Il XX Congresso nazionale del Partito comunista cinese ha segnato la plenitudo potestatis di Xi Jinping. Confermato Segretario generale per un inusitato terzo mandato e circondato nel Comitato permanente di soli uomini a lui vicini, Xi pare oggi impersonare il ritorno della Cina alla vecchia era del paramount leader. Le complesse vicende degli ultimi tre anni – dalle tensioni montanti con gli Stati Uniti allo stato d’emergenza pandemica che tuttora persiste nel Paese – non paiono dunque aver incrinato la tendenza all’accentramento del potere che ha contraddistinto, sin dalle sue origini, la “Nuova era” inaugurata nel 2012. Al contrario, proprio le tensioni internazionali e l’emergenza interna hanno offerto nuove leve all’accentramento. Tuttavia, il contesto oggettivamente difficile crea nuove contraddizioni nella marcia verso la “grande rinascita della nazione cinese” (Zhonghua minzu weida fuxing, 中华民族伟大复兴). Archiviato il primo “obiettivo del secolo” assieme al centesimo anniversario della fondazione del Partito nel 2021, resta ora da raggiungere il secondo obiettivo: un’articolata declinazione del concetto di “modernizzazione alla cinese” (Zhongguo shi xiandaihua, 中国式现代化), che rischia di risentire pesantemente del rallentamento dell’economia cinese e internazionale, nonché delle tensioni sociali prodotte dalle politiche di contenimento della pandemia. Parimenti in dubbio sembrano gli ambiziosi obiettivi di progresso tecnologico, anche alla luce delle ulteriori sanzioni recentemente imposte da Washington sulle esportazioni verso la Cina. Per non parlare delle incertezze riguardo al “più vitale degli interessi vitali” – Taiwan. Il presente numero analizza il XX Congresso nazionale su questi e altri fronti, con una particolare attenzione ai documenti congressuali, i quali restituiscono piccoli aggiustamenti nelle “formulazioni” (tifa, 提法), che preludono forse a più significativi policy change.
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(Photo by Lintao Zhang/Getty Images)
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