Cina è troppo grande… troppo potente”, esclamazioni che unite alla percezione del Laos (sia interna sia esterna), spesso definito “Tiny Laos”, cristallizzano inequivocabilmente l’assimetria di potere che emerge dai numeri. Ma proprio il focalizzarsi esclsusivamente sul fatto che l’intensificarsi dei legami con Pechino possa rendere il Laos estremamente dipendente dalla Cina rischia di portare l’osservatore a dare per scontato l’esito pratico dell’asimmetria tra i due Paesi. Come recentemente sottolineato da autorevoli pubblicazioni accademiche non ci sono prove chiare che manifestino la capacità della Cina di mettere a frutto le risorse della potenza per raggiungere i propri obiettivi anche quando essi confliggono con le preferenze di altri stati. Focalizzarsi solo sui legami economicopolitici rischia altresì di portare a trascurare un fattore altrettanto rilevante: la variabile geografica. La geografia rappresenta infatti un dato chiave per decifrare le relazioni sino-laotiane dal momento che Pechino vede nel Laos un punto di transito imprescindibile per connettere la Cina al Sud-est asiatico nel quadro dell’Iniziativa della “Belt & Road” (BRI), mentre Vientiane vede negli investimenti cinesi e nella BRI un’opportunità imperdibile per concretizzare una delle sue politiche prioritarie: trasformare il Laos da “landlocked” a “land-linked”.
Tuttavia, se si analizza il maggior investimento infrastrutturale (circa 6 miliardi di dollari) cinese in Laos, la ferrovia ad alta velocità che attraverserà il Paese connettendo per la prima volta la rete ad alta velocità cinese con un altro stato (e che permetterà, nei piani cinesi, di raggiungere in futuro Bangkok, Kuala Lumpur e Singapore), si può notare chiaramente la difficoltà della Cina di convertire la propria supremazia in risultati concreti anche in un caso in cui l’interlocutore è uno degli stati più piccoli e deboli del Sud-est asiatico. Infatti, nonostante la generale convergenza di interessi tra i due Paesi, e la firma di un Memorandum of Understanding (MoU) nell’aprile 2010, la trattativa con Vientiane è stata tutt’altro che semplice e i lavori di costruzione sono potuti iniziare solo nel 2017 dopo il raggiungimento di un nuovo MoU a fine 2015. Nonostante l’interesse condiviso a costruire la ferrovia, quattro divergenze principali hanno impedito una conclusione più rapida della trattativa: la dimensione dell’investimento e i rischi finanziari per il Laos; l’entità delle concessioni terriere richieste dalla Cina; la preferenza del Laos a posticipare il progetto in favore di infrastrutture più urgenti come strade, scuole e ospedali; il timore del governo laotiano che l’arrivo di circa centomila lavoratori cinesi (inevitabili sia perché richiesto dalla Cina sia per la mancanza di competenze della forza lavoro locale) potesse alimentare le tensioni già emerse tra lavoratori cinesi e popolazione locale.
Per concludere, il Laos nel caso della ferrovia ha saputo gestire – e contenere – l’incommensurabile asimmetria di potere con la Cina facendo leva su un’altra risorsa della potenza spesso trascurata in quanto difficilmente “imbrigliabile” in teorie generali: la posizione geografica. Dopo tutto, come ha dichiarato all’autore un alto funzionario del Ministero dei Trasporti laotiano, “la Cina non può collegarsi alla Thailandia tramite una ferrovia ad alta velocità sorvolando il Laos”.
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