Per quanto a livello aggregato la Repubblica popolare cinese (Rpc) sia oggi una delle maggiori economie del mondo, in termini di ricchezza pro-capite il paese sconta ancora un evidente ritardo rispetto ai paesi più avanzati. Secondo la classificazione adottata dalla Banca mondiale, nel 2012, per livello di reddito nazionale lordo pro-capite la Cina è nel gruppo di paesi a reddito medio-alto.
Per un paese “ultimo arrivato” come la Cina, il raggiungimento dei livelli di ricchezza dei paesi più avanzati passa dalla capacità di sfruttare l’opportunità di accedere più rapidamente di quanto non accadesse in passato alle tecnologie e ai modelli organizzativi più avanzati.
Come evidenziato nei numeri precedenti di OrizzonteCina, il percorso di sviluppo della Rpc si basa oggi su un modello di crescita a elevata intensità di capitale, che ha favorito una rapida crescita, ma richiede un continuo sforzo di innovazione attraverso nuove tecnologie e capitale umano più sofisticato.
Il principale canale di accesso a tali risorse sono stati gli investimenti diretti esteri (Ide) in entrata e l’importazione di beni a più elevato contenuto tecnologico. Un’importanza crescente hanno però assunto anche gli Ide delle imprese cinesi all’estero. Una quota consistente di Ide cinesi verso i paesi industrializzati mira infatti all’accesso, fra l’altro, a risorse strategiche e nuove competenze. L’acquisizione della divisione computer dell’Ibm da parte di Lenovo e quella della Volvo da parte di Geely sono solo due tra i molti esempi di questa strategia.
In anni recenti è stato poi intrapreso uno sforzo per la creazione e lo sviluppo di innovazione a livello interno attraverso le attività di ricerca e sviluppo (R&S) e l’investimento in capitale umano. Per quanto riguarda la R&S, alcuni indicatori – tra cui la spesa in ricerca e sviluppo o il numero di persone coinvolte in attività di ricerca – mostrano come nell’arco di quindici anni la Cina sia riuscita a colmare il gap con alcuni dei paesi più sviluppati, nonostante partisse da livelli molto bassi (cfr. tabella 1*). Riguardo al capitale umano, impressiona il dato sul numero di nuovi iscritti e diplomati ai livelli più alti di istruzione, specialmente se letto in chiave comparata. Ogni anno, infatti, la Cina immette sul mercato del lavoro un numero di nuove figure professionali con un titolo di studio avanzato di gran lunga superiore a quello di tutti i paesi più sviluppati (tabella 2*).
I primi risultati di questo processo di upgrading cinese sono già ben visibili. Il processo di modernizzazione dell’economia è passato attraverso una maggiore valorizzazione della forza lavoro più qualificata, che ne ha ricevuto, in cambio, un premio salariale. In termini reali la crescita dei salari urbani è stata superiore a quella del Pil pro capite (figura 1*). In particolare, i salari dei lavoratori più qualificati hanno rappresentato una quota crescente del monte salari totale, passando dal 3,8% nel 1995 al 13,7% del 2009 (tabella 3*). I lavoratori meno qualificanti hanno visto quindi ridursi notevolmente le loro retribuzioni in termini relativi. Questa sperequazione salariale si è manifestata in misura diversa nei vari settori, interessando in modo particolare i servizi avanzati e alcuni comparti manifatturieri a maggior valore aggiunto (tabella 3*).
A livello produttivo, il maggior ricorso a nuove tecnologie e competenze ha determinato un miglioramento qualitativo dell’attività delle imprese, specialmente quelle internazionalizzate. Il numero di richieste di brevetti è cresciuto in modo esponenziale (tabella 1*). Nel commercio con l’estero si evidenzia invece un forte cambiamento nella struttura delle esportazioni: i beni a maggiore contenuto tecnologico pesano sempre di più sul totale (tabella 1*). A questo riguardo, la letteratura scientifica che si avvale dell’indicatore Expy – che misura il livello di sofisticatezza dell’export di un paese – evidenzia come la posizione della Cina sia oggi più prossima a quella dei paesi ad alto livello di reddito che a quella dei paesi a medio reddito (figura 2*). Va tuttavia rilevato che, calcolando lo stesso indice solo per le esportazioni generate da imprese esclusivamente nazionali (al netto cioè di quelle generate da imprese a proprietà estera), la differenza con i paesi più avanzati aumenta.
La strada intrapresa dal colosso asiatico per l’acquisizione di nuove tecnologie e competenze sembra essere quella giusta per una rapida convergenza con gli standard dei paesi più avanzati, anche se appaiono necessari altri sforzi per colmare il divario, non trascurabile, che ancora permane.
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