[Cineresie] Il “dissenso ufficiale” alza la testa

“Alcuni dicono che se si criticano i livelli superiori si rischia di perdere la propria posizione, se si criticano i propri pari si fa fatica a stabilire rapporti sociali, se si criticano i subordinati i voti si riducono, se si fa autocritica si va a caccia di guai. Se si permette a questa visione di diffondersi, all’interno del partito non ci sarà una normale critica e supervisione, e il lavoro di selezione e nomina dei funzionari rischia di finire sul binario sbagliato”. È quanto scriveva Yuan Xinhua, vicedirettore del Dipartimento per l’organizzazione del Comitato provinciale del Partito comunista cinese (Pcc) e dello Hunan, in un commento pubblicato lo scorso settembre sulla rivista ufficiale Xinxiang Pinglun. Eppure, nonostante la solita enfasi ufficiale, nessuno si aspettava che alcuni funzionari locali avrebbero preso alla lettera questo avvertimento, guadagnandosi addirittura un pezzo in prima pagina sul Nanfang Zhoumo, importante settimanale della Cina meridionale. L’articolo, pubblicato all’inizio di novembre ma successivamente rimosso dalla versione elettronica della rivista, raccontava le vicende di cinque quadri di diverse amministrazioni locali dello Hunan, accomunati da una scelta coraggiosa: l’essersi opposti pubblicamente a decisioni prese da propri superiori o colleghi.

Da questo articolo si scopre l’esistenza di un funzionario come Lu Qun, vicedirettore dell’Ufficio per la prevenzione della corruzione del Comitato per la disciplina del Pcc provinciale, che nell’ottobre del 2011 ha denunciato sul web il segretario di partito della contea di Changsha per aver autorizzato l’uso della forza contro un gruppo di lavoratori migranti impegnati in una disputa salariale. Ma ci sono anche le storie di Liao Yaozhong, vicedirettore dell’Ufficio giudiziario della città di Hengyang, che avrebbe preso a pugni il suo diretto superiore per un disaccordo su alcune nomine; Zhang Hongfeng, vicedirettore dell’Ufficio per la protezione ambientale di un distretto cittadino di Xiangtan, che da anni denuncia su blog e microblog gli scandali che coinvolgono i funzionari locali; Hu Jinsong, presidente del sindacato della scuola di Partito di Xiangtan, che non esita ad alzare la voce contro i suoi superiori per difendere i diritti dei gruppi sociali più deboli; Gong Houqin, vicedirettore dell’Ufficio degli “amministratori urbani” (chengguan) di Zhangjiajie, che, a dispetto dell’opposizione della sua stessa famiglia, ha osato denunciare pubblicamente il sindaco della sua città per uno scandalo di corruzione.

Nonostante il sistema politico cinese favorisca la connivenza e l’omertà, in Cina non sono mai mancati funzionari critici. Eppure, come un alto quadro provinciale dello Hunan in pensione ha spiegato al giornalista del Nanfang Zhoumo, in passato “c’erano sì quadri che si criticavano a vicenda nelle riunioni a porte chiuse o facevano rapporto ai livelli superiori, ma fondamentalmente nessuno criticava altri quadri apertamente di fronte alla società intera”. Ancora più singolare è poi il fatto che nessuno dei quadri citati nell’articolo abbia avuto ripercussioni per la propria carriera. Anzi, nonostante si siano trovati ad affrontare un certo ostracismo sociale da parte dei propri pari, in alcuni casi essi sono stati addirittura promossi ad incarichi più importanti.

Che la provincia dello Hunan sia un’oasi di tolleranza e apertura nei confronti di questi fenomeni di dissenso ufficiale e personalizzazione della politica, come l’articolo del Nanfang Zhoumo sembra suggerire? O fenomeni del genere rappresentano il segnale di un cambiamento più ampio in seno al sistema politico cinese? Di fatto, come la stampa cinese e internazionale non ha mancato di rilevare, nell’ultimo periodo la politica cinese sembra essere attraversata da una nuova ondata di dinamismo, con varie personalità anche ai livelli più elevati del Partito che non esitano ad alzare la voce e ad attaccare i propri “concorrenti” in pubblico, nel tentativo di guadagnare credito politico in vista del rinnovamento della leadership previsto per il 2012.

Il caso più noto è indubbiamente quello della disputa tra Wang Yang, segretario del Pcc della provincia del Guangdong, e Bo Xilai, suo omologo nella municipalità di Chongqing. In un articolo pubblicato sul numero di novembre di China Brief, Liu Yawei ha ricostruito in dettaglio la “guerra di parole” in corso tra i due leader, ognuno dei quali si attribuisce la paternità di uno specifico “modello” politico ed economico. In particolare, la contrapposizione tra i due modelli si gioca su due differenti visioni dello sviluppo. Se secondo Bo Xilai l’enfasi va posta sulla distribuzione del benessere e sulla prosperità comune “dividendo la torta [economica] in maniera appropriata mentre la stiamo facendo diventare più grande”, secondo Wang Yang in questa fase l’enfasi va posta “sul fare una torta più grande, non sul come dividerla”. Si tratta di una differenza sostanziale con implicazioni notevoli sia per le politiche sociali che per i rapporti tra stato e società.

Come ha affermato Liu Jiawei, è ancora presto per dire se Bo Xilai e Wang Yang rappresentino soltanto due gruppi d’interesse all’interno della Repubblica popolare cinese, o se si possano, invece, considerare come i leader di due distinte piattaforme politiche nel quadro di un’incipiente “democrazia intra-partitica”. Sembrerebbe però che accademici e commentatori cinesi si stiano allineando dietro all’uno o all’altro. Anche se non si sa granché delle dinamiche interne al partito fuori dai corridoi del potere e delle mura del quartier generale del Pcc a Zhongnanhai, è indubbio che Bo Xilai, Wang Yang, così come i funzionari “arrabbiati” dello Hunan, rappresentino un fenomeno nuovo sulla scena politica cinese. Si tratta di persone che utilizzano i nuovi media, ma anche quelli tradizionali, per portare avanti specifiche istanze politiche e sociali, cercando in tal modo di conquistare consenso popolare e spazio all’interno delle strutture di potere. Questa personalizzazione della politica cinese potrebbe condurre ad un maggiore pluralismo, ma anche degenerare in populismo. Sarà uno dei temi cruciali della vita politica cinese dopo il decennio di Hu Jintao e Wen Jiabao.

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