La “strategia europea” della Industrial and Commercial Bank of China (Icbc) passa anche per l’Italia. Il 21 gennaio scorso a Milano è stata, infatti, inaugurata presso la Galleria Vittorio Emanuele la prima filiale italiana di Icbc, la più grande banca del mondo per capitalizzazione di borsa. Il nuovo sportello fornirà servizi commerciali, come depositi, prestiti e investment banking, ma ha anche l’obiettivo di sostenere le iniziative delle 130 imprese autorizzate da Pechino a realizzare joint venture, fusioni e acquisizioni in Italia. “Going global” è d’altronde uno dei mantra del dodicesimo piano quinquennale approvato nell’ottobre dell’anno scorso e Icbc è in prima fila per attuarlo.
Come si articola la strategia europea della banca? Icbc era già presente a Londra, Mosca, Francoforte e Lussemburgo e, in contemporanea alla filiale milanese, sono stati aperti sportelli anche a Parigi, Bruxelles, Amsterdam e Madrid; la sussidiaria lussemburghese – trasformata in Icbc Europe – svolgerà il ruolo di quartier generale della rete europea, con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione con il network globale, in particolare con quello sul territorio cinese, per “fornire a clienti europei e cinesi servizi finanziari internazionali onestop”. “Abbiamo sempre prestato particolare attenzione all’importanza strategica e alla crescita nel lungo periodo del mercato europeo – ha dichiarato il presidente di Icbc Jiang Jianqing nel corso dell’inaugurazione della sede milanese – e nonostante le difficoltà che l’euro sta attraversando, l’Unione Europea rappresenta tuttora una delle compagini politiche ed economiche più importanti del mondo”.
Insieme a Bank of China, China Construction Bank e Agricultural Bank of China, Icbc è una delle quattro grandi banche commerciali cinesi controllate dallo stato, ma mostra un dinamismo ancora maggiore rispetto alle consorelle: l’offerta pubblica iniziale lanciata in contemporanea nell’ottobre 2006 sulle borse di Hong Kong e Shanghai si rivelò la più imponente di tutti i tempi, superata successivamente solo da quella di Agricultural Bank, l’anno scorso. Oggi Icbc è la prima banca mondiale anche per profitti, 12,4 miliardi di dollari nella prima metà del 2010. Nel complesso, si tratta di un colosso da 235 milioni di clienti, 16 mila sportelli e 203 filiali estere sparse in 28 paesi; ma rappresenta anche il primo braccio finanziario delle società cinesi. Per l’Europa in affanno gli investimenti cinesi rappresentano una boccata d’ossigeno, come hanno dimostrato gli acquisti di bond greci, portoghesi e spagnoli e lo shopping compiuto dalle aziende cinesi nel Vecchio Continente. Una presenza sempre più forte delle operazioni finanziarie made in China è il naturale pendant di questa strategia. E non solo perché – come ricordano i vertici della stessa Icbc – nei primi dieci mesi del 2010 il volume del commercio bilaterale Cina-Europa ha registrato una crescita del 32,9% anno su anno – oltre al fatto che nell’Unione vivono due milioni e mezzo di immigrati cinesi e circa 200 mila studenti -, ma anche perché una diversificazione degli investimenti verso l’Ue consente a Pechino di smarcarsi con eleganza dall’abbraccio finanziario degli Stati Uniti che, anche a causa delle controversie sullo yuan e sul ruolo del dollaro nel sistema monetario internazionale, rischia di farsi asfissiante.
E l’Italia? Silvio Berlusconi e Wen Jiabao hanno deciso di portare l’interscambio tra i due paesi a quota 100 miliardi di dollari entro il 2015; un obiettivo ambizioso, se si considera che attualmente ammonta a 35 miliardi. Al momento le principali società cinesi che investono in Italia sono Huawei – che ha aperto da poco un centro ricerche e sviluppo in Lombardia – e Haier, che presto produrrà anche nel nostro Paese. Con una banca cinese a sostenerle, molte altre aziende potrebbero seguire il loro esempio.
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