I dati sull’andamento dell’economia cinese nell’ultimo trimestre del 2013 mostrano nuovi segnali di rallentamento e pongono una volta di più l’attenzione sulle riforme necessarie a sostenere l’economia. Verosimilmente, essi spingeranno la leadership cinese a rivedere gli obiettivi di crescita per l’anno in corso.
Nel quarto trimestre del 2013 il paese è cresciuto del 7,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, un valore inferiore di 0,1 punti percentuali rispetto a quello del trimestre precedente (Figura 1). In virtù di questo andamento, la Cina ha chiuso il 2013 con un tasso di crescita del 7,7%, lo stesso registrato alla fine del 2012 e 0,2 punti percentuali in più dell’obiettivo fissato per il 2013 (7,5%).
Rispetto all’anno precedente, tuttavia, i dati mostrano un’inversione di tendenza nel contributo netto di investimenti e consumi (Figura 2), possibile conseguenza del programma di mini-stimolo messo in atto nella prima metà dell’anno. Nel 2013, infatti, la sola spesa in investimenti ha contribuito a far crescere il paese del 4,2% (il 54,4% del totale), mentre i consumi interni vi hanno contribuito per il 3,8%, 0,4 punti percentuali in meno rispetto al 2012: si è avuto dunque un rallentamento nella transizione verso un modello di crescita basato maggiormente sui consumi. Ancora una volta, infine, va sottolineato il segno negativo del saldo commerciale, il cui contributo è stimato in -0,3%: quasi il doppio (in negativo) rispetto al 2012.
Altri segnali del rallentamento dell’economia arrivano dalle flessioni di alcuni indicatori chiave dell’economia (Figura 3). Tra questi spiccano gli investimenti fissi, la cui crescita nel 2013 è stata la più bassa negli ultimi dieci anni. Le vendite al consumo, d’altra parte, sono rimaste in linea con il mese precedente, ma il tasso di crescita complessivo alla fine dell’anno (+13,3%) rimane sostanzialmente più basso rispetto sia al 2012 (14,7%) che al 2011 (17,1%). Allo stesso modo, la crescita della produzione industriale – che rappresenta una buona approssimazione dell’andamento di un paese manifatturiero – si è ridotta di 0,3 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
Il quadro che emerge alla fine 2013 – già per la verità preannunciato nel corso dell’anno – ha influenzato le stime sull’andamento del Pil per il 2014 (Tabella 1). Al netto delle previsioni al rialzo dell’Ocse, che verranno verosimilmente riviste nel prossimo Outlook, la gran parte degli istituti (tra cui il Fondo monetario internazionale) ha di fatto mantenuto un livello atteso del 7,5%, in linea con l’anno precedente. In altri casi, le attese sono invece per livelli di crescita più bassi, intorno al 7%, che riporterebbero il paese ai livelli di crescita di inizio anni Novanta, dopo le sanzioni per gli eventi di piazza Tian’anmen.
Si ritiene che un ulteriore ridimensionamento sarà possibile se l’amministrazione Xi introdurrà le riforme necessarie a ridurre i noti squilibri del paese, l’ultimo dei quali – da non sottovalutare per le conseguenze sul sistema finanziario – è quello derivante dall’eccesso di credito concesso dalle banche negli ultimi anni.
L’articolo è stato preparato durante un periodo di ricerca dell’autore presso l’Istituto sulle economie in transizione della Banca di Finlandia (BOFIT), che si ringrazia per aver messo a disposizione alcuni dei dati utilizzati.
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