Le relazioni sino-europee nei settori della scienza e della tecnologia sono cambiate profondamente negli ultimi decenni, anche alla luce dei grandi progressi della Cina in questi settori. Se negli anni Settanta e Ottanta lo scambio era piuttosto diseguale, con l’Europa che esportava verso la Cina conoscenze scientifiche e tecnologia, nell’ultimo decennio i due partner hanno raggiunto un livello paritario, come testimonia la loro collaborazione su grandi progetti internazionali, quali l’Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor che si propone di realizzare un reattore a fusione nucleare di tipo sperimentale) e Galileo, il sistema di navigazione satellitare europeo alternativo al Gps americano. La cooperazione sino-europea in settori strategici quali l’aerospaziale ha però attirato l’attenzione, e la preoccupazione, degli Stati Uniti e del Giappone, per il potenziale militare insito in questo tipo di accordi. Considerazioni di tipo strategico non devono comunque far dimenticare i grandi benefici della cooperazione scientifico-tecnologica tra Cina e Europa – una collaborazione iniziata più di tre decenni fa.
L’evoluzione del partenariato scientifico-tecnologico
Il programma di cooperazione scientifica e tecnologica tra Unione europea e Cina venne inaugurato ufficialmente nel 1983. Nel 1998 i due partner firmarono l’Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica, poi rinnovato nel 2004, con lo scopo di favorire la cooperazione scientifica attraverso l’interazione tra centri di ricerca, industrie, università e singoli ricercatori, i quali avrebbero potuto lavorare congiuntamente sui progetti finanziati direttamente dall’Ue. Nel giugno 2001 venne inaugurato a Pechino un ufficio congiunto Ue-Cina per la collaborazione scientifica che aveva lo scopo di aiutare i ricercatori cinesi ad accedere ai fondi stanziati dal VI Programma quadro dell’Unione europea.
Nel 2005, in occasione delle celebrazioni per il trentennale dei rapporti tra Comunità europea e Cina (iniziati nel maggio del 1975), venne siglata a Pechino una dichiarazione congiunta Ue-Cina sulla cooperazione scientifica e tecnologica nella quale vennero individuate otto potenziali aree di collaborazione di comune interesse: protezione ambientale; informazione e comunicazioni; cibo, agricoltura e biotecnologie; trasporti e settore aerospaziale (incluso il programma Galileo); urbanizzazione; salute; scienze socio-economiche; database per la condivisione dei dati, come ad esempio il Grid (Global Research Information Database). Venne inoltre istituito l’Anno Cina-Ue della scienza e della tecnologia, inaugurato poi nell’ottobre 2006, nel quale i Paesi membri e la Cina si impegnavano ad organizzare una serie di eventi connessi alla divulgazione scientifica e tecnologica.
La dichiarazione congiunta pose così le basi per la creazione di Co-Reach, una piattaforma che aveva lo scopo di creare una rete tra decisori politici e programme manager europei interessati ad iniziare nuove collaborazioni bilaterali per la ricerca scientifica con istituti cinesi.
Tuttavia fu con il lancio del VII Programma quadro per la Ricerca, lo sviluppo e la promozione tecnologica per il periodo 2007-2013 in concomitanza con l’XI Piano quinquennale cinese, che si aprì per l’Unione europea la possibilità di una nuova e più proficua partnership strategica. Tramite lo stanziamento di 55,8 milioni di euro, di cui 35,2 provenienti dall’Unione europea, vennero finanziati 274 progetti a cui parteciparono 383 istituti cinesi. Inoltre, più di 880 ricercatori cinesi presero parte al programma Marie Curie Actions.
Oggi la Cina rimane un attore chiave per lo sviluppo di Horizon 2020, il nuovo programma dell’Unione europea per la ricerca e l’innovazione per il periodo 2014-2020, per il quale sono state presentate, ad oggi, 227 proposte di ricerca provenienti dalla Cina per 187 diversi progetti.
Considerazioni strategiche
La cooperazione scientifica con l’Europa e l’accesso alle tecnologia occidentale è sempre stato un obiettivo strategico della dirigenza cinese, al fine di modernizzare il paese e trasformarlo in una potenza sia sul piano economico che militare. Nel corso degli anni il vecchio continente è diventato il primo fornitore della Cina di tecnologia avanzata.
Dalla metà degli anni Novanta, quando i Paesi europei decisero di riorganizzare la loro industria aerospaziale e della difesa – che risultò nella nascita di compagnie quali Airbus (civile), Eads (difesa) e di programmi quali il sistema satellitare Galileo – la Ue ha trovato in Pechino un osservatore attento ed un partner interessato alla promozione di tali dinamiche. La ricerca in ambito spaziale, tuttavia, è sempre stata considerata un territorio grigio dove interessi civili e militari spesso collidono, soprattutto a causa delle implicazioni strategiche ad esso connesse. Proprio per questa sua doppia valenza Washington ha sempre visto con sospetto la collaborazione sino-europea nelle tecnologie di punta.
Quando nel 2003 Cina e Ue siglarono il loro partenariato strategico, accompagnarono l’evento con l’intensificazione della cooperazione negli ambiti della scienza e della tecnologia e la firma dell’accordo di collaborazione sullo sviluppo congiunto di Galileo, il sistema satellitare europeo. Galileo è sempre stato considerato dai cinesi come un “modello” di collaborazione scientifica e tecnologica internazionale. Se l’Europa ne era entusiasta all’inizio, con il passare degli anni sono sopraggiunti alcuni problemi, soprattutto perché questa forma di collaborazione ha consentito alla Cina di progredire nello sviluppo del proprio sistema satellitare, Beidou, a scapito di Galileo.
Conclusione
Il partenariato scientifico-tecnologico Ue-Cina mostra lati sia positivi che negativi. Non c’è dubbio che tale forma di collaborazione permetta alla ricerca scientifica e tecnologica di avanzare più velocemente, portando benefici alla società intera. Allo stesso tempo, però, visto che molte delle tecnologie di punta sono oggigiorno duali (ovvero possono essere usate sia per fini civili che militari), il vecchio continente sta anche contribuendo – indirettamente – all’ammodernamento militare della Cina, cosa che potrebbe diventare un elemento di frizione nelle relazioni transatlantiche, soprattutto nel caso in cui il rapporto Cina-Usa si deteriorasse.
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