Circa un anno fa avevamo osservato che le Filippine di Rodrigo Duterte presentavano risultati economici tra i migliori a livello globale, ma la sostenibilità del modello adottato era tutta da verificare. A un anno di distanza, in un quadro economico internazionale completamente mutato e segnato drammaticamente dalla pandemia da COVID-19, vogliamo riprendere l’analisi e valutare quanto la Dutertenomics riesca a fornire risposte adeguate al “cigno nero[1]” col quale si deve confrontare insieme alle altre economie del pianeta.
Fig. 1 – Crescita del PIL e tasso di inflazione in valori percentuali (fonte: FMI 2021[2]).
Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale[3] (FMI) la crescita del PIL è crollata dell’8% nel 2020 (Fig. 1). Le misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno ostacolato l’attività economica con una forte contrazione dei consumi privati e degli investimenti. Tutte le componenti della domanda si sono ridotte, ad eccezione dei consumi pubblici. Il tasso di disoccupazione è più che triplicato dal 5,1%, nell’aprile 2019, al 17,7% nell’aprile 2020. Nella prima metà del 2020 sono stati persi 7,5 milioni di posti di lavoro, in gran parte nei servizi, principalmente commercio, trasporti, alloggi, ristorazione e intrattenimento, ma anche nell’industria, in particolare nella produzione manifatturiera. L’inflazione è rimasta su livelli contenuti entro il 2,5% (Fig. 1), all’interno della fascia del 2-4% programmata dal Governo. Il gettito fiscale si è ridotto dell’11,9%, ma il calo è stato parzialmente compensato da un aumento dei dividendi provenienti da società possedute o controllate dal Governo. Il rapporto tra debito estero e PIL è sceso al 21,4% alla fine di marzo 2020.
La Banca asiatica di Sviluppo (BAS) ha osservato come le esportazioni di beni e servizi in termini reali siano diminuite del 37% per effetto sia dell’indebolimento della domanda esterna e dell’interruzione delle catene di approvvigionamento internazionali, sia della contrazione del turismo, che è crollato a causa delle restrizioni di viaggio[4]. Tuttavia, anche le importazioni sono diminuite a causa del prosciugarsi della domanda sia di beni di consumo e d’investimento, sia della componentistica necessaria alla produzione orientata all’esportazione, cosicché il saldo della bilancia commerciale nel 2020 è rimasto positivo. Le rimesse dei lavoratori all’estero, che tradizionalmente rappresentano una fonte importante di valuta estera, nel primo semestre del 2020 si sono ridotte del 4,2%, calcolate anno su anno, in misura ampiamente inferiore a quanto temuto. In tal modo, le risorse valutarie a disposizione del Paese sono rimaste superiori a otto mesi d’importazioni. Il peso filippino si è apprezzato del 4,7% rispetto al dollaro statunitense, su base annua, ad agosto 2020.
Per mitigare gli effetti della pandemia da COVID-19, il Governo ha adottato misure espansive sia fiscali sia monetarie. La crescita della spesa pubblica è aumentata del 22,1%, con un forte incremento della spesa destinata all’assistenza sociale, ai sussidi salariali e alla spesa sanitaria, contribuendo a contrastare i peggiori effetti della pandemia sui redditi delle famiglie povere e della classe media. L’aumento della spesa, concomitante a una riduzione del gettito fiscale, ha inevitabilmente fatto salire il disavanzo pubblico dallo 0,5% del PIL nel primo semestre del 2019 al 6,5% nel primo semestre 2020, crescita che è stata comunque contenuta entro i limiti programmati. In ambito monetario, la Banca Centrale delle Filippine ha ridotto il tasso d’interesse portandolo al minimo storico del 2,25%; inoltre, ha ridotto l’obbligo di riserve per le banche facendo opportunamente innalzare la quantità di moneta a sostegno dell’economia.
I principali osservatori internazionali, compresi il FMI e la BAS, concordano nel ritenere che le Filippine potranno tornare a beneficiare di una forte crescita non appena la pandemia sarà sotto controllo. A sostegno di tale posizione si può osservare come, nel periodo di giugno-luglio 2020, una volta allentate gradualmente le restrizioni di movimento e di lavoro nella maggior parte delle aree del Paese, tra cui Metro Manila e altre aree di Luzon, l’attività economica si sia rapidamente ripresa e con essa siano stati ripristinati 7,5 milioni di posti di lavoro, riportando il tasso di disoccupazione al 10%[5]. Inoltre, si deve osservare che, anche grazie alle riforme macroeconomiche realizzate dalle amministrazioni precedenti a quella di Duterte, guidate da Gloria Macapagal-Arroyo (2001-2010) e da Benigno Aquino III (2010-2016), il Paese gode di fondamentali economici solidi con un basso livello di indebitamento e inflazione contenuta.
Il pacchetto di stimoli fiscali e monetari adottato da Duterte, in linea con la strategia Build, Build, Build di investimenti pubblici, sembra poter consentire una cosiddetta ripresa a “V”, ovvero un rapido ritorno alle condizioni pre-crisi sanitaria. Se, dal punto di vista economico, la condizione necessaria per questo rimbalzo virtuoso appare ragionevolmente raggiungibile con il parallelo riprendersi delle altre economie mondiali che, oltre a pesare sulle possibilità di esportazione, influenzano le significative rimesse degli emigrati e il loro effetto chiave sulla domanda interna, molto più incerto risulta essere, invece, l’impatto del quadro sociopolitico del Paese già complicato prima della pandemia e ora ulteriormente deteriorato.
Innanzitutto, è importante inquadrare l’evoluzione della situazione sociopolitica del Paese alla luce del quadro epidemiologico. In effetti le Filippine, insieme all’Indonesia, sono il Paese dell’Association of South-East Asian Nations (ASEAN) che ad oggi registra gli indicatori peggiori per quanto riguarda la gestione della pandemia da COVID-19. In una delle regioni del mondo meno colpite a livello sanitario dalla pandemia, le Filippine hanno valori assoluti e relativi in controtendenza. Basti pensare che a marzo 2021, a margine di una incidenza regionale di 3,6 morti ogni centomila persone, le Filippine registravano un dato nazionale di 11,5 morti ogni centomila persone, subito dietro all’Indonesia[6].
Non deve sorprendere pertanto che Duterte sia stato criticato sia dall’opposizione interna sia dalla stampa internazionale per la gestione della pandemia. Tuttavia, è interessante rilevare che lo stesso Duterte non ha mai condiviso, almeno pubblicamente, lo scetticismo di altri leader populisti come Donald Trump e Jair Bolsonaro. A tutti gli effetti, le performance sanitarie sopra descritte sono maturate nonostante l’applicazione di lockdown molto duri e continuati che hanno interessato soprattutto nella Metro Manila.
Nelle Filippine, le limitazioni alle libertà personali imposte dalle politiche di contenimento del contagio, comuni anche ad altri Paesi, sono state accompagnate da una serie di provvedimenti in linea con l’autoritarismo populista di Duterte. Nel marzo 2020, il presidente filippino ha emanato la C-19 Law[7], la quale contiene tra le varie misure la detenzione sino a due mesi e multe di circa ventimila dollari statunitensi per la diffusione di informazione false. La pandemia ha quindi offerto la possibilità a Duterte di continuare la propria campagna repressiva nei confronti delle opposizioni. Come sottolineato da Human Rights Watch (HRW)[8], le autorità filippine hanno, durante la pandemia, particolarmente intensificato la pressione sui media. È stata revocata la licenza a ABS-CBN, il principale network del Paese, mentre nel giugno dello scorso anno la giornalista Maria Resa, chief executive del portale giornalistico online Rappler, da sempre critico nei confronti di Duterte, è stata condannata ad almeno sei mesi di carcere per diffamazione informatica. Allo stesso tempo, Duterte ha proseguito la propria campagna di violenta repressione nei confronti del traffico di droga, mentre la situazione di conflitto nell’isola di Mindanao, nel sud del Paese, rimane ancora irrisolta.
Il restringimento progressivo delle libertà civili e dello spazio democratico, nonché il deterioramento del livello dei diritti umani nelle Filippine non è stato notato solo da watchdog internazionali come HRW. Nel settembre 2020, Il Parlamento europeo ha adottato all’unanimità una risoluzione[9] denunciando l’erosione dei diritti umani, chiedendo alle autorità filippine di rispettare gli impegni per la protezione dei diritti umani assunti nel quadro dello European Union’s General Systems of Preference Plus Programme, il quale consente l’esportazione, senza tariffe, di 6.200 prodotti nell’Unione.
Tuttavia, né la gestione della pandemia, né la crisi economica con la riduzione dei consumi, né l’ulteriore restringimento delle libertà civili sembrano aver intaccato la popolarità e il consenso di Duterte. Il Financial Times[10] riportava che a ottobre 2020 il consenso del presidente fosse del 91%, ben quattro punti in più rispetto all’anno precedente, in era pre-pandemia. Sebbene alcuni analisti abbiano sollevato il dubbio che il risultato possa essere stato inficiato dalla metodologia della ricerca, altri come il rettore dell’Ateneo School of Government dell’Ateneo de Manila University, Ronald U. Mendoza, notano che è indiscutibile che Duterte mantenga un enorme consenso nel Paese, in special modo tra le fasce meno abbienti della popolazione.
In questo contesto politico interno, è interessante analizzare come la pandemia abbia influenzato i rapporti di Manila con Washington e Pechino. Nel precedente articolo[11] avevamo osservato come la Dutertenomics avesse proseguito, seppur non in maniera lineare, quel progressivo avvicinamento nei confronti della Cina, che aveva guadagnato fette di influenza significativa all’interno dell’economia filippina. In questo solco, lo scorso giugno Duterte è arrivato addirittura ad annunciare la cancellazione del Visiting Forces Agreement (VFA), l’accordo che concede agli Stati Uniti la possibilità di inviare personale militare nell’arcipelago. In realtà la data di termine dell’accordo è stata già rinviata in due circostanze ed è adesso fissata per l’agosto di quest’anno. In realtà sono in corso da mesi intensi negoziati tra le due parti per un rilancio del VFA. Tuttavia, il rinnovo o rilancio del VFA è diventato merce di scambio nel dialogo con gli Stati Uniti, in prima battuta per la fornitura del vaccino anti-COVID-19.
La partita tra Washington e Manila è proseguita anche con il cambio di presidenza americana, mentre Duterte alla fine febbraio del nuovo anno annunciava con sospetto tempismo l’arrivo del primo lotto di seicentomila dosi di vaccino cinese, donate da Pechino. Quasi contemporaneamente, in un intervento pubblico, Duterte chiedeva agli Stati Uniti l’approvazione di un pacchetto di aiuti di sedici miliardi di dollari per il rinnovo del VFA. Riteniamo al momento improbabile una rottura del negoziato tra gli Stati Uniti e le Filippine, con l’espulsione del personale militare. Al netto della retorica e degli eccessi, Duterte sa benissimo che la presenza statunitense nella regione è una variabile fondamentale nel dialogo con la Cina, con la quale molti punti di frizione restano irrisolti malgrado l’oggettivo riavvicinamento tra i due Paesi.
Tornando, per concludere, alle dinamiche socioeconomiche interne, la menzionata crescita del consenso di Duterte, sebbene non possa essere data per scontata e nonostante rischi di creare gravi danni istituzionali di lungo periodo, in particolare in ambito di diritti umani e politici, costituisce un elemento a favore di una ripresa “a V” che a sua volta non farebbe che rinvigorire tale consenso, generando un meccanismo di reciproco rafforzamento tra la dimensione sociale e quella economica a vantaggio, nel breve termine, di una favorevole uscita del Paese dalla pandemia.
Note bibliografiche
[1] Taleb, N.N. (2010), The Black Swan: The Impact of the Highly Improbable Fragility, Londra: Penguin Random House, II ed.
[2] Dati consultabili online al link https://www.imf.org/external/datamapper/PCPIPCH@WEO/PHL?year=2021.
[3] Ibidem.
[4] Banca asiatica di Sviluppo (2020), Update. Wellness in Worrying Times, disponibile online al link https://www.adb.org/sites/default/files/publication/635666/ado2020-update.pdf.
[5] Ibidem.
[6] I dati sono stati estrapolati dal portale Worldometers, disponibile al link https://www.worldometers.info/coronavirus/.
[7] La legge è consultabile al link https://www.gov.ph/web/city-government-of-tabuk/policies/-/asset_publisher/piIi8KnTG7VF/content/executive-order-no-19-2020.
[8] Il rapporto di HRW sulla situazione dei diritti umani nelle Filippine è consultabile al link https://www.hrw.org/world-report/2021/country-chapters/philippines.
[9] Il testo integrale della mozione è disponibile al link https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/RC-9-2020-0290_EN.html.
[10] Financial Times (2021), Duterte Maintains Firm Support Despite Mishandling of COVID-19, 27 gennaio, disponibile online al link https://www.ft.com/content/47e7bfda-ad5f-4f1c-b16c-e1108679d623.
[11] Boario, M. e Gaspari, M. (2018), “Dutertenomics”, RISE – Relazioni Internazionali e International Political Economy del Sud-Est asiatico, 3 (4), pp. 24-26.
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