Ai nuovi leader di Washington e Pechino dovrebbe arrivare chiaro e forte il messaggio che la possibilità che si realizzi lo scenario migliore per le relazioni bilaterali dipende dalla capacità di Cina e Stati Uniti di collaborare su di una vasta gamma di questioni globali, dai cambiamenti climatici alle carenze alimentari e idriche, alla scarsità delle risorse naturali. È necessario che tanto gli Stati Uniti quanto la Cina allarghino il proprio grado di apertura strategica e si preparino ad affrontare assieme sfide globali a lungo termine ed elementi di incertezza potenzialmente cruciali.
Dirigere la nave comune dell’ordine internazionale nelle acque inesplorate del futuro non è compito facile. Le relazioni tra Cina e Stati Uniti hanno attraversato una profonda trasformazione e si trovano ora in mari burrascosi. Nel prossimo decennio i rapporti bilaterali saranno caratterizzati da un complesso mix di cooperazione e competizione. Insieme i due paesi hanno ottenuto una condizione di pace, prosperità e interdipendenza senza precedenti, per quanto la competizione appaia oggi in aumento, a fronte di una cooperazione che per la maggior parte degli osservatori resta limitata.
Per evitare che questa competizione degeneri in una pericolosa rivalità strategica è necessario da entrambe le parti un cambiamento di mentalità strategica. I termini che definiscono il concetto di sicurezza nazionale – potere, leadership, sicurezza – hanno subìto una profonda trasformazione: un fenomeno che deriva dalla crescente interconnessione del sistema globale e che, a sua volta, ridefinisce dibattiti e scelte di grande strategia nel XXI secolo. Le nuove caratteristiche assunte oggi dalla politica internazionale devono indurre i decisori di entrambe le parti ad adottare un approccio “out of the box”, nella consapevolezza del carattere di straordinario mutamento del più ampio contesto globale in cui la relazione bilaterale si colloca.
Il tratto più significativo è la diffusione del potere, che da un lato favorisce l’emergere di nuovi importanti attori statuali e dall’altro pone le condizioni per l’empowerment di individui e attori non statuali. Proprio la diffusione del potere, unita alla crescente interdipendenza tra Stati e alla complessa rete di minacce alla sicurezza nazionale, suggerisce che nel futuro non potrà esistere un’unica potenza egemone.
Il processo di diffusione di potere implica del resto una ridefinizione della natura stessa del potere. Quest’ultimo si sposterà infatti verso sistemi di reti: saranno realmente potenti quegli Stati che sapranno farsi hub di queste reti, artefici di coalizioni tra diversi attori, perno di interconnessioni tra di essi.
In questo senso, per avere successo una nuova grande strategia deve essere milieu-oriented e non più position-oriented. In altre parole è poco saggio, se non addirittura controproducente, individuare in un altro paese la principale minaccia alla propria sicurezza nazionale e concentrare tutte le proprie risorse di potere nel tentativo di sconfiggerlo. Ciò che è realmente significativo – tanto per la Cina quanto per gli Stati Uniti – non è il prevalere di una minaccia specifica, o di una minaccia posta da un paese nello specifico. Piuttosto, è la portata e la varietà delle minacce, in questo mondo sempre più incerto e dominato da diffuse e condivise vulnerabilità. Ciascuna delle due parti non dovrebbe quindi vedere nell’altra la maggiore minaccia alla propria sicurezza nazionale: ben più profonde e complesse sono le sfide comuni, che avranno notevoli conseguenze per la stabilità interna e per la prosperità di entrambi i paesi.
Si possono individuare alcune tendenze di fondo che definiscono l’ambiente globale in cui ogni paese opera. In primo luogo, la popolazione mondiale aumenterà da 7,1 miliardi a 8,3 miliardi circa entro il 2030. L’invecchiamento della popolazione accelererà nella maggior parte dei paesi avanzati e in numerosi paesi in via di sviluppo, inclusa la Cina. In questo contesto, nei paesi in fase di invecchiamento un possibile declino della crescita economica potrebbe accompagnarsi a un’implosione dei sistemi di welfare.
Al tempo stesso, la quota della popolazione mondiale definibile come classe media crescerà dall’attuale miliardo a oltre due miliardi, con un parallelo incremento dell’urbanizzazione dal 50 per cento della popolazione mondiale a circa il 60 per cento. Tensioni e conflitti tra classi medie di diversi paesi e tra classi medie di alta e di bassa fascia all’interno di uno stesso paese potrebbero acuirsi. A una più decisa rivendicazione da parte delle nuove classi medie potrebbe corrispondere la sostanziale incapacità dei governi di offrire beni pubblici e servizi di livello sufficiente, in particolare quei servizi necessari a garantire un innalzamento della qualità della vita.
Ancor più importante è il fatto che i crescenti consumi delle nuove classi medie produrranno un aumento della domanda di risorse naturali. Circa metà della popolazione mondiale, per esempio, vivrà in regioni del mondo in condizioni di stress idrico. La scarsità di risorse si farà più acuta e la competizione per il controllo di terra, energia, risorse alimentari, acqua e minerali si intensificherà. Questo scenario, tuttavia, offrirà anche nuove opportunità di leadership comune per Stati Uniti e Cina, per esempio nel miglioramento dell’efficienza nell’impiego delle risorse, nella promozione di una crescita verde, nella prevenzione di conflitti potenzialmente disastrosi. Quali maggiori responsabili delle emissioni di gas serra, Cina e Stati Uniti dovranno assumere la guida nel contrasto ai cambiamenti climatici. Eventi atmosferici estremi – come la tempesta “Sandy” – ci avvertono che, in questo ambito, lo scenario peggiore è anche quello più probabile.
La soluzione a queste sfide globali consiste nel riformare e rafforzare la governance globale. Per Washington e Pechino è urgente individuare le forme in cui la governance globale può divenire vettore di “trasformazione nella stabilità” e farsi più inclusiva, legittima, flessibile e funzionale. Tanto la Cina quanto gli Stati Uniti fronteggiano enormi sfide interne nel rivitalizzare e nel sostenere la propria economia, affrontare le crescenti disparità interne, rafforzare la rete di sicurezza sociale, rimodellare la struttura dei consumi di energia, sostenere l’occupazione. Indubbiamente i due paesi hanno in molti ambiti interessi, obiettivi e prospettive divergenti: ciò non deve però divenire un ostacolo per forme di cooperazione su di un circoscritto numero di questioni globali potenzialmente dannose per entrambe le potenze.
Il consensus che ha guidato le relazioni sino-americane negli ultimi quattro decenni si sta in parte sfaldando, mentre ancora non si è affermato un nuovo consensus che rifletta la realtà della Cina quale potenza sempre più consolidata. La cooperazione su sfide globali comuni potrà rafforzare la fiducia reciproca e, per questa via, facilitare la soluzione di complesse questioni bilaterali. La convergenza di visioni strategiche aiuterà a mettere Pechino e Washington sulla giusta strada per un “nuovo tipo di relazioni tra grandi potenze” e porrà le basi per una più solida cooperazione bilaterale, per il bene loro e del mondo intero.
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