Di recente il Dipartimento della Difesa USA ha pubblicato il Rapporto annuale al Congresso sugli sviluppi militari e di sicurezza riguardanti la Repubblica Popolare Cinese (Rpc). Si tratta di un atto dovuto, che ha sollevato poco più che una reazione di routine da parte del Ministero degli Esteri di Pechino, che si è limitato a ribadire la funzione meramente difensiva delle forze armate cinesi. Il portavoce ministeriale, Ma Zhaoxu, ha invece reagito con evidente stizza alla pubblicazione del Libro bianco annuale sulla difesa giapponese, diffuso dal governo di Tokyo nei primi giorni di agosto. Tacciate di irresponsabilità, le autorità nipponiche sono state richiamate alle responsabilità storiche del Giappone e invitate a non ostacolare lo sviluppo pacifico della Cina, impegnata a mantenere relazioni armoniose con i propri vicini.
Le preoccupazioni espresse da Tokyo sono riconducibili principalmente a tre aspetti della politica di difesa e sicurezza della Cina: la contraddizione tra il perseguimento di uno status di grande potenza anche in campo militare e le gravi carenze in fatto di trasparenza (tanto in campo dottrinale, quando in merito al bilancio per il comparto difesa); la scarsa plausibilità della retorica cinese sullo “sviluppo pacifico” alla luce della “Rivoluzione negli affari militari con caratteristiche cinesi” che ha portato ad un aumento degli armamenti offensivi dell’Armata popolare di liberazione (Apl) e delle attività in acque internazionali non legate alla questione taiwanese; e una politica assertiva nelle relazioni con altri paesi dell’Asia orientale, sottolineata da atteggiamenti al limite dell’intimidazione nella gestione delle controversie territoriali nel Mar della Cina meridionale e orientale.
Il rapporto di Washington fa i conti con una graduale erosione del primato statunitense in Asia orientale, per effetto anche dell’ammodernamento delle forze armate cinesi. Stando agli analisti statunitensi, se l’Armata Popolare di Liberazione riuscirà a integrare efficacemente le nuove dotazioni, la sua trasformazione in una forza militare moderna potrà dirsi completata entro il 2020, nel pieno rispetto dei tempi previsti. Questa evoluzione non sarà peraltro sufficiente a fare delle forze armate di Pechino un protagonista globale: il rapporto chiarisce che non risultano essere in corso particolari sforzi in questa direzione, giacché la dirigenza della Rpc continua a concentrarsi sulla propria regione (donde la differenza di toni tra il documento statunitense e quello giapponese, che pure si fonda in larga misura su fonti Usa).
Taiwan rimane un obiettivo prioritario nel concetto strategico cinese e, nonostante la distensione che si registra tra i due paesi dall’epoca dell’elezione di Ma Ying-jeou a presidente di Taiwan nel 2008, si ritiene che entro il 2020 le forze armate cinesi potranno contare su opzioni militari molto più diversificate (ed efficaci) rispetto al passato, inclusi nuovi strumenti di deterrenza nei confronti di altre potenze. Al contempo, Washington – pur consapevole dell’inesorabile mutamento dell’equilibrio di forze tra Rpc e Taiwan – non ha ancora sciolto la riserva sulla vendita di 66 nuovi velivoli F-16 alle forze armate taiwanesi: alla prudenza calcolata del presidente Obama si contrappone l’atteggiamento più deciso di vari membri del Congresso. Nel 2012 sia i cittadini statunitensi che quelli taiwanesi saranno chiamati alle urne per eleggere presidente e parlamento (in parte o in toto), mentre a Pechino l’attuale leadership inizierà a cedere il passo a una nuova generazione. Questo “ingorgo” elettorale e politico si proietta già sul delicato triangolo strategico Usa-Cina-Taiwan (sul punto si veda, ad esempio, il commento di Bonnie Glaser, del Center for Strategic and International Studies).
Per quanto l’orizzonte operativo delle forze armate cinesi rimanga essenzialmente regionale, vi sono due settori in cui lo sviluppo tecnologico dell’Apl ha un impatto globale, suscitando preoccupazioni negli Usa: lo spazio e la rete informatica internazionale. Il rapporto del Pentagono sottolinea come la Rpc concepisca lo spazio come sfera di competizione anche militare, notando come nel 2010 la Cina abbia effettuato un record di 15 missioni spaziali, ampliando al contempo la costellazione di satelliti dedicati a intelligence, sorveglianza, ricognizione, navigazione e meteorologia. L’obiettivo di Pechino non è soltanto lo sviluppo di un’infrastruttura difensiva, ma anche l’acquisizione di strumenti capaci di neutralizzare i flussi di informazione di altri paesi in caso di conflitto.
Una dinamica analoga – che poggia sulla dottrina della guerra “in condizioni di elevata informatizzazione” – riguarda il secondo ambito, quello cibernetico, di recente al centro dell’attenzione internazionale a causa di una serie di presunti attacchi di hacker attribuiti alle forze armate cinesi ai danni di imprese ed enti governativi occidentali. Gli attacchi cibernetici avvengono sovente con intenti di spionaggio industriale, volti a liberare quanto più possibile la Cina dalla dipendenza da tecnologie straniere. Se, come sostiene Adam Segal nel suo Advantage. How American Innovation Can Overcome the Asian Challenge, l’innovazione e la creatività sono fondamentali per il mantenimento del primato dell’Occidente e degli Stati Uniti in particolare, la tutela dei frutti dell’ingegno statunitense sarà sempre più cruciale.
D’altra parte, Pechino lamenta – a ragione – che anche i propri sistemi informatici sono sotto costante attacco da parte di soggetti che verosimilmente operano dagli Stati Uniti. In questo senso, Usa e Rpc hanno valide ragioni per lavorare insieme a una maggiore attività di controllo sulla rete informatica internazionale. Ma qui subentra una questione di principio riguardante la tutela delle libertà individuali: mentre Pechino persegue – insieme con Mosca (ma anche Delhi e altre democrazie non occidentali) – uno stretto monitoraggio e controllo ad ampio raggio, Washington si sforza di conciliare le esigenze della sicurezza nazionale con la tutela di quella libertà individuale che è uno dei suoi fondamenti costituzionali.
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