Le legioni romane introdussero il vino in Francia con la conquista imperiale. I manifestanti di Boston gettarono il tè e scatenarono una rivoluzione. La Gran Bretagna entrò in guerra con la Cina per il commercio dell’oppio. Durante la Prima guerra mondiale, i sostenitori della temperanza negli Stati Uniti sfruttarono l’intenso sentimento anti-tedesco per dare il via al protezionismo. Le truppe di Hitler ingerirono milioni di pasticche di anfetamina per restare sveglie durante la Blitzkrieg. Durante la Guerra fredda i soldati statunitensi hanno chiuso un occhio sul traffico di eroina degli alleati anticomunisti in Asia. In Colombia, gli insorti di sinistra e i paramilitari di destra hanno entrambi usato il commercio di cocaina per finanziare la guerra tra di loro. L’esercito messicano è stato dispiegato contro organizzazioni di narcotrafficanti pesantemente armate in una drug war che finora ha causato più di 200.000 morti.
Ciò che accomuna tutti questi attori, altrimenti disparati, è il rapporto secolare e in continua evoluzione tra la droga e la guerra. Si può iniziare a meglio comprendere questa relazione complessa scomponendola in cinque dimensioni.
Guerra con la droga. Le sostanze che alterano la mente sono storicamente considerate essenziali per rilassare e stimolare i combattenti. La guerra è, ovviamente, stressante e traumatica. Non è quindi sorprendente che coloro che hanno il compito di svolgere lavori legati alla guerra facciano spesso ricorso alle droghe per aiutarli ad affrontare situazioni difficili. Ma è un’arma a doppio taglio, con svariati rischi. Prendiamo ad esempio l’alcol, una delle droghe più antiche e popolari del mondo. L’alcol è un lubrificante di guerra particolarmente potente, sia per i soldati che per i leader. Bere, con moderazione, ha aiutato i soldati a prepararsi alla battaglia (il “coraggio liquido”), a celebrare le vittorie, ad anestetizzare i feriti e ad alleviare le sconfitte. Quando in eccesso, però, l’alcol può rendere i soldati inaffidabili e inutili se non addirittura dannosi. Simili situazioni furono evidenti (e imbarazzanti) nel caso della sconfitta dell’Impero russo nella Guerra russo-giapponese, che alcuni studiosi attribuiscono in parte al fatto che comandanti, soldati e marina russi erano più spesso ubriachi che sobri. Eppure, l’uso della droga in guerra è stato spesso tollerato e persino promosso dagli stati come un modo per motivare, premiare, desensibilizzare o distrarre i soldati. I governi hanno spesso facilitato l’uso di alcol, come evidenziato da una lunga tradizione di inclusione dell’alcol nelle razioni – la più famosa è la razione di rum nella Marina Reale britannica, durata fino al 1970.
Guerra per la droga. Dalla Birmania al Messico e alla Colombia, tutti i principali narcotrafficanti hanno creato eserciti privati per difendere e contendersi i mercati della droga con la violenza. Negli ultimi anni, le guerre tra cartelli rivali (turf wars) hanno avuto ripercussioni particolarmente pesanti in Messico. Tuttavia, l’uso della forza militare per assicurarsi i mercati della droga risale almeno alle guerre per l’oppio cinese della metà del XIX secolo. Il cambiamento principale è che le guerre per i mercati della droga sono passate dall’essere appannaggio dello stato — come dimostra il caso dei Britannici che hanno aperto il mercato cinese dell’oppio con la canna del fucile — al diventare in gran parte appannaggio di gruppi armati non-statali.
Guerra attraverso la droga. Gran parte della ricerca sulla guerra attraverso la droga si concentra sulle droghe illegali in relazione a insurrezioni e controinsurrezioni. I ribelli colombiani finanziati dalla cocaina e gli insorti afghani finanziati dall’oppio hanno persino reso popolari termini come “narco-guerriglia” e “narco-terrorismo”. L’uso di droghe per finanziare la guerra si collega chiaramente a più ampi dibattiti sulla sicurezza emersi a seguito della fine della Guerra fredda in merito ai “prodotti del conflitto” (conflict commodities), alle risorse naturali depredabili e all’avidità come motivazione dei conflitti (greed). Tuttavia, spesso si trascura il fatto che il ruolo della droga come “finanziatore” della guerra è una storia antica – una storia in cui anche le droghe legali sono protagoniste.
Guerra contro la droga. Dichiarare “guerra” alla droga è passato dall’essere una metafora all’inizio degli anni Settanta al diventare una realtà negli anni Ottanta con l’aumento dell’uso di strumenti, strategie e personale militari per combattere il traffico illecito di droga, soprattutto negli Stati Uniti e nei suoi paesi confinanti. In pochi anni si è passati da un graduale allentamento del Posse Comitatus Act, che proibiva l’uso delle forze armate in ambito domestico, al sostegno dell’uso di militari sulla linea di fronte di svariate campagne antidroga in tutta la regione. La “guerra contro la droga” ha persino fornito il pretesto per l’invasione militare di Panama da parte degli Stati Uniti – la più costosa e drammatica retata antidroga della storia.
Droga dopo la guerra. Va poi ricordato che non è solo la droga a influenzare la guerra: la droga è essa stessa influenzata dalla guerra, ben oltre il periodo bellico. In particolare, la guerra influenza profondamente la produzione, la regolamentazione e il consumo di droghe nel dopoguerra. L’uso di una particolare droga, ad esempio, può aumentare bruscamente come è avvenuto a seguito delle Guerre dell’oppio, quando la vittoria britannica ha aperto le porte all’importazione di quantità ancora maggiori di oppio dall’India verso la Cina. La risposta cinese fu quella di legalizzare la produzione interna come strategia di sostituzione delle importazioni, con la conseguenza che sia l’economia che la popolazione cinese divennero sempre più dipendenti dalla droga. Alla fine del secolo, la Cina si distingueva per essere al contempo il più grande produttore e il più grande consumatore di oppio al mondo.
Definite semplicemente come sostanze chimiche che alterano lo stato mentale di chi le usa, le droghe non sono intrinsecamente collegate alla guerra. Alcune droghe, però, hanno caratteristiche che le rendono particolarmente utili per la guerra: hanno effetti psicoattivi e inducono potenzialmente all’assuefazione, sono facili da produrre e da trasportare, hanno un alto valore e una redditività elevata. Ma le droghe non sono tutte uguali: alcune rappresentano “ingredienti bellici” più potenti di altre, in tempi e spazi diversi. Sebbene il rapporto tra droga e guerra risalga all’antichità, in questo breve articolo ci concentriamo sulla guerra moderna dato che le droghe sono diventate merci globalizzate a partire dal XVI secolo. Sei droghe si sono rivelate particolarmente importanti nel rapporto droga-guerra: l’alcol, il tabacco, la caffeina, l’oppio (e i suoi derivati, morfina ed eroina), le anfetamine e la cocaina. Vi è quindi grande varietà: droghe antiche a droghe relativamente nuove, droghe leggere e droghe pesanti, droghe lecite e droghe illecite, droghe naturali e droghe sintetiche. Pur avendo tutte applicazioni mediche, sono diventate tutte merci globali straordinariamente popolari e redditizie grazie al loro uso non-medico.
Contrariamente a quanto si pensa, le droghe illegali non sempre sono le più importanti se si adotta una prospettiva storico-comparata più ampia di quanto si tenda a fare. Dopo tutto, la criminalizzazione globale di droghe come la cocaina e l’eroina è avvenuta piuttosto tardi nella storia della guerra. Inoltre, vale la pena notare che la droga illegale più popolare al mondo, la cannabis (marijuana), non è strettamente associata alla guerra: alla fine degli anni Sessanta era addirittura vista come una “droga contro la guerra”. Questo non vuol dire che la cannabis non abbia avuto alcun legame con la guerra, ma piuttosto che questo sia stato relativamente meno stretto. A questo proposito è interessante sottolineare che il ruolo bellico più importante della cannabis non è stato quello di droga, ma piuttosto quello di fibra di valore strategico sotto forma di canapa per le corde. Neanche gli allucinogeni come i ‘funghi magici’ e l’LSD sono particolarmente importanti nel rapporto droga-guerra. Sebbene non siano del tutto avulsi dalla guerra, rappresentano prodotti di nicchia rispetto ad altre sostanze prodotte in massa su scala globale. La loro redditività, desiderabilità e l’utilità bellica dei loro effetti psicoattivi sono relativamente limitati.
Se da un lato è vero che gli studiosi della sicurezza dovrebbero prestare maggiore attenzione al rapporto droga-guerra e alle sue molteplici dimensioni e variazioni, dall’altro c’è il rischio di sopravvalutare e distorcere tale relazione. Questo è particolarmente evidente nei dibatti politici sul nesso tra droga e conflitto che spesso forniscono una logica seducente, benché semplicistica, per accorpare campagne globali contro le droghe a campagne contro terroristi e insorti. Mentre alcuni studiosi denunciano una crescente connessione tra droga e conflitti contemporanei, uno sguardo anche limitato ai dati storici suggerisce che in realtà dalla fine della Guerra fredda a oggi non c’è stato nessun cambiamento radicale. Convenzionalmente, si tende a studiare il rapporto droga-guerra solo in riferimento agli ultimi decenni e a privilegiare come oggetto di analisi le droghe illegali e le organizzazioni violente non-statali che da esse traggono beneficio. Correggendo questo pregiudizio di selezione e mettendo al centro della riflessione sia la storia che una gamma più ampia di droghe (legali e illegali), si nota però che, anche se è cambiata nel tempo, quella tra droga e guerra è una relazione antica che ha comportato tanto il rafforzamento degli stati quanto il loro indebolimento
Come nota finale, va sottolineato che la guerra stessa può essere considerata una droga. In questa sesta dimensione, ‘guerra come droga’, i soldati si “sballano” con la guerra, come molti veterani del Vietnam hanno dichiarato. Come le anfetamine, il combattimento produce una scarica di adrenalina. Come alcune droghe, il combattimento può “friggere” il cervello dei soldati, nel senso di causare cambiamenti neuronali duraturi e patologici. Innumerevoli memorie di veterani descrivono la guerra come una forma di dipendenza, tanto da provocare intensi sintomi di astinenza quando i combattenti tornano a casa – molti dei quali, poi, ricorrono ad altre droghe, prescritte o auto-prescritte, lecite o illecite per riprendersi.
Per saperne di più
Andreas, P. (2021) Killer High. Storia della Guerra in sei droghe. Meltemi Editore.
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