Le relazioni fra Russia e Unione Europea sembrano essere in una crisi profonda. Iniziate all’insegna di speranze, ambizioni ed entusiasmo negli anni Novanta, esse sono oggi associate a grandi delusioni. A partire dal crollo dell’Unione Sovietica, 27 anni fa, la Russia non ha mai intrattenuto relazioni veramente stabili con l’UE, nonostante la loro vicinanza geografica e l’interdipendenza economica che “condannano” entrambe le parti alla cooperazione. Perché ciò è accaduto così rapidamente e in modo quasi irreversibile, almeno a breve e medio termine?
Negli anni Novanta, l’irreversibilità dei cambiamenti politici in Russia è stata sopravvalutata, mentre i rischi associati all’ascesa di un nuovo autoritarismo post-sovietico non sono stati presi abbastanza sul serio dagli attori occidentali, compresa l’UE. L’UE ha infatti ripetutamente cercato di estendere la sua sfera di influenza in Russia, promuovendo la democratizzazione del paese, nonché i valori dei diritti umani e dello stato di diritto. Questi sforzi, chiaramente, non sono stati ricompensati: l’UE non è riuscita a facilitare un miglioramento della governance in Russia, mentre i pochi progetti che hanno ottenuto un certo successo risultano in gran parte invisibili considerando le dimensioni del paese e del suo territorio. I mezzi e gli strumenti disponibili erano semplicemente troppo deboli per avere l’effetto desiderato sulla Russia e, a quel tempo, i leader europei non hanno mai considerato la necessità di metodi di coercizione più incisivi. L’UE era riluttante a punire il governo di Boris Yeltsin quando ha oltrepassato il limiti e i leader europei hanno ritenuto che il solo evitare la costituzione di una nuova Unione Sovietica sarebbe stato sufficiente a garantire la transizione della Russia in senso democratico. Così, un approccio basato sul “wishful thinking” ha prevalso su quello basato sulla realtà.
Ciò che è addirittura peggio, però, è che l’approccio spiccatamente “pratico” perseguito dai governi nazionali di alcuni stati membri dell’UE nei confronti della Russia ha incoraggiato la leadership russa a dare priorità alle relazioni bilaterali con i singoli stati piuttosto che a quelle con l’UE come entità unica, minando anche i limitati successi di cui l’UE ha inizialmente goduto.
L’ultimo importante passo avanti nello sviluppo delle relazioni fra Russia e UE è avvenuto nel 2003 quando è stato concordato un partenariato strategico, inaugurando così un nuovo formato per i rapporti reciproci. Entrambe le parti hanno sottoscritto una serie di impegni che, tuttavia, sono rimasti in gran parte solo sulla carta e che non hanno mai raggiunto un livello di cooperazione tale da poter essere definito un vero e proprio partenariato a livello strategico.
In Russia, il presidente Putin si è impegnato con grande dedizione alla costruzione del suo “grande stato russo”, mentre l’UE si è concentrata prevalentemente sul suo allargamento e sui suoi problemi interni. Sia in Russia che nell’UE, i politici si sono affidati alle continue tensioni esterne per generare maggiore consenso interno e attuare trasformazioni nei rispettivi sistemi politici. Allo stesso tempo, gli scambi commerciali tra la Russia e l’UE hanno vissuto un periodo di crescita, per la soddisfazione di entrambe le parti.
In effetti, le relazioni tra la Russia e l’UE nel periodo 2000-2014 si basavano sulla separazione tra politica ed economia – divario che, nel corso degli ultimi anni è aumentato. La crisi politica ucraina del 2014 – e cioè l’annessione della Crimea da parte della Russia e il sostegno della Russia agli insorti dell’Ucraina orientale – ha bruscamente compromesso lo status quo esistente, lanciando segnali importanti tanto alla Russia quanto all’UE.
Innanzi tutto, la crisi ucraina ha dimostrato che Russia e UE hanno posizioni fondamentalmente divergenti in merito all’ordine internazionale, a partire dall’Europa stessa. Mosca vede un mondo multipolare nelle mani di pochi attori potenti che orchestrano il sistema internazionale godendo di libertà d’azione incondizionata nelle rispettive sfere di influenza. È a partire da quest’ottica che Mosca ha cercato di basare i suoi rapporti con la Georgia, l’Ucraina e gli altri stati post-sovietici, dando assoluta priorità alle relazioni bilaterali. Al contrario, l’UE privilegia le relazioni multilaterali e rappresenta quindi di default una sfida all’approccio russo, compromettendone la capacità di agire liberamente – questione che rimane di vitale importanza per il Cremlino. La crisi ucraina ha anche dimostrato che le differenze di vedute rispetto all’ordine internazionale hanno sovrastato il fattore di interdipendenza economica e quindi minato la convinzione secondo cui tale interdipendenza servisse da barriera naturale all’eventuale disgregazione delle relazioni tra Russia e UE.
In secondo luogo, la crisi ha dimostrato che la regione del cosiddetto “common neighbourhood” (che comprende gli stati post-sovietici situati tra la Russia e l’UE) è e rimarrà una zona di profonde tensioni e conflitti tra le grandi potenze europee. I paesi che si trovano in quest’area geografica e politica dipendono molto dal carattere delle relazioni tra Russia e UE, mentre lo stato attuale di tali relazioni presuppone che gli stati del common neighbourhood abbiano solamente una scelta binaria a loro disposizione: essere a favore della Russia o a favore dell’UE. Russia e UE hanno agende e interessi molto diversi in merito. L’UE indirizza i suoi sforzi verso una progressiva europeizzazione di questi stati attraverso riforme economiche e politiche, mentre l’approccio russo è quello di mantenere i paesi nella sua orbita attraverso un complesso sistema di ricompense e punizioni.
In terzo luogo, la crisi e ancor più il corso degli eventi hanno rivelato la profonda differenza tra UE e Russia per quanto riguarda il rapporto fra politica estera e politica interna. Per l’UE la politica estera si è sempre sviluppata in un certo qual modo all’ombra della dimensione interna. È stata infatti la politica interna – e in particolare le politiche economiche e monetarie – e non la politica estera e di sicurezza comune a misurare il successo del progetto di integrazione europea. In Russia, invece, è la politica estera (e non quella interna) a confermare all’opinione pubblica i successi dello stato russo come “grande potenza” e, quindi, per la leadership russa è la politica estera a rappresentare lo strumento principale per la stabilizzazione e il consolidamento del regime.
Dopo la crisi ucraina del 2014, entrambe le parti si sono affidate a strategie più coercitive, come le sanzioni economiche tutt’ora esistenti. Gli esperti non sono sicuri dell’efficacia delle sanzioni diplomatiche ed economiche dell’UE contro la Russia. Tuttavia, la valutazione dell’efficacia di uno strumento politico dipende in larga misura dalle aspettative. Perciò, se ci si aspetta che il regime sanzionatorio porti a cambiamenti di regime politico in Russia nella direzione desiderata, la loro efficacia è con tutta probabilità nulla. Se invece ci si aspetta che le sanzioni possano frenare la Russia dall’intraprendere azioni esterne aggressive e influenzare la reputazione che la Russia ha nel mondo, allora l’efficacia potenziale (strategica e a lungo termine) della politica di sanzioni può essere considerata molto maggiore.
UE-Russia summit a Bruxelles, nel 2014. Fonte: kremlin.ru
Nel complesso, Russia e UE sembrano oggi più distanti che mai e non c’è motivo di aspettarsi cambiamenti rapidi e drastici nei prossimi anni. La speranza che la Russia e l’UE giungano a un accordo su come beneficiare mutualmente di relazioni solide è estremamente scarsa.
Nella difficile situazione attuale, le differenze tra UE e Russia sono particolarmente evidenti. E mentre l’UE si interroga su come costruire (e se non sviluppare, almeno mantenere) le relazioni con la Russia sotto le restrizioni imposte dalle sanzioni, da queste preoccupazioni sono nati cinque principi guida per la politica europea nei confronti della Russia, presentati dall’EU External Action Service a marzo 2016. Questi principi ben descrivono il limitato margine di manovra in quanto comprendono la richiesta di piena attuazione degli accordi di Minsk, il rafforzamento delle relazioni con i partner orientali dell’UE e con gli altri paesi vicini, il rafforzamento delle capacità di dell’UE di contrastare le minacce russe (incluse quelle ibride), la necessità di un impegno selettivo con la Russia e la volontà dell’UE di sostenere la società civile russa e di ampliare i contatti interpersonali. Ovviamente, risulta estremamente difficile (se non addirittura impossibile) seguire questi principi e contemporaneamente far progredire le relazioni almeno un po’. Ciononostante, è apprezzabile il tentativo europeo di sviluppare un approccio comune alla Russia, anche se di dubbia efficacia. Per quanto riguarda la Russia, invece, è da notare la totale assenza di forti incentivi per migliorare le relazioni con l’UE. Come già accennato, la retorica secondo cui le azioni europee immancabilmente danneggiano la Russia, non serve solo a intrattenere l’opinione pubblica interna del paese, ma rappresenta un’importante fonte di legittimazione per il regime politico russo. L’attuale leadership russa conta molto sul fatto che i problemi interni dell’UE aumenteranno in futuro e che la solidarietà fra i suoi membri diminuirà di conseguenza. Inoltre, l’inasprirsi delle tensioni tra UE e Stati Uniti porterà a un ulteriore indebolimento progressivo dell’Europa e, quindi, il problema delle relazioni con l’UE si risolverà da solo.
Per saperne di più
Busygina, I. (2017) Russia-EU Relations and the Common Neighborhood: Coercion vs. authority. Routledge.
Racz, A. e Raik, K. (2018) “EU-Russia Relations in the New Putin Era”, International Centre for Defense and Security. Disponibile su: https://icds.ee/eu-russia-relations-in-the-new-putin-era-2/
Smeets, M. (2018) “Can economic sanctions be effective?”, Staff Working Papers, World Trade Organization. Disponibile su: https://www.wto.org/english/res_e/reser_e/ersd201803_e.pdf
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