Xi Jinping (1953-), neo-nominato Segretario Generale del Partito comunista cinese (Pcc), nonché futuro presidente della Repubblica popolare cinese (Rpc), è figlio di Xi Zhongxun 习仲勋 (1913-2002). Esponente dei “veterani” comunisti – coloro che fecero la Rivoluzione e giocarono un ruolo di primo piano nei primi quarant’anni di storia della Rpc – Xi Zhongxun ha avuto tutti i requisiti dello statista con il giusto pedigree: membro della Lega comunista giovanile (1926) e poi del Partito comunista (1928), fu arrestato dalla polizia nazionalista (1928); in seguito partecipò alla guerriglia comunista e fu tra i fondatori di un Soviet nella regione di confine dello Shaanxi- Gansu, per poi giocare un ruolo di primo piano nell’attuazione delle politiche del Partito nel quartier generale comunista di Yan’an, fino al 1947. Dopo la fondazione della “nuova Cina” (1949), figurano tra i suoi incarichi più importanti quello di vicepresidente dell’Assemblea nazionale del popolo (1981) e quello di membro dell’Ufficio politico e della segreteria del Partito (1982). Sottoposto a critica (1962), fu perseguitato durante la Rivoluzione culturale (1966) e infine riabilitato nel 1978.
Con simili natali, Xi Jinping appare quindi come il tipico rappresentante del fronte dei “Principi rossi” (Taizidang 太 子党), noto in inglese con il titolo da telenovela The Princelings, “i Principi”. Ma chi sono questi “principi”, e quali sono le loro caratteristiche? Pur se di frequente ricondotti ad un comune orientamento politico, i “principi” non costituiscono in realtà una vera e propria fazione coesa. Rappresentano piuttosto una cricca, una casta, o meglio una stirpe. Con i principi della corona delle monarchie ereditarie condividono il senso di legittima successione al trono, e come loro godono dei privilegi che ne derivano. Così come Xi Jinping, anche gli altri “principi rossi” sono discendenti di alti dirigenti della Rpc con alle spalle un solido pedigree rivoluzionario.
Per quanto i “principi” siano alla ribalta ormai da alcuni anni – in un crescendo che è culminato nei mesi che hanno preceduto il XVIII Congresso del Partito – l’origine del termine non è così semplice e lineare. La parola composta taizi deriva da Huang Taizi (皇太子), vale a dire “grandi figli dell’imperatore”, o “principi della corona”. Nel 2004 ebbe grande successo una serie TV prodotta da You Xiaogang e intitolata Huang Taizi Mishi (皇太子秘史, “La storia segreta del principe della corona”), ma la trama riguardava la prima fase della dinastia Qing. Da dove provengono invece i “principi” della Cina contemporanea? Il termine fu usato per la prima volta in riferimento al figlio di Yuan Shikai – l’uomo che il 12 dicembre 1915 si proclamava “Grande imperatore della Cina” (中华帝国大 皇帝, zhonghua diguo dahuangdi). Suo figlio Yuan Keding fu per un breve periodo “principe della corona” – per quanto il suo stesso padre lo considerasse soltanto un “finto studioso”. Dopo il 1949, i “principi” della Cina repubblicana seguirono le quattro maggiori famiglie nazionaliste nel loro esilio a Taiwan. I taizi sono però riemersi nell’arena politica della Rpc, prima negli anni Ottanta e poi di nuovo nell’ultimo decennio.
Questi privilegiati discendenti della prima generazione di leader della Rpc sono oggi individui assai potenti: detentori di considerevole capitale simbolico, politico e finanziario, essi occupano posizioni-chiave in campi che vanno dall’economia nazionale alle forze armate. La loro reputazione è spesso macchiata dalla fama di nepotismo, clientelismo, disprezzo per le leggi, oltre che dalla brama di potere e di vantaggi economici che hanno consentito loro di accumulare immense fortune. Oltre a presentare tutte queste caratteristiche, alcuni di loro sono ora in lizza per contendersi le più alte posizioni nella dirigenza del Partito, ossia quelle presso l’Ufficio politico, che nella metafora potrebbe essere paragonato al consiglio ristretto della corona imperiale. Era questo il caso di Bo Xilai, l’ex segretario municipale di Chongqing ora caduto in disgrazia, anch’egli figlio del dirigente della prima generazione Bo Yibo (1908-2007) – uno degli otto leader noti ironicamente come gli “Otto immortali” (o più esattamente gli “Otto vecchi” ba da yuan lao, 八大元老), che giocarono un ruolo di primo piano negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. La caduta di Bo Xilai è la dimostrazione che la sete di potere dei “principi” può rivelarsi un campo minato.
Il XV Congresso del Pcc (1997) – in cui Jiang Zemin consolidò la sua posizione di successore di Deng Xiaoping, mettendo fuori gioco il suo principale rivale Qiao Shi – parve come una battuta d’arresto nell’ascesa dei “principi”, e così l’intera era di Jiang Zemin, che non fu da questi benvoluto quale leader della terza generazione. Due generazioni dopo, però, l’era di Jiang Zemin potrebbe anche essere riletta come la fase in cui i “principi” hanno acquisito forza e consolidato le proprie relazioni economiche e politiche, per preparare la partita del proprio ritorno. È significativo che proprio al XV Congresso nazionale Xi Jinping sia stato nominato membro supplente del Comitato centrale del Partito. Ora, con il XVIII Congresso, Xi ha dimostrato a tutti che la stirpe di Xi Zhongxun ha avuto successo nella scalata al trono.
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