Geograficamente isolata dal resto del continente asiatico, eppure costretta a fare i conti con il suo “Near North”, l’Australia è legata al Sud-Est asiatico più di quanto si possa immaginare. Se durante la Guerra fredda lo spettro di una crescita dell’influenza comunista nella regione indusse Canberra a contribuire al processo di stabilizzazione dell’arco meridionale asiatico, con la fine della contesa bipolare, la cooperazione tra l’Australia e il suo vicinato si è persino rafforzata. Numerosi cittadini australiani sono originari del Sud-Est asiatico. Gli investimenti australiani nell’area si sono triplicati negli ultimi dieci anni. I benefici apportati da studenti e da lavoratori migranti altamente qualificati della regione contribuiscono allo sviluppo della nazione e al consolidamento di una società sempre più multiculturale.
La tensione tra Stati Uniti e Cina, tuttavia, mette a dura prova la politica estera dell’Australia, una nazione divisa tra l’Occidente, a cui è indissolubilmente legata da tradizioni storico-culturali e da alleanze militari, e l’Oriente, dove risiedono i suoi principali interessi economici e strategici. In un contesto globale incerto segnato dalla pandemia da COVID-19, questo numero di RISE inizia con un’articolata riflessione relativa al ruolo dell’Australia nella regione, un ruolo che affonda le proprie radici nel Secondo dopoguerra.
Ci sono poi considerazioni di carattere economico. L’Australia è una delle economie più dinamiche dell’Indo-Pacifico grazie anche all’integrazione con il Sud-Est asiatico. Gli accordi commerciali a livello sia bilaterale sia multilaterale – e in particolare, la Regional Comprehensive Economic Partnership – mostrano come Canberra non possa fare a meno della regione e del continente per continuare la sua inarrestabile corsa. Ora che i rapporti con Pechino si trovano in una fase molto delicata, l’Australia potrebbe rivolgersi proprio all’ASEAN come alleato in funzione anticinese, sia sul fronte economico sia su quello strategico. Malgrado i passi in avanti, permangono tuttavia alcuni tabù culturali in Paesi come Indonesia e Malaysia, i cui governi sono facilmente suscettibili ogniqualvolta il vicino dalla “cultura bianca” sfodera la retorica sui diritti umani o esplicita l’inconciliabilità tra i valori democratici e l’Islam.
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