“La Cina che governerà il mondo sarà una Cina più conscia di sé, che trarrà forza dalla sua storia e dalle sue radici.” Ne è convinto Martin Jacques, autore del bestseller “When China rules the world”, che ha suscitato un ampio dibattito negli Usa e a livello internazionale sul futuro ruolo globale della Cina.
Nelle sue riflessioni sovente lei definisce la Cina come una potenza emergente e gli Stati Uniti come una potenza in declino. Ma ha anche aggiunto che le due potenze, benché rivali, hanno bisogno l’una dell’altra. In che termini?
Sicuramente la Cina ha bisogno degli Stati Uniti in termini economici, soprattutto come mercato per le sue esportazioni. Ma non si tratta solo di questo: gli Stati Uniti hanno un’influenza sul sistema internazionale che la Cina non ha. Nonostante le visioni dei due Stati siano diverse, la Cina beneficia della capacità statunitense di mantenere ordine nel sistema internazionale e non intende privarsi di questo asset mentre persegue il proprio sviluppo economico.
C’è stato un momento nella storia recente in cui le relazioni tra Cina e Usa hanno iniziato a cambiare in modo strutturale?
Non sono in realtà mai state relazioni statiche. Ad evolversi è stata soprattutto la Cina da quando ha intrapreso la strada della crescita economica, negli anni Novanta, e poi specialmente dopo il 2000. La crisi finanziaria del 2008 è poi stata un punto di svolta: sia la Cina che gli Stati Uniti hanno capito che qualcosa stava cambiando. La crisi è scoppiata in Occidente, riverberandosi anche in Cina, ma è risultata palese la difficoltà di Washington a gestire la situazione.
In una recente intervista lei ha dichiarato: “Se gli americani dicono qualcosa in maniera sbagliata otterranno dalla Cina una reazione sbagliata”. Come parlare alla Cina?
Gli Stati Uniti pretendono ancora che gli altri si adattino al loro modo di comportarsi, ma non è più possibile. La crisi economica ha cambiato profondamente il rapporto con la Cina, che non può più essere trattata dall’alto in basso: oggi è una potenza più forte dell’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. Il problema principale è degli Stati Uniti, non della Cina e durante l’amministrazione Bush questo “linguaggio sbagliato” è stato utilizzato troppe volte: l’America credeva di essere la sola potenza nel mondo, ma non è più così. Non ci si interroga nemmeno su cosa significhi “declino”, non c’è una sola idea su come gestire questa situazione, su come intervenire in maniera strategica. Certamente la storia dei legami tra Usa e Cina è lunga, più di quella tra Cina e Unione Europea; questo elemento stabilizza i rapporti, ma non è sufficiente. È necessario trovare un nuovo modo per parlare alla Cina, passando da una riconsiderazione dell’identità negli Stati Uniti anzitutto, ma anche in Europa.
La crescita cinese non è più una mera questione economica, essa influenzerà il sistema internazionale anche dal punto di vista sociale e culturale. Come rendere questo processo accettabile in Occidente?
È molto difficile fronteggiare la paura, profondamente occidentale, per l’impatto socio-culturale dell’ascesa cinese. I paesi in via di sviluppo non hanno granché da perdere dall’ascesa cinese. Anzi, il Sudest asiatico, in particolare, se ne sta avvantaggiando. Per quanto riguarda l’Occidente, la questione posta dalla domanda è davvero seria e risulta difficile rispondere. La mentalità occidentale è incentrata su se stessa, autoritaria: presuppone che il mondo sia un mondo occidentale, che il sistema internazionale sia concepibile esclusivamente secondo i nostri parametri. Crediamo che le nostre tradizioni, le nostre idee politiche, la nostra cultura siano quelle giuste, ma siamo totalmente impreparati, perché il mondo del futuro sarà formato anche da altri valori. Per più di un secolo la Cina si è dovuta adattare all’Occidente, ma questo tempo è finito. Non siamo così cosmopoliti come pretendiamo di essere. Ci stiamo avvicinando a un momento in cui dovremo imparare dai cinesi. Credo che si debba iniziare muovendosi, viaggiando, informandosi e trascorrendo dei periodi in Cina.
In futuro la Cina potrebbe in effetti diventare la potenza egemone a livello internazionale, ma di quale Cina si tratterebbe?
La Cina che governerà il mondo sarà una Cina consapevole di sé, forte, ricca e più a suo agio per quanto riguarda le sue radici e la sua storia. Per comprendere il potere americano oggi è necessario ripercorrere una storia fatta di schiavitù, di sottomissione di popoli, di colonizzazione, di battaglia per una costituzione resa poi “universale”, di una commistione di etnie. L’Asia, come il mondo intero, è stata influenzata da tutto questo, ma quella che governerà il mondo sarà una Cina più autentica, una Cina che diventerà sempre più cinese e meno occidentale.
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