La Banca mondiale (Bm) ha di recente pubblicato i risultati di una indagine – condotta tra il 2011 e i primi mesi del 2013 – sulle imprese private che operano sul territorio della Repubblica popolare cinese (Rpc). Si tratta di un esercizio che la Bm ha sviluppato su larga scala, e che copre oggi una gran quantità di paesi a basso e medio reddito. L’obiettivo di queste indagini, che seguono una metodologia standard, e che si rivolgono a titolari o manager di imprese (impegnate per lo più nel settore manifatturiero) con più di cinque addetti, è quello di comprendere quali fattori influenzano il funzionamento del settore privato.
Nel caso specifico della Rpc, la disponibilità di dati originali su imprese private rappresenta una fonte informativa quanto mai preziosa, per almeno due motivi. Il primo è che, in un conteso in cui la grande industria statale o le imprese a proprietà estera hanno finora catalizzato l’attenzione degli studiosi e addetti ai lavori, questi dati ci offrono l’opportunità di comprendere meglio le dinamiche del settore privato, che include tra l’altro la gran parte delle imprese di minori dimensioni del paese. Inoltre, i nuovi dati consentono di leggere la performance delle imprese cinesi in chiave comparata, evidenziando quindi criticità e punti di forza che caratterizzano il settore privato rispetto a paesi simili in termini di reddito e struttura produttiva o rispetto alla media dei paesi in via di sviluppo.
La survey copre un totale di 2.700 imprese, distribuite in modo omogeneo tra le principali aree urbane del paese e tra i diversi comparti del manifatturiero. Il 22% delle imprese intervistate sono classificate come piccole (5-19 addetti), il 40% come medie (20-99), e il rimanente 38% come grande (>100). L’età media delle imprese intervistate è di circa 11 anni, mentre la loro struttura proprietaria è fortemente sbilanciata verso la piena proprietà privata (92% dei casi), per lo più a livello individuale.
Passando in esame le diverse sezioni di cui la survey si compone, il confronto con altre imprese che operano in contesti simili (Asia orientale) e, più in generale, nei paesi in via di sviluppo, mette in chiaro quali siano i punti di forza delle imprese cinesi. Al di là dei meri indicatori di performance (quali crescita delle vendite o della produttività), i cui valori risentono del periodo della crisi, quello che risalta dai dati riportati nelle tabelle 1 e 2 è la maggior dimestichezza delle imprese cinesi nell’utilizzo delle tecnologie per l’innovazione e la possibilità di operare in un ambiente economico relativamente più favorevole alla nascita e allo sviluppo del settore privato. Nello specifico, la Tabella 1 mostra che (forse a causa di una maggior integrazione con le imprese straniere) la gran parte delle imprese cinesi può vantare una certificazione di qualità riconosciuta a livello internazionale, così come una maggiore propensione all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione per la gestione delle attività legate al processo produttivo. Passando al contesto, la Tabella 2 mostra invece come, rispetto a imprese potenziali concorrenti di altri paesi non avanzati, quelle cinesi siano avvantaggiate da un ambiente più adatto: come è stato spesso affermato, le dotazioni infrastrutturali del paese consentono alle imprese di operare in modo stabile e continuativo, mentre la dimensione burocratica non appare certamente più sfavorevole che in altri contesti. A questo proposito, va anche segnalato come nelle risposte ad altre domande le imprese intervistate non segnalino particolari situazioni di debolezza nei rapporti con la pubblica amministrazione.
Altra fonte di vantaggio competitivo delle imprese cinesi sembra essere rappresentata dalla forza lavoro di cui dispongono (Tabella 3). Rispetto alle controparti dei paesi in via di sviluppo, le imprese cinesi sembrano mostrare maggior attenzione alla formazione e alla stabilizzazione dei lavoratori. D’altra parte, data la grande disponibilità di forza lavoro a basso costo, si registra una quota relativamente più elevata di lavoratori non qualificati, impiegati specialmente nel processo produttivo.
Passando agli ostacoli, la chiave comparata presenta un quadro molto interessante (Figura 1). Per le imprese cinesi, l’accesso al credito rappresenta l’ostacolo più serio all’operatività, seguito dalla concorrenza del settore informale, dalla tassazione e dalla mancanza di lavoro qualificato. Rispetto ad altri contesti, problemi legati all’instabilità politica, alla corruzione e alla sfera amministrativa – come mostrato anche in precedenza – sono percepiti in modo marginale.
L’accesso al credito è considerato come una delle principali determinanti dello sviluppo. Nel caso della Rpc il dato appena discusso non stupisce, considerando che il sistema bancario è ancora legato allo Stato e risulta poco efficiente per le imprese private, incluse quelle di grande dimensione, che spesso si spostano all’estero per raccogliere maggiori finanziamenti. Tra le imprese intervistate emerge infatti una minor propensione all’accesso al credito bancario, e un più forte ricorso a risorse proprie (Tabella 4).
Per concludere, al di là di problemi legati all’accesso al credito e ad altri ostacoli meno opprimenti, i nuovi dati messi a disposizione dalla Bm sembrano confermare precedenti analisi, che mostrano un un maggiore potenziale delle imprese cinesi, in termini di capacità operativa e produttività, rispetto a quelle degli altri paesi non avanzati.
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