Dall’indipendenza nel 1957 la Malaysia, al fine di far crescere la propria economia, ha adottato un approccio generalmente liberale rispetto a commercio e investimenti internazionali, raggiungendo, grazie alla propria strategia orientata verso l’esterno, lo status di economia di recente industrializzazione (NIE). Tale modello di sviluppo economico è però stato sottoposto a pressioni considerevoli negli ultimi anni con la perdita di appetibilità del Paese agli occhi degli investitori internazionali in seguito all’emergere di nuovi NIEs come Vietnam e Polonia.
Oggi la Malaysia è di fronte alla transizione verso attività a maggior valore aggiunto che richiedono tecnologie sempre più sofisticate e un capitale umano di qualità più elevata. Incontrando difficoltà crescenti ad attrarre investimenti diretti esteri (IDE) dagli investitori “tradizionali” (ovvero blocco occidentale, Singapore e Giappone) il governo malaysiano è costretto a cercare fonti alternative. In altre parole investitori “non tradizionali” come Cina e Arabia Saudita stanno diventando partner attraenti, nel caso della Cina, ancor di più dopo la formulazione dell’Iniziativa “Belt & Road” (BRI). Secondo i dati della Malaysian Investment Development Authority con un totale di 1,6 miliardi di dollari di investimenti (pari al 17,5% del totale) nel 2016 la Cina è diventata il primo investitore superando Paesi Bassi (1,1 miliardi), Germania (860,9 milioni), Regno Unito (860,9 milioni) Corea del Sud (728,5 milioni) e Singapore (695,4 milioni).
Cavalcando la BRI, il Primo Ministro malaysiano Najib Razak ha sposato con entusiasmo il progetto dell’East Coast Rail Link (ECRL) nel corso di una visita di una settimana a Pechino nel novembre 2016. Il progetto, che vede l’azienda di stato cinese China Communications Construction Company (CCCC) come principale appaltatore e la Export-Import Bank of China come finanziatore tramite un prestito agevolato, risponde alla necessità di migliorare i collegamenti tra gli stati meno sviluppati della costa orientale del Paese (Pahang, Terengganu e Kelantan) e Selangor, lo stato più ricco del Paese. L’importanza del progetto emerge chiaramente dal fatto che il governo abbia velocizzato il processo per iniziare la costruzione nel luglio 2017, anziché a fine 2017 come previsto inizialmente. Per la Cina l’ECRL rappresenta un altro progetto di primo piano all’interno della BRI in un Paese chiave del Sud-est asiatico, ma ha anche una valenza geopolitica dal momento che connette il Porto di Kuantan nella costa orientale della Malaysia peninsulare (di proprietà congiunta di un conglomerato malaysiano e di un’altra azienda di stato cinese, la Guangxi Beibu Gulf International Port Group) al Porto di Klang sulla costa occidentale. Questo
potenziale ponte terrestre potrebbe fornire alla Cina una soluzione significativa alla dipendenza dallo Stretto di Malacca – attraverso cui transita circa l’80% del fabbisogno energetico cinese – e quindi al cosiddetto “Dilemma di Malacca”. La nuova infrastruttura creerà quindi vie commerciali alternative a forte coinvolgimento cinese dato che la Cina, attraverso le proprie imprese di stato, ha un interesse diretto tanto nel Porto di Kuantan, quanto nella stessa ECRL come mostrato dalla mappa a lato.
Tuttavia, nonostante l’ECRL possa sembrare un progetto grandioso sulla carta, rimangono numerose incertezze che potrebbero compromettere tale punto di vista. Innanzitutto, non sembra pratico. Se trasportare un container tramite ferrovia può costare venti volte di meno rispetto ad una spedizione aerea, resta tuttavia più costoso che trasportarlo via mare; la rotta terrestre-marittima che va dal Porto di Klang al Porto di Kuantan utilizzando l’ECRL comporta pertanto un costo maggiore di circa 6 dollari per tonnellata rispetto all’esistente rotta tramite lo Stretto di Malacca. Inoltre, la presunta riduzione in termini di tempo favorita dall’ECRL (135 ore contro 165, ovvero una contrazione del 18%) è vantaggiosa solo per il trasporto di beni di valore elevato o deperibili, ma gli spedizionieri di merci generiche normalmente non sono interessati a sostenere un costo maggiore sotto forma di commissioni di trattamento multiple (portuali e ferroviarie) al posto di una singola voce di spesa. Va sottolineata anche la questione della praticità, dal momento che gli operatori solitamente mirano a minimizzare il numero di soggetti che prendono in consegna la loro merce. Infatti, dopo aver ipoteticamente scaricato dal Porto di Klang e aver trasferito un carico su un vagone ferroviario, bisognerebbe scaricare nuovamente al Porto di Kuantan prima di trasferirlo definitivamente su un’altra nave mercantile. Di conseguenza, pur considerando la riduzione temporale, ciò implica un aumento dei soggetti coinvolti. Va riconosciuto che le tecnologie nel settore dei trasporti potranno evolversi in futuro rendendo più utile l’ECRL, ma le attuali pratiche commerciali non sostengono questa modalità di movimento delle merci. Più prosaicamente il trasporto su ferrovia non costituisce un perfetto sostituto delle navi container a causa dello spazio limitato offerto dai treni blocco. Come riportato dal The Straits Times gli ultimi treni diretti a Londra dalla Cina possono trasportare solo 200 TEU (unità equivalente a venti piedi), mentre una grande nave container ha una capacità pari a 20.000 TEU.
In secondo luogo, il progetto sconta un grado non sufficiente di chiarezza e trasparenza. Secondo Yeo Bee Yin, un membro dell’opposizione, il progetto è stato affidato alla CCCC in assenza di una gara pubblica determinando un alto rischio, a causa della mancata competizione, che il costo sia sopravvalutato e/o che si verifichi un eccesso di design. Una gara pubblica ridurrebbe anche il rischio di rent-seeking, un problema annoso che affligge i progetti pubblici nel Paese. Inoltre, il governo federale non ha reso pubblico lo studio di fattibilità e a precisa richiesta, nel novembre 2016, il Ministro dei Trasporti Liow Tiong Lai ha promesso che lo studio sarà pubblicato non appena finalizzato, senza tuttavia fissare una data specifica. Ad oggi, a quattro mesi dalla cerimonia inaugurale tenutasi lo scorso agosto, lo studio di fattibilità non è ancora stato divulgato dal Ministero dei Trasporti, lasciando così dubbi circa la fattibilità e i costi del progetto. La popolazione malaysiana subirebbe perdite ancora superiori qualora l’ECRL non dovesse generare un sufficiente volume di traffico di merci e passeggeri, finendo per essere sottoutilizzata.
Per riassumere, la leadership malaysiana si è dimostrata perspicace nel saper corteggiare la Cina per far fronte alle sfide economiche e l’ECRL ne è un esempio, dato il suo potenziale di migliorare la connettività tra le due coste. Ciononostante, il progetto solleva varie preoccupazioni a partire dall’apparente difficoltà di applicazione concreta e dalla mancanza di informazioni rese disponibili, rischi che non possono essere ignorati se il progetto verrà realizzato. Se i malesiani, come “proprietari” finali dell’ECRL, devono essere consapevoli di tali rischi, la Cina e la CCCC devono comprendere che progetti che non portano valore ai Paesi riceventi (in questo caso la Malaysia) sono destinati a rafforzare la percezione che le iniziative cinesi siano per natura egoistiche.
Traduzione dall’inglese a cura di Gabriele Giovannini.
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