Nel 2007, l’Ecuador ha iniziato una politica di inclusione sociale “dal basso” che ha portato alla legalizzazione delle street gang che, in cambio di un riconoscimento formale da parte dello stato, si sono lasciate la violenza alle spalle. I risultati sono stati impressionanti soprattutto per una regione, come quella latinoamericana, che soffre di alti tassi di criminalità organizzata, violenza urbana e omicidi.
A più dieci anni dall’inizio del processo di legalizzazione, i livelli di crimine e violenza sono calati in modo così drastico e costante che la conseguente riduzione di omicidi è stata descritta come la più significativa al mondo, nonostante il successo di questo nuovo approccio alla sicurezza pubblica abbia ricevuto poca attenzione al di fuori dei confini nazionali. L’importanza dell’esperimento ecuadoregno non può però essere sottovalutata: a fronte delle sfide simili con cui molti paesi dell’America Latina e dei Caraibi si ritrovano a convivere, l’Ecuador è l’unico stato nella ragione ad aver deciso di adottare una politica di inclusione sociale – mentre altri hanno optato per importare dagli Stati Uniti approcci più repressivi – e ad aver dimostrato di aver fatto la scelta giusta.
A inizio millennio le gang presenti in Ecuador erano molte: secondo le stime della polizia, erano circa 400 quelle attive nella provincia di Guayas – che include la città più grande dell’Ecuador, Guayaquil – e 178 nella provincia di Pinchinchia – che include la capitale, Quito. Durante i primi anni Novanta, i membri delle gang statunitensi vennero deportati e trovarono terreno fertile nei quartieri più poveri delle città ecuadoregne, dove contribuirono allo sviluppo della Sacred Tribe Atahualpa of Ecuador (STAE, detta anche Latin Kings and Queens) e della Ñetas come grandi organizzazioni transnazionali. La gang Masters of the Street, invece, si originò in modo autoctono, emulando le strutture organizzative delle controparti statunitensi. Nel periodo antecedente al 2007, vi erano timori crescenti sulla minaccia posta dalle gang, rispecchiati anche dal raddoppiare degli arresti giovanili fra il 1999 e il 2005, oltre che dagli alti tassi di omicidio (che si aggiravano intorno ai 19 ogni 100.000 abitanti). Alla fine del 2017, gli omicidi in Ecuador si sono ridotti drasticamente a 5,8 ogni 100.000 abitanti. Come si può spiegare questo fenomeno straordinario?
A partire da uno studio condotto fra il 2016 e il 2017, sosteniamo che alla base dello stesso vi sia una convergenza tra fattori strutturali e culturali. Da un lato, l’alto rendimento del petrolio migliorò l’economia del paese in maniera sostanziale e permise al governo di allocare più fondi all’investimento sociale, alla redistribuzione della ricchezza, ai programmi di lotta alla povertà e alla riforma della polizia e del sistema giudiziario. Tutto ciò generò maggiori opportunità e migliori condizioni sociali per la popolazione. Queste riforme strutturali portarono a quel tipo di cambiamento capace di ridurre la violenza sociale. A ciò si aggiunse anche un grande cambiamento culturale che avvenne con l’iniziativa che ha portato alla legalizzazione delle gang nel 2007. Quell’anno, il gruppo Latin Kings and Queens divenne un’entità legale, rinunciando alla violenza e alla criminalità per dar vita a una relazione formale con lo stato e i suoi ministeri principali. Successivamente, altre gang, come la Ñetas e i Masters of the Street, ne seguirono l’esempio. A fronte dei benefici derivanti dall’abbandono di una vita in clandestinità, tre delle maggiori organizzazioni di strada presenti in Ecuador diventarono quindi movimenti con personalità pubblica e relazioni formali rispetto ai vari attori statali e della società civile. Il conseguente cambiamento degli obiettivi culturali e delle strutture sociali all’interno di questi gruppi ha poi avuto ricadute positive sull’ambiente urbano, rappresentando un altro fattore da tenere in considerazione per spiegare il miracolo ecuadoregno.
Il successo della legalizzazione delle gang in Ecuador deve molto all’unicità del periodo in cui avvenne. Quando il presidente Correa salì al potere, il prezzo del petrolio era ai suoi massimi storici (140 dollari al barile nel 2008), cosa che permise di riempire le casse dello stato e di portare avanti un ambizioso progetto di modernizzazione e notevoli investimenti sociali che resero possibile una trasformazione strutturale, portando progresso sociale, cambiamento e speranza. Negli stessi anni emerse anche una nuova narrativa, nota come la “Rivoluzione cittadina”, e venne redatta una nuova costituzione fondata sui diritti civili e politici e sul rispetto della multiculturalità del ricco tessuto sociale ecuadoregno. Tutto ciò diede risalto ai diritti degli indigeni e fornì alle subculture urbane nuovi strumenti discorsivi: questa rinnovata narrativa nazionale, basata su diversità e diritti, offrì quindi alle gang un modello culturale per comunicare le loro storie di marginalizzazione e il loro desiderio di maggiore coinvolgimento nel presente e nel futuro sociale e politico del paese.
Questi furono gli anni in cui la società ecuadoregna compì passi enormi verso lo sviluppo e anche i membri delle gang cominciarono a credere alla possibilità di un nuovo contratto sociale: aprire il dialogo con lo stato sulla possibilità di ridurre la violenza nel paese divenne perciò un’idea meno impensabile. In strada, le gang avevano già cominciato a trasformarsi: a Guayaquil, la città più violenta dell’Ecuador, per esempio, era già in corso una tregua fra le tre gang principali del paese grazie alla mediazione del capo della polizia locale. Questa iniziativa politica innovativa – e rara, essendo la polizia un apparato statale tradizionalmente volto al controllo sociale coercitivo – si dimostrò un successo e convinse altre autorità ecuadoregne che le gang fossero davvero interessate ad abbandonare gli scontri e la violenza. Vi erano quindi le condizioni per l’espansione di questo processo ambizioso di empowerment e impegno sociale che ha avuto notevoli impatti sulle gang ecuadoregne. Riportiamo di seguito alcune delle principali trasformazioni derivanti da questa iniziativa politica.
Le gang senza violenza. Nella nostra ricerca, abbiamo analizzato cosa voglia dire per una gang astenersi dalla violenza e, al tempo stesso, mantenere la loro identità. Attraverso un processo che chiamiamo “defanging the gang“, abbiamo studiato le gang al netto della loro componente criminale, immaginandole “ripulite” da attività illecite e violente e mantenendone intatte sia la gerarchia interna che la cultura. Come molti studiosi sostengono, infatti, le gang sono molto di più della somma delle loro pratiche criminali: unirsi a esse ha molto a che fare con legami sociali, solidarietà e identità. La violenza rappresenta quindi solo uno degli aspetti della vita delle gang. Pertanto, un processo di legalizzazione deve rispettare e valorizzare l’immenso capitale sociale delle gang e, al contempo, marginalizzare o eliminare definitivamente la violenza. Abbiamo scoperto che fornendo alle gang strumenti adeguati attraverso l’educazione e dando loro uno spazio sociale in cui svilupparsi in modo non violento, esse si adattano velocemente, così come si sono adattate in passato ad altre circostanze.
Questo processo deve essere portato avanti utilizzando le strutture interne della gang e in particolar modo la catena di comando, per creare e mettere in atto nuove norme. Disimparare certe pratiche può essere difficile, ma non impossibile. Per esempio, rimpiazzare attività illegali di ricerca di rendita (rent-seeking) è generalmente considerato l’ostacolo principale alla reintegrazione. Nell’esperienza ecuadoregna, però, lo stato e i suoi ministeri erano davvero intenzionati a impegnarsi e portare avanti questa nuova politica con iniziative educative, culturali e occupazionali volte a supportare le gang nella loro transizione. Allo stesso tempo, l’economia del paese cominciò a espandersi, cosa che contribuì a ridurre la criminalità come forma di sussistenza. La speranza collettiva scaturita dall’economia in crescita e dai massicci investimenti aiutò lo stato ad avere la meglio e i policymakers a capire che “la carota era più efficace del bastone”.
Crescere nelle gang. La letteratura accademica sulle gang è vasta, così come lo è quella sull’abbandono della vita criminale da parte dei loro membri (maturing out). Nella nostra ricerca abbiamo coniato il termine “maturing-in” per descrivere il processo di crescita e maturazione che i membri delle gang intraprendono e gli effetti che questo nuovo fenomeno ha sulle dinamiche del gruppo. Grazie al nuovo status “legalizzato”, i membri delle gang che normalmente si sarebbero trovati in prigione a scontare lunghe pene o uccisi, stanno ora invecchiando all’interno delle gang, comportando un cambiamento generazionale senza precedenti. Quello che abbiamo potuto osservare è che all’interno delle gang legalizzate c’è oggi una crescente massa critica di membri più maturi che, invece di abbandonare il gruppo, contribuiscono a un processo di crescita collettiva. Inoltre, essendo di norma meno inclini alla violenza, come ben documentato, i membri anziani delle gang non rappresentano una grande minaccia per la società e, col tempo, la cultura delle gang cambia sotto la loro influenza.
Gli aspetti positivi di una gang che invecchia sono molti e possono essere osservati chiaramente dopo dieci anni di legalizzazione, durante i quali è addirittura emersa una classe professionale composta da membri di gang. Alcuni componenti dei Latin Kings and Queens, per esempio, oggi lavorano nel governo, hanno una laurea e addirittura una loro attività commerciale. “Rigare dritto” si è dimostrato vantaggioso e, grazie ai continui rapporti con lo stato, le gang legalizzate sono addirittura considerate da alcuni nuovi membri come una forma di mobilità sociale.
L’altra faccia delle gang transnazionali. Quando associato alle gang, il termine “transnazionale” ha generalmente una connotazione negativa. Durante la nostra ricerca, però, abbiamo anche scoperto che le gang transnazionali possono rappresentare una fonte di apprendimento collettivo. Esse condividono nel tempo e nello spazio le loro conoscenze ed esperienze, tanto positive quanto negative. Durante i primi anni del 2000, le gang di New York avevano deciso di avviare un processo di trasformazione per diventare movimenti sociali – un’iniziativa poi minata dalla politica di “tolleranza zero” dell’allora sindaco di New York, Rudolph Giuliani. Le idee e le lezioni apprese a partire da questo esperimento hanno però continuato a diffondersi globalmente finché i sindaci di Barcellona e di Genova decisero (nel 2007) di incoraggiare le gang ad abbandonare la loro natura clandestina e dare inizio a un processo che le avrebbe portate a diventare gruppi giovanili socio-culturali. Le gang ecuadoregne in Spagna e Italia condivisero questa esperienza in patria e l’idea venne successivamente adottata a livello nazionale in Ecuador. L’incredibile apertura politica presente a quel tempo permise poi di ampliare e sviluppare ulteriormente questa iniziativa. Ottenuto lo spazio necessario per cambiare, questi gruppi – e in particolare i Latin Kings and Queens – colsero l’opportunità per evolversi, e condivisero tutto ciò con le loro controparti all’estero.
La riduzione della violenza fra gang. Grazie al loro nuovo status, le gang poterono accedere a fondi statali e a relazionarsi in maniera formale con diverse istituzioni e attori della società civile. Queste esperienze contribuirono a un processo più ampio di socializzazione. Nella nostra ricerca abbiamo notato come diverse gang collaborino oggi con ufficiali di polizia, ministri governativi, municipalità e università su una varietà di progetti, dall’organizzazione di eventi culturali alla costituzione di piccole attività commerciali. Al fine di mantenere lo status legale ottenuto e continuare a lavorare con lo stato e la società civile, le gang hanno dovuto evitare quanto più possibile il coinvolgimento in episodi violenti e questo ha incentivato progetti congiunti fra quelle che erano un tempo gang rivali, creando efficaci canali di comunicazione fra leader di gruppi diversi. Nel corso della nostra ricerca abbiamo partecipato a riunioni in cui erano presenti membri di diverse gang che avevano una storia di violenza fra loro, ma che ora si incontravano regolarmente per pianificare attività, scambiarsi idee, obiettivi e prospettive.
In conclusione, il nostro studio dimostra come la scelta dell’Ecuador di fornire uno spazio politico e sociale affinché le gang si evolvano e si lascino alle spalle la violenza non è stata solamente efficace, ma rappresenta anche un esempio per altri paesi. Da dieci anni a questa parte, la legalizzazione è diventata la norma nelle strade e, con i tre gruppi principali ora formalmente legalizzati, è diventato comune per altre gang negoziare un simile status con il governo e abbandonare per sempre la violenza. Questo aspetto è fondamentale per capire il “miracolo ecuadoregno”.
Quella delle gang che evolvono fino ad avere nuovi scopi e coscienza politica non è una storia sui generis. Durante gli anni Settanta, gang come il gruppo dei Young Lords negli Stati Uniti si trasformarono in un movimento politico radicale mentre altre vennero assorbite da processi politici ed economici più ampi, sparendo definitivamente o reinventandosi completamente nel corso del tempo. La riforma e legalizzazione delle gang non dovrebbe perciò essere un’idea da scartare a priori. L’evoluzione da gang a movimento giovanile dipende però dalla disponibilità da parte dello stato e della società civile a cedere parte del loro spazio politico e sociale. Rispondere al fenomeno delle gang con misure repressive, come spesso accade in America Centrale, tende a spingere i loro membri ai margini, rinforzando la loro personalità criminale. D’altro canto, politiche più inclusive nei confronti delle gang possono avere effetti positivi sia a livello individuale che collettivo e, contemporaneamente, ridurre i tassi di violenza a livelli inaspettati.
Per saperne di più
Cerbino, M. (2010) La Nación Imaginada de los Latin Kings, Mimetismo, Colonialidad y Transnacionalismo, PhD Dissertation, Università di Taragona, Spagna.
Brotherton, D. e Barrios, L. (2004) The Almighty Latin King and Queen Nation: Street politics and the transformation of a New York city gang. New York: Columbia University Press.
Igarapé Institute (2016) Exploring the Distribution, Dimensions and Dynamics of Intentional Homicide around the World. Disponibile su: http://homicide.igarape.org.br/
Serran, A. e Verea, S. (2008) “Estrategias y políticas de inclusion (¿asimilación?) de pandillas en Ecuador: dos modelos de ciudades, dos visiones sobre las potencialidades de los/as jóvenes pandilleros/as”. Urvio, Revista Latino Americana de Seguirdad Ciudadana, 4 maggio 2008, pp. 81-99. Disponibile su: https://doi.org/10.17141/urvio.4.2008.1085
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