Taiwan è oggi uno degli ambienti mediatici più aperti e competitivi dell’Asia. La pressione derivante dalla concorrenza pone tuttavia alcune sfide sul terreno dell’etica professionale, mentre restano irrisolte alcune importanti questioni sul piano della regolamentazione e degli assetti proprietari. Come in altre democrazie, anche a Taiwan i media devono inoltre far fronte alla crescente concorrenza derivante dalla transizione al digitale, che mette in discussione il modello organizzativo tradizionale.
La sfera mediatica ha attraversato una significativa trasformazione in occasione dei processi di democratizzazione degli anni Ottanta, con ulteriori cambiamenti nel 2000 e nel 2008, in corrispondenza del ricambio ai vertici politici del paese. Prima della revoca della legge marziale nel 1987, i media taiwanesi facevano parte di un più vasto complesso burocratico-commerciale sotto il controllo autoritario del Kuomintang (Kmt). Vi erano stringenti limitazioni alla libertà di stampa, al punto che i media funzionavano in effetti da apparato ideologico impiegato per la depoliticizzazione e la smobilitazione della sfera pubblica.
Fino alla deregolamentazione e alla liberalizzazione, i tre canali terrestri erano di proprietà rispettivamente del governo (Taiwan television: Ttv, Tai shi, 台視), del Kmt (China television: Ctv, Zhong shi, 中視) e delle Forze armate (Chinese television service: Cts, Hua shi, 華視). Questi organi di stampa esercitavano un decisivo ruolo di gate-keeper, bloccando di fatto all’opposizione l’accesso ai media principali. Il mercato dei quotidiani era dominato dallo United daily news (Udn, Lianhe bao, 聯合報) e dal China times (Zhongguo shibao, 中國時報), entrambi strettamente legati al Kmt. Il controllo del mercato da parte di media affiliati al Kmt venne messo in discussione nel 1989 con l’apertura del Liberty times (Ziyou shibao, 自由時報) e poi nel 1997 con l’aggiunta di un quarto canale televisivo terrestre (Formosa television: Ftv, Min shi, 民視), entrambi vicini al partito di opposizione, il Partito democratico progressista (Democratic progressive party: Dpp). Non veniva tuttavia scalfita l’influenza politica che il Kmt continuava a esercitare nella sfera mediatica.
Nel 1993, con la decisione di legalizzare la tv via cavo, ebbe inizio una straordinaria espansione della programmazione locale, nazionale, regionale e internazionale. Esistenti sin dagli anni Settanta, le tv via cavo erano assai diffuse negli anni Novanta, benché ancora formalmente illegali, non regolamentate e “di fatto gestite dalla mafia”. La Legge sulla tv via cavo (Youxian dianshi fa, 有線電視法) legalizzò il settore e introdusse un’apposita regolamentazione. Il risultato fu l’eccezionale aumento della diffusione della tv via cavo e del numero dei canali disponibili. Il sistema si mosse rapidamente nella direzione della deregolamentazione e alla fine degli anni Novanta Taiwan si era ormai trasformata in uno dei mercati più saturi al mondo nel settore della tv a pagamento. La libertà di stampa fece grandi progressi e in poco tempo l’isola risalì l’indice della libertà di stampa elaborato da Freedom house, nonostante il persistere di problemi legati all’acceso a informazione di qualità.
L’aumento del numero dei canali ha aperto nuovi spazi di competizione politica, per esempio attraverso molteplici canali di informazione che trasmettono notizie e commenti politici ventiquattr’ore su ventiquattro. La prima trasmissione politica con telefonate del pubblico in diretta (2100: Quanmin Kaijiang, 2100: 全民開講) venne trasmessa nel 1994 su Tvbs. Il format dell’infotainment, che si richiamava alle trasmissioni radio clandestine del periodo del partito unico, divenne rapidamente un ingrediente fondamentale della programmazione di prima e seconda serata. L’espansione di questa nuova arena di competizione politica ha portato all’affermazione del “teatro politico” e delle “guerre di saliva” (koushui zhan, 口水戰) che restano tuttora una caratteristica dei canali di informazione a Taiwan.
In seguito alla vittoria del Dpp nelle elezioni presidenziali del 2000 e del 2004, i media furono sottoposti a nuove, significative riforme. Si ricordano in particolare: la fuoriuscita di partiti politici, governo e Forze armate dai media nel 2003, con l’obiettivo di ridurre il clientelismo; l’istituzione nel 2005 della Commissione nazionale per le comunicazioni, come organo neutrale di regolamentazione con compiti di supervisione sul settore dei media commerciali; e la creazione nel 2006 di un canale di servizio pubblico, Taiwan broadcasting system (Tbs). Quest’ultimo nasceva dall’aggregazione di canali già esistenti: Public television system (fondato nel 1997), Cts (1971), Hakka tv (2003) e Taiwan macroview tv (2000, rivolto ai cittadini residenti all’estero). La programmazione del servizio pubblico non ha tuttavia saputo conquistare terreno rispetto alla concorrenza privata e gli investimenti in Tbs sono rimasti limitati.
La commercializzazione del settore dei media è stata irresistibile. L’arrivo dell’Apple daily (Pingguo ribao, 蘋果日報; link in cinese) nel maggio 2003 ha introdotto a Taiwan il giornalismo della carta patinata, della spietata concorrenza al ribasso e del sensazionalismo. La rapida digitalizzazione delle tecnologie della comunicazione – il web 2.0, i media online, i social media, gli smartphone ecc. – e la convergenza delle piattaforme media hanno posto nuove sfide ai decisori politici. I maggiori interventi legislativi durante gli anni di governo del Dpp sono stati la Legge sulla radio e sulla televisione (Guangbo dianshi fa, 廣播電視法), la Legge sulla radio e sulla tv via cavo (Youxian guangbo dianshi fa, 有線廣播電視法) e la Legge sulle trasmissioni satellitari (Weixing guangbo dianshi fa, 衛星廣播電視法), spesso citate collettivamente come le “tre leggi sulle trasmissioni” (guang dian san fa, 廣電三法). Poiché la nuova normativa si rifaceva a un quadro di riferimento maturato nell’era analogica, essa risultò inadeguata a regolare il settore dei media una volta che la tecnologia digitale divenne dominante. Di qui ulteriori revisioni della legislazione, divenute terreno di battaglia politica nello Yuan legislativo dopo la riconquista del potere da parte del Kmt nel 2008.
Un ulteriore problema è costituito dalla progressiva concentrazione proprietaria nel settore dei media privati, regolamentato in maniera insufficiente. La normativa vigente non ha consentito di gestire nel migliore dei modi i processi di fusione e non ha garantito adeguati spazi di dibattito pubblico in materia. Secondo osservatori indipendenti quali il già citato Freedom house e Reporters without borders, a partire dal 2008 Taiwan ha vissuto un’erosione della libertà di stampa. A pesare sono molteplici fattori: il sensazionalismo dominante e il rischio di un calo generalizzato nella qualità del prodotto; le difficoltà economiche e la vera e propria censura preventiva esercitata dagli inserzionisti; l’influenza della Cina continentale, attraverso importanti imprenditori taiwanesi che hanno interessi commerciali sul continente. Sullo sfondo della crescente integrazione economica tra le due sponde dello Stretto promossa dal presidente Ma Ying-Jeou, le preoccupazioni per la concentrazione proprietaria e per il “fattore-Cina” sono sfociate a metà 2012 in un movimento studentesco contro il monopolio mediatico. Da qui nasce la bozza di una nuova Legge contro il monopolio nel settore dei media (Fan meiti longduan fa, 反媒體壟斷法) presentata nel 2013. Come già gli emendamenti alle tre leggi sulle trasmissioni, tuttavia, anche la bozza della nuova legge è rimasta impantanata in parlamento e non ha sinora compiuto significativi progressi.
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