Le relazioni tra Italia e Malaysia segnalano un andamento ormai consolidato e ambivalente. Senza timore di una sintesi eccessiva, è acclarato che non esistono attriti tra i due Paesi. In aggiunta, soprattutto dal punto di vista economico, il terreno è sufficientemente fertile da consentire programmi più ambiziosi. Così come negli altri Paesi ASEAN, e in realtà in tutta l’Asia Orientale, l’Italia non ha motivi di contrasto. Non sono presenti rancori post-coloniali e differenze significative su visioni ideali. Ovviamente non esistono tensioni militari e sfere di interesse confliggenti. Ideologicamente, prevalgono le affinità pur nella evidente diversità dei sistemi politici e sociali. La Malaysia presenta un radicato multipartitismo con una rispettata ciclicità elettorale, anche se la stessa formazione è da molti decenni al timone del Paese. Pur nella occasionale diversità di posizioni nelle assisi multilaterali, i due Paesi non sono mai giunti a frizioni clamorose o posizioni di aperta opposizione. Sono dunque regolari e senza problemi impellenti gli scambi di visite e la collaborazione tecnica, scientifica e culturale. Era in realtà questo l’obiettivo dei due governi al momento dell’inizio di formali relazioni diplomatiche nel 1957, quando l’allora Malesia è diventata indipendente dal Regno Unito.
Le relazioni economiche presentano aspetti chiaroscurali. Le esportazioni italiane in Malaysia si sono attestate nel 2017 intorno a € 1,25 miliardi (le ultime stime sono disponibili fino a novembre 2017, per l’ultimo mese è stata fatta una proiezione). Si tratta di valori relativamente modesti, pari allo 0,3% del totale esportato dall’Italia. La Malaysia presenta dunque lo stesso ritardo registrato dall’ASEAN. L’intera Associazione di dieci Paesi – 7^ potenza economica al mondo, con 630 milioni di abitanti – assorbe soltanto l’1,7% dell’export italiano. La tendenza decennale del flusso è in costante aumento, ad esclusione di una forte flessione verificatasi nel 2015. La composizione merceologica anche in Malaysia, come nella quasi totalità delle destinazioni asiatiche, vede la grande prevalenza dei beni strumentali, seguita da prodotti dell’elettronica, dell’aeronautica, della chimica-farmaceutica. Valori marginali assumono i beni di consumo. Anche in Malaysia è presente il “paradosso del Made in Italy”: è conosciuto per il fascino e il prestigio dei suoi settori più famosi, ma i valori monetari sono generati dalla meccanica, della quale solo gli addetti ai lavori conoscono le qualità più rinomate.
Le importazioni dalla Malaysia in Italia riflettono un ventaglio analogamente concentrato su pochi settori. I cinque principali sono: oli vegetali e animali, articoli in gomma, macchine, prodotti della siderurgia, apparecchiature per telecomunicazioni. Il valore totale monetario ha raggiunto nel 2017 € 1,05 miliardi. Negli ultimi sei anni, dopo numerose fluttuazioni, la bilancia commerciale è in favore dell’Italia, seppure con cifre marginali.
Pur nella difficolta di procedere con paragoni, gli investimenti italiani in Malaysia (più significativi del flusso speculare) rilevano dati più corposi rispetto a quelli commerciali. Secondo una ricerca del think tank Osservatorio Asia del 2015, le presenze aziendali in Malaysia erano 72, il 14% delle 421 attive nei dieci Paesi dell’ASEAN. Negli ultimi 2 anni non sono state registrate variazioni significative. La Malaysia si classifica dopo Singapore e appaiata alle nazioni nelle posizioni successive (Indonesia 76; Vietnam 73). La ripartizione adottata per la tipologia di investimenti ha stabilito soltanto due modalità: fabbriche e uffici, cioè investimenti produttivi o terziario. Nel Paese asiatico le 73 presenze sono divise tra 20 impianti e un ventaglio di 52 attività: distribuzione commerciale, studi legali, spedizioni e logistica, rappresentanza bancaria, finanziaria e istituzionale. Le attività produttive riguardano la meccanica, la gomma, la chimica farmaceutica, l’abbigliamento, la componentistica elettronica. Il terziario comprende gli stessi settori con l’aggiunta delle costruzioni, infrastrutture, aeronautica. L’elenco delle aziende include Maccaferri, Marposs, Trevi, Italcementi, Leonardo, Generali, Oto Melara, Vitrociset, Ansaldo, AgustaWestland, Mapei, Prysmian, Saipem, Maire Tecnimont, Salini Impregilo, STMicroelectronics, Benelli, GE Oil&Gas (Nuovo Pignone), Telecom Italia, A. Menarini, Permasteelisa, Fiamm, Salvagnini.
La ripartizione tra fabbriche e uffici – 21% vs 79% – riflette le percentuali dell’intera presenza italiana nell’ASEAN. Questo equilibrio può essere esteso all’intera Malaysia. Essa, insieme alla Thailandia, afflitta però da ricorrenti interventi militari nella vita civile, rappresenta bene i “tigrotti” asiatici, lontani dal ruggito e dalla ricchezza di Singapore (e dalla peculiarità del Brunei). Kuala Lumpur ha da tempo sconfitto il sottosviluppo; non conosce l’arretratezza dell’Indonesia, dell’ex Indocina, o del Myanmar. Non presenta sovrappopolazione, è ricca di risorse naturali, la terra è fertile. Inoltre, trae forza dalla multietnicità, l’inglese è diffuso, la legge rispettata. Infine, la ripartizione del PIL tra agricoltura, industria e servizi è molto bilanciata.
Esistono dunque tutte le condizioni affinché un intervento italiano- strutturato secondo il collaudato Sistema Paese che coinvolge aziende, istituzioni e banche – possa applicarsi. Italia e Malaysia presentano due economie per molti versi complementari. Le articolazioni di business sono quindi molteplici e attraversano molte attività. Tuttavia, tre comparti sembrano proporre le migliori prospettive. Il primo continua a essere quello della meccanica leggera, incluse le parti e i semilavorati. La Malaysia non è certamente satura di meccanizzazione e deve continuare a migliorare l’efficienza nella trasformazione di materie prime di cui è dotata. Si tratta di continuare un percorso già avviato con discreto successo.
L’intero macrosettore della logistica-trasporti-infrastrutture presenta altresì opportunità crescenti. La Malaysia non ha completato l’immensa opera di collegare fisicamente il Paese, soprattutto nei due stati del Borneo settentrionale. In aggiunta, il versante marittimo della Nuova Via della Seta (l’Iniziativa “Belt and Road”, BRI) prevede lavori imponenti sia nello Stretto di Malacca sia in altri passaggi nel Pacifico meridionale. La solidità finanziaria e la sua posizione nella classifica del Doing Business Report della Banca Mondiale (25° nel 2017) certificano la solidità del Paese e la sua capacità di attrarre e ripagare investimenti internazionali.
I beni di consumo italiani possono trovare infine disponibilità di acquisto da parte di una classe emergente che assegna al Made in Italy le caratteristiche di eleganza e prestigio per affermare il proprio ruolo sociale. È un settore che non segue i canali tipici dei beni di lusso e che finora, nonostante la qualità che lo contraddistingue, non ha trovato in Malaysia le dimensioni di mercato che avrebbe meritato.
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