Il vice-ministro cinese per la supervisione, Hao Mingjin, ha di recente reso noto che 3058 funzionari del partito e della pubblica amministrazione, inclusi molti sindaci, erano stati arrestati per reati legati alla corruzione. Il funzionario, il cui ministero si occupa di mantenere la disciplina amministrativa e di facilitare la trasparenza, l‟onestà e l‟efficienza nella gestione della cosa pubblica, ha rivelato che, dal mese di ottobre 2009 allo scorso aprile, 5241 funzionari sono stati puniti o messi sotto accusa per episodi di corruzione, concussione, appropriazione indebita e accordi sottobanco. In particolare i crimini sono stati compiuti nel settore immobiliare, in continua e forte crescita, grazie anche al flusso di denaro riversato nell‟economia con il pacchetto di stimolo fiscale di quattro trilioni di yuan, approvato nel 2008. In molti casi è stata comminata la pena di morte.
La stretta repressiva su questo tipo di reati, che fa parte di uno specifico programma governativo di lotta alla corruzione lanciato nel 2009, ha coinvolto funzionari regionali, professionisti, rettori di università e manager statali. In un caso, registrato a Chengdu, capitale della provincia del Sichuan, un funzionario ha accettato tangenti per un ammontare complessivo di 22 milioni di yuan (corrispondenti circa a 2,6 milioni di euro) in relazione ad un trasferimento di diritti d‟uso della terra. La proprietà della terra, infatti, è pubblica e gli enti locali possono solo concedere il diritto a utilizzare i terreni per scopi industriali o commerciali. In molti casi la discrezionalità amministrativa concede spazio a trattamenti privilegiati o preferenziali in favore di costruttori e speculatori, in cambio di denaro, e ciò ha contribuito, secondo gli inquirenti, a una crescita esponenziale e ingiustificata del prezzo degli immobili.
Secondo Transparency International, la Cina si colloca al 79° posto nella classifica dei paesi meno corrotti. La corruzione è diffusa anche nel settore privato, come dimostra la recente condanna a quattordici anni di reclusione inflitta a Huang Guangyu, l‟ex presidente della catena di negozi di elettronica Gome, che secondo la stampa cinese nel 2008 era l‟uomo più ricco del paese, con una fortuna personale di 6,3 miliardi di dollari. L‟inchiesta ha coinvolto un ex ispettore del ministero del commercio (condannato a morte con possibile commutazione in ergastolo), un ex sindaco di Shenzhen, l‟ex capo della polizia del Guangdong, il vice capo della pubblica sicurezza di Shanghai, e altri investitori privati, tutti coinvolti in traffici societari e immobiliari. Questa vicenda ha mostrato anche i limiti della corporate governance in Cina: proprio per ovviare a questi limiti, la Gome (circa 700 negozi in tutta la Cina), quotata a Hong Kong, ha eletto nel suo consiglio di amministrazione tre manager di un fondo di investimento americano.
La lotta alla corruzione è pesantemente entrata tra i fattori che condizioneranno la lotta per la successione al prossimo congresso del Partito comunista cinese (Pcc) che si svolgerà nel 2012, da quando Bo Xilai, a capo del partito a Chongqing, conglomerato urbano di 34 milioni di abitanti nella Cina centrale, ha lanciato nel giugno 2009 una campagna contro le “triadi” (la “mafia” cinese), smascherando una rete criminale attiva in molteplici settori, dal commercio alla finanza, dalle infrastrutture alla ristorazione. Non solo sono stati arrestati più di 3000 criminali, ma anche duecento funzionari di medio-alto livello della polizia, del partito e dell‟amministrazione locale, rivelando connivenze e complicità imbarazzanti. Poiché si ritiene che la collusione tra mafia e potere civile nell‟area fosse nota, una possibile lettura delle motivazioni politiche dell‟inchiesta si rifà alle ambizioni di Bo (figlio di Bo Xilai, morto nel 2007, l‟ultimo degli “otto immortali” della generazione di Deng), che avrebbe voluto mostrarsi eccezionalmente severo davanti all‟opinione pubblica per accrescere le sue possibilità di entrare tra due anni nel comitato permanente del Politburo del Pcc, l‟organismo di nove membri a capo del partito. Il predecessore di Bo, infatti, sarebbe uno dei più forti concorrenti alla carica, in quanto godrebbe della protezione di Hu Jintao.
Secondo quanto riportato in un articolo di Willy Lam, tuttavia, questa interpretazione sarebbe scorretta, perché Bo avrebbe agito solo dopo il benestare personale dello stesso Hu Jintao, in armonia quindi con le politiche del governo centrale.
Secondo invece l‟analisi di un altro esperto mondiale di politica cinese, Joseph Fewsmith, la linea dura di Bo contro la corruzione nelle alte sfere del partito costituirebbe uno dei tasselli, sebbene non l‟unico, delle complesse manovre in atto per determinare quali fazioni del partito avranno la meglio e chi governerà quindi la Cina nel prossimo decennio.
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