Dall’ “alleviamento della povertà” ai “lavoratori migranti”: tattiche comunicative visuali

Tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, la questione dell’ “alleviamento della povertà” (fúpín, 扶贫) è stata più volte sollevata nel discorso politico ufficiale in relazione al piano per la realizzazione di una “società moderatamente prospera” (xiǎokāng shèhuì, 小康社会). Nonostante il numero di persone che vivono in povertà estrema – ossia con un reddito pro capite annuo che non supera i 2.300 renminbi (poco più di 93 centesimi di dollaro al giorno) – si sia sensibilmente ridotto negli ultimi cinque anni,[1] il raggiungimento dell’obiettivo di eradicare la povertà rurale entro il 2020 risulta ostacolato dal fenomeno dei “lavoratori migranti”. L’esodo di manodopera dalle campagne, legato soprattutto al desiderio delle nuove generazioni di andare incontro alle maggiori opportunità lavorative disponibili nelle città, contribuisce infatti a compromettere la produttività delle aree rurali.[2] Allo stesso tempo, la “targeted anti-poverty initiative” (jīngzhǔn fúpín, 精准扶贫), meglio nota con l’acronimo TAPI,[3] ha come scopo l’eradicamento della povertà limitatamente alle sole aree rurali, andando così ad escludere le aree urbane e i lavoratori migranti che ivi risiedono.[4]

La povertà rurale e il lavoro migrante sono evidentemente due facce della stessa medaglia, ma mentre l’implementazione delle iniziative per eradicare la povertà rurale contribuisce alla costruzione di un’immagine positiva delle autorità, la gestione della questione dei lavoratori migranti ha di recente creato notevoli frizioni tra la classe dirigente e svariati gruppi sociali (inclusi i media governativi),[5] gettando luce sulla distonia tra discorso pubblico e prassi.

Questo contributo si propone di analizzare il tema da due prospettive apparentemente dialettiche, in modo da far emergere differenze e consonanze nelle tattiche comunicative. Da una parte vi è il discorso ufficiale sull’alleviamento della povertà rurale, veicolato da tre vignettisti attivi su Xinhuanet,[6] dall’altra il contro-discorso, rappresentato dall’artista dissidente Ba Diucao, il quale è intervenuto sulla questione dei lavoratori migranti (dīduān rénkǒu, 低端人口, letteralmente “strato più basso della popolazione”).

Per quanto riguarda il discorso ufficiale, da un punto di vista ideologico la questione dell’alleviamento della povertà è da inscriversi in un più ampio contesto di moralizzazione e re-ideologizzazione del Partito.[7] Di conseguenza, l’azione del governo si realizza secondo un movimento top-down in cui l’organizzazione popolare nei termini di società civile trova uno spazio ridotto.[8] Le vignette pubblicate sui media statali sono testi molto rappresentativi dell’attuale movimento verso la popolarizzazione di una precisa immagine dell’azione governativa. Il 16 ottobre 2014, Xinhuanet ha pubblicato una raccolta di vignette (mànhuàjí, 漫画集)[9] in occasione della cosiddetta “giornata nazionale dell’alleviamento della povertà” (guójiā “fúpínrì”, 国家“扶贫日”), fissata in data 10 ottobre dal Vice responsabile dell’Ufficio del Consiglio per gli Affari Stato per l’alleviamento della povertà (Guówùyuàn fúpín bàn, 国务院扶贫办),  Zheng Wenkai. Gli autori delle quattro opere sono Zhu Huiliao, Zhao Naiyu, e Xu Jun, tre vignettisti che collaborano con il sito Xinhuanet.[10] L’analisi di questi testi ben illustra i meccanismi di “interpellanza”[11] del pubblico e di “framing”,[12] che sono alcune tra le caratteristiche più significative della comunicazione ufficiale dell’iniziativa.

Figura 1. Zhu Huiliao, “Un’accurata irrigazione a goccia” (jīngquè dīguàn, 精确滴灌).[13]

Fonte: Xinhuanet

La prima vignetta (o mànhuà, 漫画) di Zhu Huiliao si riferisce a nuove politiche lanciate a Chongqing. Queste sono descritte nella didascalia come maggiormente mirate rispetto al passato: per “eliminare la povertà e portare alla ricchezza” (tuōpín zhìfù, 脱贫致富), è necessario “cercare con precisione il povero, sradicare la povertà” (zhǎo zhǔn qióngrén, zhuāzhù qióng gēn, 找准穷人、抓住穷根). Il titolo del mànhuà è infatti “Un’accurata irrigazione a goccia” (jīngquè dīguàn, 精确滴灌) e rimanda, tramite la scelta dell’aggettivo jīngquè, 精确, alla jīngzhǔn fúpín, 精准扶, ossia alla “targeted anti-poverty initiative” (TAPI), oltre a riecheggiare con semplicità e ridondanza l’allegoria iconica. In alto splende un sole rosso che sorride guardando in basso una tubatura etichettata come “alleviamento della povertà”. Questa è forata in modo tale che le gocce d’acqua cadano proprio sulle piantine più deboli. Ad attivare il meccanismo sono due mani senza volto che, azionando una manopola a forma di “yuan ¥”, governano l’erogazione puntuale dell’acqua. L’effetto prodotto è che le piantine, collocate nella parte inferiore dell’immagine, appaiono in tremolante recupero.

Figura 2. Zhu Huiliao, “Cura e amore” (guānài, 关爱)

Fonte: Xinhuanet

Nel secondo mànhuà, ancora di Zhu, la didascalia si ripete, ma l’approccio comunicativo è molto diverso. Il titolo è “Cura e amore” (guānài, 关爱) e nell’immagine è rappresentato un gruppo composto da una coppia di anziani e due bambini, a comporre un quadro familiare, collocati all’interno di una ciotola da riso vuota. I loro volti sono sorridenti: si tratta di un riferimento ai componenti più deboli di una famiglia nella quale i genitori solo lontani per lavoro. La ciotola, così come i loro corpi, sono “circondati” da paio di mani che li racchiudono e che creano una forma a cuore. Il profilo delle mani separa nettamente i colori freddi dello spazio esterno da quelli caldi dello spazio “familiare”.

Figura 3. Zhao Naiyu, “Bei giorni” (hǎorìzi, 好日子)

Fonte: Xinhuanet

 

La ciotola torna come elemento cardine nel mànhuà di Zhao Naiyu, intitolato “Bei giorni” (hǎorìzi, 好日子). Il focus principale è qui però la riproduzione di una pagina di calendario da tavolo, che definisce la data del 17 ottobre come “Giorno dell’alleviamento della povertà”. Dal rettangolo bianco/pesca emergono due mani i cui palmi sorreggono una ciotola ricolma di persone in abiti blu da lavoro. Il gruppo è più numeroso del precedente ed è composto da due bambini, due lavoratori adulti e due di mezza età. I colori dello sfondo sono caldi e accesi, l’uso di tonalità più chiare e la prossemica dei personaggi creano un effetto di movimento, come se il gruppo di personaggi stesse esultando.

 Figura 4. Xu Jun, “Salvezza” (yuánshǒu, 援手)

Fonte: Xinhuanet

L’ultima immagine, di Xu Jun, è costruita con un maggior ricorso alla componente verbale. Lo spazio è diviso in due parti: in basso a sinistra è raffigurata una porzione di terra, una salita delineata da una curva morbida, che rappresenta la “strada verso la ricchezza” (zhìfù zhī lù,  致富之路), come chiarificato dall’etichetta. Su questa strada cammina, barcollante ma sorridente, un uomo, anche lui “etichettato” come pínkùn rénkǒu (贫困人口, “popolazione povera”). Il personaggio, con un cappello da contadino e le vesti rattoppate, stringe la mano che è protesa con fermezza verso di lui: ancora una volta, una mano senza volto, dritta e sicura come una freccia, salda nel sorreggere il “povero” e tirarlo verso di sé, sulla “strada della ricchezza”. Questo mànhuà si intitola, per l’appunto, “Salvezza” (yuánshǒu, 援手), termine che in cinese è composto dai caratteri “yuán, 援” (reggere, aiutare) e “shǒu, 手”, che significa, non a caso, “mano”.

I quattro testi hanno una struttura molto semplice, resa ancora più eloquente dall’interazione verbale e iconica. Il primo è il più complesso quanto a elementi compositivi e livelli semantici: l’ambiente è ricostruito come un’allegoria animista, nella quale ogni elemento naturale è vivo. La tubatura è invece artificiale, fredda e tecnica, uno strumento sapientemente governato da due mani neutre. I “poveri” non sono qui mai nominati, ma il riferimento è chiaro e il loro ruolo di “oggetto” del discorso emerge chiaramente dal contrasto tra questi, reificati (le piantine “umanizzate” sono pur sempre vegetali) e il governo, rappresentato sineddochicamente da arti umani. Questi sono il soggetto attivo centrale, come pure nella seconda e nella terza immagine. I “poveri” sono esseri umani sereni, per Zhu, entusiasti, per Zhao. In entrambi i mànhuà essi sono “framed” (letteralmente “contenuti”) in maniera diversa: nel primo sono circondati da mani affettuose, nel secondo sono sollevati da queste verso una condizione di entusiasmo. Per quanto riguarda l’affetto palesato verbalmente nel terzo esempio, questo è esclusivamente simbolico, retorico: la mano non offre carezze, ma una cornice che rimanda metaforicamente alla forma del cuore e che separa nettamente l’interno dall’esterno, offrendo protezione ma mantenendo le distanze. Anche la ciotola, nella quale i gruppi sono collocati, simboleggia al tempo stesso sostentamento e contenimento.

Il quarto mànhuà offre una prospettiva alquanto diversa: vi è un unico rappresentante dei pínkùn rénkǒu, anche qui sereno, in movimento a differenza degli altri. Un movimento che non è autonomo, perché, come specifica il titolo, si tratta di un’offerta di “salvezza” da parte di una mano tesa, ma che tuttavia testimonia il conferimento al personaggio di una maggiore libertà d’azione, fatta risaltare anche grazie ad una tecnica coloristica usata di frequente nel fumetto con obiettivi amplificatori (un cerchio bianco fa da sfondo alla figura creando un contrasto con l’azzurro che domina l’immagine). L’analisi di questi quattro mànhuà, testi ufficiali legati alla comunicazione della neonata “giornata nazionale”, dimostra come il discorso sull’alleviamento della povertà collochi il target delle politiche in una condizione di palese reificazione, in netto contrasto con l’agire del Partito, rappresentato in tutte e quattro le vignette come deus ex machina, umano (le mani e i cuori sono simboli di empatia) e allo stesso tempo sovrumano (senza identità, dotato di una potenza superiore e l’unico in grado di gestire la tecnologia necessaria per ottenere i risultati prefissati). In quanto riconducibile alla cornice retorica del “sogno cinese”, l’iniziativa dovrebbe richiedere al popolo, e dunque anche al lettore, una maggiore partecipazione, ma lo sguardo vacuo dei personaggi e la loro stereotipizzazione fa dedurre che sia sì interpellato, ma che non gli venga richiesto di riconoscersi come partecipante, bensì come spettatore di questa scena (ri)costruita ad arte. Questo impegno a comunicare l’azione governativa come umana e sovrumana, distaccata e affettuosa, ben “inquadra” anche il ruolo ideologico del partito da un punto di vista che Panofsky definirebbe “iconologico”.[14]

In effetti questa contraddizione è emersa chiaramente alla fine del 2017, quando la “mano” che qui sorregge e aiuta si è trasformata in mano che allontana. Nel novembre 2017, infatti, ha avuto inizio l’attività di sfratto e demolizione nelle zone abitate dai lavoratori migranti all’indomani della tragica morte di diciannove persone in un incendio nel distretto Daxing di Pechino.[15] Le modalità con le quali è avvenuto questo riordino (o, secondo il lessico adottato dai commentatori non allineati, “epurazione” qīnglǐ, 清理) hanno destato l’indignazione di molte voci, provenienti anche dall’interno dell’establishment intellettuale nazionale, che sono confluite in un discorso coerente in opposizione alla retorica giustificazionista degli organi mediatici ufficiali, con l’obiettivo di denunciare la netta discrepanza tra il discorso e la prassi.[16] Molti artisti hanno colto le opportunità offerte dai social media per esporre i fatti attraverso linguaggi visuali.[17] Tra questi, diversi vignettisti (mànhuàjiā, 漫画家) hanno impiegato la propria arte a servizio della causa.

Ba Diucao è nato a Shanghai, ma da molti anni vive e lavora in Australia. L’artista si è espresso riguardo a questi avvenimenti via Twitter, il social network attraverso il quale diffonde con più assiduità il proprio lavoro da quando, dopo diversi tentativi, il suo account Weibo è stato definitivamente chiuso dalle autorità.[18]

Figura 5. Ba Diucao, “Low-end Population Building Blocks”.[19]

Fonte: Xinhuanet

Il suo mànhuà “Low-end Population Building Blocks” è stato pubblicato su China Digital Times il 27 novembre 2017 e il giorno seguente su Twitter. Dal punto di vista semiotico, possiamo riconoscere diversi elementi che permettono la decodifica dell’immagine: in cima, la Porta Tian’anmen, tinta di un rosso acceso, rimanda direttamente al potere centrale, il cui cuore – il compound dove risiedono i vertici del Partito-Stato a Zhongnanhai – si trova appena a ovest della Città Proibita. Allo stesso tempo, la porta simboleggia la Cina stessa e la sua storia (eventi del giugno 1989 compresi). Ba Diucao suggerisce così che la sopravvivenza del paese si fonda, nel bene e nel male, su una costruzione complessa, a “blocchi”: il secondo elemento strutturale è costituito dalla torre dell’antico gioco “Jenga”, la cui precaria stabilità dipende dall’abilità del giocatore di non estrarre quel particolare pezzo sul quale l’equilibrio dell’architettura si regge.

Il blocco che vediamo scivolare fuori è proprio quello dei lavoratori migranti, e tutto fa pensare – la collocazione e il senso di movimento dato da alcune nervose pennellate nere realizzate nella parte superiore dell’immagine – che la struttura che vacilla non reggerà, una volta sfilatolo via nella sua interezza. Ba Diucao aggiunge inoltre in basso a sinistra un dettaglio per il lettore non sinofono: un blocco “etichettato” con la parola “low”, che sta per “low-end population”. Il titolo, in rapporto di anchorage con l’immagine, di fatto non aggiunge elementi dal punto di vista semantico, dal momento che il mànhuà è già di per sé transmediale, costruito per essere interpretato in autonomia da lettori sinofoni e anglofoni.

A un primo confronto puramente estetico tra i due discorsi in esame, risulta chiaro come lo stile di questo artista sia particolarmente caratterizzato, “personale”. I colori usati più di frequente sono il rosso e il nero, che egli definisce i colori della Cina – sangue e acciaio – e il giallo. Sono colori matti, privi di sfumature e molto accesi, utilizzati con l’obiettivo di colpire il lettore con immediatezza. A imitazione della tecnica xilografica anche il tratto, duro e grezzo, come inciso nel legno. Una scelta dalle valenze profonde non solo da un punto di vista ideologico (ricordiamo l’amore del critico sociale per antonomasia, Lu Xun, per questa tecnica e il movimento degli anni Trenta ad essa correlato), ma anche comunicativo. L’estetica della composizione contribuisce all’estrema sintesi dell’immagine nel suo complesso, donandole forte incisività.

Al contrario, i colori utilizzati nei mànhuà di Zhu, Zhao e Xu sono tenui, pacati, rasserenanti, così come la grafica è mantenuta neutrale ricorrendo ad uno stile naïf, privo di tratti particolarmente distintivi. Mentre Ba Diucao troneggia alle spalle del suo mànhuà, gli autori di Xinhuanet si mettono da parte. Tutti loro fanno una scelta coerente ai relativi target: Zhu, Zhao e Xu parlano ai cinesi, anche di livello culturale basso, in patria ma anche d’oltremare, tendenzialmente filo-governativi o al massimo neutrali; Ba Diucao, con i suoi riferimenti artistici alti ed il suo stile aggressivo che circola e riceve consensi principalmente su canali censurati in Cina, si rivolge a tutti gli altri (al mondo occidentale e ai dissidenti, in particolare).

Dal punto di vista narrativo, Zhu, Zhao e Xu mettono in scena tutti gli attori: i funzionari (soggetti) e gli strati più bassi della popolazione o pínkùn rénkǒu (oggetti). Il ruolo di questi ultimi nel tessuto sociale non è preso in considerazione, la risoluzione del problema è vista come un dovere dello Stato e un atto di benevolenza. Al contrario, Ba Diucao riesce in pochi tratti a raccontare la storia di una Cina in bilico. In una sola immagine cogliamo il suo passato, lontano e recente, rappresentato dalla Porta della Pace Celeste, il suo presente, sintetizzato nell’azione chirurgica della mano invisibile e impersonale del governo, che vorrebbe sbarazzarsi di ciò che non sembra all’altezza dell’immagine che la Cina vuole dare di sé in questa “nuova era”. Infine, il suo futuro: questo strato della popolazione ha, per Ba Diucao, un ruolo critico dal punto di vista economico, sociale e in definitiva politico, e il lettore può facilmente prevedere un crollo che trascinerà con sé tutto il resto.

In conclusione, i vignettisti utilizzano strumenti discorsivi molto diversi per costruire rappresentazioni dello Stato contrapposte: il dissidente veicola un’immagine di durezza attraverso una retorica visuale immediata e forte, mentre il discorso ufficiale offre di sé un’immagine morbida attraverso colori blandi e linee curve. Risulta interessante notare come i due approcci abbiano tuttavia una visione comune del potere, poiché in entrambi i discorsi lo Stato è rappresentato da una forza remota, molto potente e ineffabile, superiore e distaccata. La differenza sta in quelle mani, che nel discorso ufficiale sono funzionali a mediare, umanizzare, e che sono assenti nel contro-discorso di Ba Diucao. Per quanto riguarda invece gli “oggetti”, se gli autori di Xinhuanet descrivono la pínkùn rénkǒu in modo da suscitare empatia, Ba Diucao reifica i lavoratori, “riducendoli” a tasselli di una visione politica e socio-economica.

Ma ancora più interessante è l’immagine della realtà che viene fuori nel confronto tra questi due approcci, che permette di comprendere quale sia la modalità di lettura suggerita dagli autori. Da una parte, il discorso ufficiale costruisce una visione solida e semplificata della realtà, mantenendo chiari e rigidi i confini tra i soggetti e gli oggetti. Dall’altra, il contro-discorso dissidente mira invece a mischiare maggiormente le carte, confondere i linguaggi e renderli più complessi, mentre getta luce sulla necessaria sovrapposizione di ruoli e significati.

 

 

 

 

 

[1] L’agenzia di stampa Xinhua riporta che tra il 2012 e il 2017 ben 68,4 milioni di persone si sono emancipate dalla povertà. Secondo le stime della Banca Mondiale, tuttavia, coloro che vivono sotto la soglia dei 5,5 dollari USA al giorno sarebbero ancora 500 milioni. Si vedano: Lu Hui, “Xi stresses difficulty, urgency of poverty alleviation”, Xinhuanet, 14 febbraio 2018, disponibile all’Url http://www.xinhuanet.com/english/2018-02/14/c_136975730.htm.

[2] Per una riflessione sull’impatto della migrazione della forza lavoro sullo squilibrio socio-economico tra campagne e città si veda: Jenny Chan e Mark Selden, “The labour politics of China’s rural migrant workers”, Globalizations 14 (2017) 2: 3.

[3] L’iniziativa, lanciata da Xi Jinping nel 2013, si pone sulla scia dei considerevoli risultati raggiunti negli ultimi quarant’anni. Si veda: Gao Qin, “China’s Fight Against Poverty: Rallying All Forces to Eradicate Poverty by 2020”, in Serve the People. Innovation and IT in China‘s Social Development Agenda, a cura di Matthias Stepan e Jane Ducket (Berlino: Merics 2018), 53-60, disponibile all’Url https://www.merics.org/sites/default/files/2018-10/MPOC_06_Serve_the_People_0.pdf.

[4]  I lavoratori migranti che si spostano dalle aree rurali a quelle urbane (rural-urban workers) rinunciano ai propri diritti sociali sulla base del sistema degli hùkǒu 户口, che garantisce servizi solo nella provincia di registrazione. Cittadini de facto, essi non possono essere inclusi in piani implementati a livello rurale, ma rientrano, per esempio, nelle nuove politiche relative al sistema del settore immobiliare urbano. Si veda: Zhu Yapeng, “New Solutions for Urban Residents: Housing Security in Urban China”, in Serve the People. Innovation and IT in China‘s Social Development Agenda, a cura di Matthias Stepan e Jane Ducket (Berlino: Merics 2018), 41-50, disponibile all’Url https://www.merics.org/sites/default/files/2018-10/MPOC_06_Serve_the_People_0.pdf. Un piano di riforma del sistema degli hùkǒu è in attuazione. Si veda: Spencer Sheehan, “China’s hukou reforms and the urbanization challenge”, The Diplomat, 22 febbraio 2017, disponibile all’Url https://thediplomat.com/2017/02/chinas-hukou-reforms-and-the-urbanization-challenge/.

[5] Tra i media ufficiali che esprimono perplessità sulla condotta delle autorità vi è il China Daily, quotidiano statale in lingua inglese. Si vedano, ad esempio: “Transient workers deserve respect”, China Daily, 26 novembre 2017,  disponibile all’Url: http://www.chinadaily.com.cn/opinion/2017-11/26/content_35022603.htm; Cao Yin e Cui Jia,  “A winter’s tale of loss and learning”, China Daily, 1 dicembre 2017, disponibile all’Url: http://www.chinadaily.com.cn/china/2017-12/01/content_35149792.htm.

[6] Xinhuanet è uno dei siti affiliati all’agenzia di stampa Xinhua (Xīnhuá xùnshè, 新华迅社), ente subordinato al Consiglio per gli Affari di Stato della Rpc e anche noto in Italia con il nome di Agenzia Nuova Cina.

[7] Marina Miranda, “La re-ideologizzazione del Partito e degli ambienti intellettuali da parte di Xi Jinping,” in Politica, società e cultura in una Cina in ascesa. L’amministrazione Xi Jinping al suo primo mandato, a cura di Marina Miranda (Roma: Carocci Editore, 2016), 49-68.

[8] Solo uno dei sei aspetti dell’implementazione dell’iniziativa indicati nel 2014 al momento del lancio della TAPI mira alla “partecipazione sociale” e a coinvolgere attivamente “organizzazioni, gruppi ed individui”. Si veda: Li Yuheng et al., “Realizing targeted poverty alleviation in China”, China Agricultural Economic Review 8 (2016) 3: 446.

[9] La raccolta di vignette è disponibile all’Url http://www.xinhuanet.com/photo/2014-10/16/c_127106905.htm.

[10] Un’analisi di opere più recenti di questi autori è condotta in Manya Koetse, “10 state media cartoons on China’s social credit implementation”, What’s On Weibo, 20 luglio 2018, disponibile all’Url https://www.whatsonweibo.com/10-state-media-cartoons-on-chinas-social-credit-implementation/.

[11] Per Althusser, “apparati” statali come i media hanno un ruolo di primo piano nella diffusione dell’ideologia dominante. Ogni individuo è a sua volta “interpellato” da tale ideologia, che lo chiama a ricoprire uno specifico ruolo all’interno del vivere sociale. Si veda: Jan Blommaert, Discourse. A critical introduction (New York: Cambridge University Press, 2005), 163. Il concetto di “interpellanza” (interpellation) è estendibile agli studi visuali, in quanto le immagini veicolate da media ufficiali “chiamano” il lettore a interpretare un ruolo sociale definito dall’ideologia dominante. Si veda: Marita Sturken e Lisa Cartwright, Practices of looking: an introduction to visual culture (Oxford: Oxford University Press, 2009), 53.

[12] Il modello teorico della comunicazione definito come “framing” si basa sul principio secondo cui le modalità di presentazione/rappresentazione di una notizia possono influenzarne la sua ricezione/comprensione. Si veda: Dietram A. Scheufele e David Tewksbury, “Framing, agenda setting, and priming: the evolution of three media effects models”, Journal of Communication 57 (2007): 9–20.

[13] I diritti delle immagini di cui alle figure 1-4 appartengono a Xinhuanet. Il loro utilizzo in questa sede è riferibile esclusivamente a finalità di carattere scientifico e non ha finalità commerciali.

[14] Secondo Panofsky, l’interpretazione di un’immagine avviene su tre livelli. Ad un primo, “naturale” o “materiale”, segue un livello “convenzionale” o “iconografico”. Il terzo livello, più profondo, riguarda invece il “significato intrinseco” dell’immagine ed è questo il campo dell’iconologia. Per l’elaborazione originaria dell’approccio si veda Erwin Panofsky, Studies in iconology (Boulder/Oxford: Icon, 1972), 5-17.

[15] Per un’analisi del legame discorsivo tra l’incendio del novembre 2017 a Daxing e la dicitura “dīduān rénkǒu” si veda: “The making of the «low-end population»”, China Media Project, 30 novembre 2017, disponibile all’Url http://chinamediaproject.org/2017/11/30/the-official-origins-of-low-end-population/.

[16] Lo Kinling. “Chinese intellectuals urge Beijing authorities to stop «forcing» tens of thousands of migrant workers out of city in wake of deadly fire”, South China Morning Post, 26 novembre 2017, disponibile all’Url https://www.scmp.com/news/china/policies-politics/article/2121633/chinese-intellectuals-urge-beijing-authorities-stop. Si veda anche la lettera aperta di otto studiosi e avvocati del movimento del lavoro, indirizzata alle autorità e pubblicata online “Jiāng Píng, Hè Wèifāng děng xuézhě lǜshī duì Běijīng shì zhèngfǔ qūgǎn wàilái jūmín de xíngdòng jí qí yījù de xíngzhèng wénjiàn xiàng quánguó rén dàhuì chángwěi huì tíqǐng hé xiàn xìng shěnchá de quánwén” [Versione integrale della richiesta di Jiang Ping, He Weifang e altri studiosi e avvocati al Comitato permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo per un controllo della costituzionalità delle campagne del governo della città di Pechino per lo sfratto dei non residenti e dei relativi documenti amministrativi], Weiquanwang, 24 dicembre 2017, disponibile all’Url  https://wqw2010.blogspot.com/2017/12/blog-post_27.html (link in cinese).

[17] Emblematici a questo proposito il controverso caso del pittore e artista indipendente Hua Yong 华涌. Si veda: AFP (Agence France-Press), “Chinese artist Hua Yong detained after documenting mass migrant evictions in Beijing”, Hong Kong Free Press, 18 dicembre 2017, disponibile all’Url https://www.hongkongfp.com/2017/12/18/chinese-artist-hua-yong-detained-documenting-mass-migrant-evictions-beijing.

[18] Ba Diucao ha dichiarato di essersi sentito costretto all’auto-esilio anche a causa di un passato familiare traumatico. Per maggiori informazioni su questo autore si suggerisce la lettura di Rowan Callick, “Ba Diucao brings the art of protest to the Chinese-world”, The Australian, 29 luglio 2017, disponibile all’Url http://www.theaustralian.com.au/news/inquirer/badiucao-brings-the-art-of-protest-to-the-chinese-world/news-story/5096e2558b2b99a2837d6aed4b07b275.

[19] I diritti di questa immagine appartengono a Ba Diucao e China Digital Times.

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