In quanto primo leader privo di credenziali rivoluzionarie e primo tecnocrate ad ascendere al pantheon politico cinese nella veste di segretario generale del Partito comunista cinese (Pcc) e poi di presidente della Repubblica popolare cinese (Rpc) (1989-2002 e 1993-2003, rispettivamente), Jiang Zemin ha avuto anzitutto la responsabilità di salvaguardare l’eredità del partito e di istituzionalizzare le riforme avviate dal suo predecessore, Deng Xiaoping. In questo senso, il concetto di assoluto “mantenimento della stabilità” (vedi OrizzonteCina, aprile 2012, p.9) proposto da Jiang non ha implicato altro che la rielaborazione dell’assioma secondo cui il monopolio del potere politico in Cina spetta al partito, essendo questo l’unica forza capace di interpretare gli orizzonti di grandezza del paese.
Preservare l’assetto politico-istituzionale della Rpc era per Jiang la condizione indispensabile per perseguire e centrare gli obiettivi di sviluppo nazionale, come dimostra il discorso che pronunciò il 18 dicembre 1998, nel ventesimo anniversario dell’avvio del programma politico di “riforma e apertura” (gaige kaifang, 改革开放).
“La stabilità è la premessa di fondo per le riforme e lo sviluppo. Senza stabilità niente può essere ottenuto (…) Con il progredire delle riforme e dell’apertura e con lo sviluppo di un’economia socialista di mercato le contraddizioni all’interno del popolo potrebbero crescere notevolmente e alcune di esse potrebbero anche diventare particolarmente pronunciate (…) Dobbiamo stroncare sul nascere i fattori che minano la stabilità sociale, indipendentemente da dove essi provengano (ba yiqie bu wending yinsu xiaomie zai mengya, 把一切不稳定因素消灭 在萌芽).”
Jiang Zemin ribadiva inoltre che “durante il processo di modernizzazione dobbiamo fare particolare attenzione a gestire correttamente le relazioni tra riforme, sviluppo e stabilità. Lo sviluppo economico è centrale in tutte le nostre azioni: le riforme costituiscono la forza trainante per lo sviluppo, lo sviluppo è il fondamento della stabilità sociale e della prosperità, e la stabilità è la precondizione per la crescita economica e per una positiva attuazione delle riforme.” Nei fatti, tuttavia, il discorso politico di Jiang stemperava le tre categorie di riforme, sviluppo e stabilità, puntando piuttosto nella direzione unilaterale e contraddittoria secondo cui “mantenere la stabilità” è al tempo stesso premessa imprescindibile e fine supremo. Negli anni ‘90 il mantra “Senza la stabilità niente può essere ottenuto” divenne così una tautologia.
Col tempo, l’ossessione per il “mantenimento della stabilità” ha fatto emergere i reali lineamenti delle priorità politiche (e personali) di Jiang, al di là del suo asserito impegno a “usare la legge per governare il paese, tutelando ordine sociale e pace duratura”. Secondo Willy Wo-Lap Lam – già firma di peso del South China Morning Post – “se è vero che la parolachiave per Jiang era «stabilità», essa andava intesa come impegno a mantenere in equilibrio le molteplici forze presenti nella società cinese e all’interno del partito, in modo che non vi fossero saldature che potessero portare alla messa in discussione del suo personale entourage ai vertici del Partito-Stato”.
Lo scienziato politico Yu Jianrong ha coniato il concetto di “stabilità rigida” (gangxing wending, 刚性稳定) – in opposizione alla nozione di “stabilità resistente” (renxing wending, 韧性稳定) – per descrivere questa stabilità la cui premessa è “la fisionomia chiusa ed esclusiva del potere di governo”. Secondo Yu “la combinazione di un’interpretazione del concetto di stabilità come priorità politica assoluta – oltre che come criterio di valutazione dei funzionari – con un regime autoritario ha introdotto una logica di pressione che pervade l’intero sistema cinese.” Il governo cerca di assicurare la “calma sociale completa” con la violenza di Stato, con un rigido controllo dell’ideologia e con il carattere strettamente governativo di ogni forma di organizzazione sociale. Ne consegue che ogni seme di opposizione (come petizioni, manifestazioni e scioperi) deve essere “stroncato sul nascere” e condannato come atto di disordine e caos.
Il “mantenimento della stabilità” è finalizzato a preservare il monopolio del potere politico del Partito comunista cinese. Dal 1989 in poi non solo i semi, ma anche i fiori spontanei, le erbacce e gli arbusti (come il premio Nobel Liu Xiaobo) potenzialmente in grado di minare la “stabilità prima di tutto” sono stati sistematicamente estirpati. Il “mantenimento della stabilità” resta ancora la più grande sfida per un Pcc che vuole affermare il proprio “racconto della Cina” e rendere credibile la prospettiva di una “Cina prospera”.
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