[ThinkINChina] L’intesa sino pakistana

Nell’ultimo appuntamento di ThinkINChina due docenti dell’Università del Popolo di Pechino – Chen Xiaohe e Chris Colley – hanno discusso di un tema cruciale per la futura stabilità dell’Asia: i rapporti tra Cina e Pakistan nella geopolitica dell’Asia meridionale.

Pechino è uno degli attori principali in questo scacchiere: storicamente può contare su un solido asse con Islamabad, è impegnata in una silenziosa competizione con l’India, vive con crescente preoccupazione la minaccia del terrorismo islamico e, naturalmente, è al centro dello sviluppo economico dell’intera regione.

La “luna di miele” con Islamabad – etichettata dai cinesi come “un rapporto per tutte le stagioni” – risale al 1951, anno dell’avvio dei rapporti diplomatici tra i due paesi, e si è protratta nel tempo, resistendo ai momenti più difficili per Pechino, come l’isolamento diplomatico degli anni della Rivoluzione Culturale. Sin dagli anni ‟60 la Cina ha fornito al Pakistan una corposa assistenza militare divenendo nel corso degli anni ‟90 il principale fornitore di armi di Islamabad. Scopo principale di queste forniture è tradizionalmente quello di bilanciare l’influenza indiana nell’area. Il reciproco interesse a un contenimento della potenza indiana è infatti da sempre uno degli elementi fondanti dell’intesa sino-pakistana.

La cooperazione con il Pakistan è peraltro particolarmente utile a Pechino per affrontare la crescente minaccia del terrorismo islamico. Islamabad fornisce intelligence e appoggio politico all‟eliminazione dei terroristi musulmani cinesi, ostacola la loro presenza in Afganistan e scoraggia la loro infiltrazione in Cina.

All’interesse strategico e alla cooperazione nel settore della sicurezza si è aggiunta, specie negli ultimi anni, anche una corposa dimensione economica. I pachistani traggono beneficio immediato dagli investimenti in infrastrutture concessi dal governo cinese, specie quando si tratta di investimenti nel settore energetico, cruciali per un paese povero di risorse come il Pakistan. Pechino è da sempre il principale sponsor del programma nucleare pachistano.

Uno dei progetti più importanti – dopo il completamento nel 1986 della celebre “autostrada dell’amicizia” che collega i due paesi attraverso il Karakoram – è quello del porto di Gwadar nella parte sudoccidentale del paese. Nato come porto commerciale nel 2008, e ora in corso di trasformazione in base navale grazie ai finanziamenti e al know-how tecnico di Pechino.

Gwadar occupa una posizione strategica per i cinesi: naturale sbocco sull’Oceano Indiano, questo punto di appoggio permette a Pechino di monitorare da un lato lo stretto di Hormuz (attraverso il quale passa il 20% delle sue importazioni di petrolio) e dall’altro di evitare lo stretto di Malacca (attraverso il quale transita una quota consistente delle sue esportazioni), due „colli di bottiglia‟ la cui sicurezza è ancora oggi nelle mani della marina Usa. Il porto dovrebbe infatti diventare uno dei vertici di un oleodotto che, seguendo l‟autostrada del Karakorum, porterà il petrolio dei paesi arabi e africani direttamente in Xinjiang. Se il Pakistan dunque trae benefici immediati dagli investimenti cinesi, Pechino non mancherà di godere dei benefici di lungo periodo che le nuove infrastrutture porteranno.

La presenza economica cinese in Pakistan ha tuttavia reso Pechino più vulnerabile alle minacce dell’estremismo islamico attraverso attacchi al porto di Gwadar, all‟autostrada del Karakorum, ma anche a singoli cittadini cinesi residenti nel paese. La nuova leadership civile salita al potere ad Islamabad nel 2008 non sembra garantire a Pechino la stessa sicurezza di cui poteva godere ai tempi del generale Musharraf. L’interesse per la stabilità e la sicurezza di un potenza nucleare come il Pakistan potrebbero dunque spingere gli interessi cinesi nella stessa direzione di quelli americani. Il Pakistan è il santuario principale dei terroristi afghani e quaedisti, nonchè un attore determinante per garantire una certa misura di sicurezza all’Afghanistan: a Washington ci si è resi conto da tempo che la strada per Kabul passa attraverso Islamabad. A sua volta, però, per far leva sulle autorità pakistane occorre triangolare su Pechino, come dimostra la recente partecipazione di Richard Holbrooke, Rappresentante Speciale USA per l’Afganistan e il Pakistan, al Dialogo strategico ed economico tra Cina e Stati Uniti.

I cinesi però tendono a prediligere il rapporto bilaterale nelle relazioni con Islamabad e non è chiaro quale tipo di accoglienza venga riservata agli auspici statunitensi di dialogo sul dossier afghano. Washington e Pechino guardano l’Asia, e in particolare, l’Asia centro-meridionale, con occhi diversi. Mentre Washington indica i collegamenti tra gli estremisti afghani e il Pakistan come causa principale dell’instabilità dell’area, Pechino ritiene che all’origine di tale instabilità ci sia la presenza militare americana in Afganistan, che molti commentatori in Cina reputano ispirata a una strategia che mira più al contenimento anti-cinese che al contrasto al terrorismo internazionale.

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