Governance e politica nello Stato Rakhine

Informazioni tratte dai report settimanali (luglio e agosto 2021) preparati dalla Peace and Development Initiative-Kintha (PDI-Kintha) per conto dell’Arakan Humanitarian Coordination Team (AHCT). Elaborazione a cura di Lorraine Charbonnier

Nello Stato Rakhine, al confine occidentale del Myanmar, la United League of Arakan (ULA) e l’Arakan Army (AA) svolgono una serie di attività di governance, tra cui quelle relative a tasse, sicurezza, giustizia e, più di recente, contrasto alla pandemia di COVID-19. Il controllo e l’influenza dell’ULA-AA sono significativi nella maggior parte dei 17 distretti (township) dello Stato Rakhine, anche se la sua forza varia da zona a zona. L’apparato amministrativo dell’ULA-AA è articolato e include funzionari a livello regionale, distrettuale e di villaggio. In base alle interviste condotte dall’Arakan Humanitarian Coordination Team (AHCT) a inizio agosto 2021 sembra che la fiducia nel sistema giudiziario dell’ULA-AA sia alta, anche se è importante notare che molti degli intervistati lo hanno paragonato a quello del Tatmadaw – cioè della giunta militare birmana – e, quindi, non dovrebbe sorprendere che l’opinione sull’ULA-AA sia più positiva. Gli intervistati hanno anche detto all’AHCT che reputano l’ULA-AA più attenta rispetto alle questioni etniche. Un analista politico ha spiegato che “poiché nello Stato Rakhine ci sono molte sensibilità sulle questioni etniche e delle minoranze, l’ULA-AA […] sa che se succede qualcosa di male alle minoranze etniche la popolazione e la comunità internazionale li criticherà. Quando si tratta di questioni relative alle minoranze etniche, l’ULA-AA agisce in fretta perché vogliono avere una buona immagine e sanno che la loro reputazione può essere gravemente danneggiata se non gestiscono bene la situazione”.

In una molto discussa intervista con Arakkha Media, il 15 agosto, il comandante in capo dell’AA, Twan Mrat Naing, ha annunciato l’intenzione di includere maggiormente i ‘Musulmani’ nell’apparato amministrativo dell’ULA-AA. Riflettendo sui progressi fatti dalla rivoluzione dell’AA, il comandante ha dichiarato: “abbiano pianificato che loro [i Musulmani] partecipino di più alle attività dei nostri settori amministrativi e al lavoro di polizia, e abbiamo anche in programma di offrire loro una formazione sul lavoro d’ufficio, gestionale e legislativo. Dovremo fare ciò un passo alla volta”. In generale, l’annuncio del comandante è stato ben accolto nello Stato Rakhine, soprattutto considerando l’enfasi sulla collaborazione e l’inclusione delle diverse comunità. Tuttavia, molti osservatori hanno notato che il comandante non ha usato la parola ‘Rohingya’, riferendosi invece ai ‘Musulmani’. Altri hanno suggerito che l’annuncio sia stato un tentativo dell’AA di migliorare la propria immagine internazionale, anche a fronte delle accuse ricevute a luglio in merito agli abusi sui Rohingya. In effetti, il comandante Twan Mrat Naing è sembrato alludere alla questione quando ha affermato: “dobbiamo rimanere vigili […] per restare uniti. In tempi come questi, ci sono persone che vogliono dividerci. Ci sono alcune forze che sono ideologicamente diverse da noi. Mirano alle debolezze e ai bisogni della rivoluzione e ci attaccano costantemente per compromettere i nostri sforzi di state-building [costruzione dello stato]. Proprio quando stiamo cercando di interagire con la comunità internazionale, la nostra reputazione viene infangata”.

L’AHCT ha intervistato persone appartenenti a varie comunità etniche per capire le diverse percezioni e reazioni alle parole del comandante dell’AA. Un insegnante Rohingya ha precisato che, benché in passato il comandante Twan Mrat Naing abbia usato il termine ‘Rohingya’ nelle sue interviste, questa volta, ha parlato di ‘Musulmani’: “penso che avrebbe dovuto usare il termine ‘Rohingya’ anche in questa occasione se ci accetta come Rohingya. Per quel che mi riguarda, sono dispiaciuto che abbia usato il termine ‘Musulmani’ nella sua intervista. ‘Musulmano’ significa ogni persona musulmana nel mondo. ‘Rohingya’ significa persone musulmane del Myanmar. Se il comandante vuole riconoscerci come parte della popolazione dello Stato Rakhine dovrebbe usare un termine rappresentativo invece di chiamarci con il nome della nostra religione”. Nonostante il suo disappunto, però, l’insegnante ha affermato che dal suo punto di vista “la cittadinanza è più importante dei nomi. Che ci chiamino Kalar o Bengali o Rohingya. L’accesso alla cittadinanza per me è più importante del termine ‘Rohingya’”. Anche se durante l’intervista del 15 agosto non si è fatto riferimento all’inclusione di altre comunità nella nascente amministrazione dello Stato Rakhine, i leader di altri gruppi etnici hanno accolto favorevolmente le parole di Twan Mrat Naing. Un leader del gruppo etnico Khamee ha spiegato che storicamente il Rakhine è stato la patria di una grande varietà di gruppi etnici, che hanno tutti subito discriminazioni da parte del governo del Myanmar. Allo stesso tempo, ha aggiunto, la comunità Rakhine era il gruppo etnico più potente nello Stato Rakhine e ha assoggettato e discriminato a sua volta le altre comunità etniche. Questo ha compromesso la fiducia e causato tensioni inter-comunitarie. L’uomo ritiene però che le dichiarazioni del comandante Twan Mrat Naing segnalino un cambiamento nell’atteggiamento dei cittadini Rakhine, cosa che lui giudica positiva per tutta la popolazione dello Stato Rakhine: “nella situazione corrente, l’opinione dei Rakhine sta cambiando e sono più disposti ad accettare l’idea che tutte le minoranze etniche dovrebbero essere incluse nelle questioni dello Stato Rakhine senza essere discriminate. Nella sua intervista, il comandante Twan Mrat Naing ha detto che anche gli altri gruppi etnici che vivono nello Stato Rakhine sono cittadini Arakan/Rakhine, non solo i Rakhine”.

L’espansione del ruolo amministrativo dell’ULA-AA arriva in un momento in cui il gruppo è sempre più in competizione con il Tatmadaw per la legittimità e il controllo territoriale nello Stato Rakhine. In questo senso, alcune attività recenti del Tatmadaw – come l’obbligo per le comunità Rakhine di segnalare eventuali ospiti, il controllo dei veicoli o il dispiegamento di truppe nel nord dello Stato Rakhine – possono essere interpretate come un tentativo di contrastare l’autorità dell’AA e riaffermare il proprio controllo a livello locale. A prescindere dall’appartenenza etnico-nazionale, tutte le comunità dello Stato Rakhine si ritrovano quindi a dover trovare un punto di equilibrio tra i due: “la gente in Rakhine ha paura di entrambe le parti”, ha detto un residente dell’area di Maungdaw, perché “potrebbero avere problemi se si trovassero tra i due tipi di governo”. Similmente, un leader della società civile Rakhine ha detto che “un aspetto importante è che la gente ha paura di entrambe le parti, [la giunta militare] e l’AA. Non si sa se seguire le regole dell’AA o quelle de[lla giunta]”. La stessa persona ha anche sottolineato che più le due parti si sfidano per affermare la propria autorità o legittimità, più la vita delle comunità del Rakhine diventa dura: “quando l’AA porta avanti le sue attività amministrative, [il Tatmadaw] risponde cercando di dar prova della propria superiorità e di controllare la gente in modo ancora più rigido di prima. La gente teme anche conflitti tra i due”.

Il 1° agosto, la giunta militare ha annunciato la creazione di un governo “di transizione”, di cui è alla guida il generale Min Aung Hlaing, il comandante in capo del Tatmadaw. Il governo “provvisorio” resterà in carica fino a quando non si potranno svolgere nuove elezioni, cosa che secondo i militari non avverrà più tardi di agosto 2023. A seguito di questo annuncio, l’AHCT ha intervistato diversi leader della società civile, analisti politici e altri residenti dello Stato Rakhine per cogliere la prospettiva locale. La maggior parte degli intervistati ha convenuto che l’annuncio era una manovra politica dei militari per cercare di alleggerire la pressione internazionale e presentare un volto più “civile” alla comunità internazionale: “ora la giunta militare tenterà un cambio d’abito” ha commentato un leader della società civile Rakhine. Gli intervistati non ritengono che il nuovo annuncio possa influenzare le relazioni tra il Tatmadaw e l’ULA-AA, anche se riconoscono le crescenti preoccupazioni della popolazione circa una possibile ripresa del conflitto nello Stato Rakhine. “Penso che la giunta militare non voglia aprire un fronte nello Stato Rakhine in questo momento. Se ciò avvenisse, causerebbe molti danni all’amministrazione militare” ha detto un osservatore politico. Ha poi aggiunto che “se la situazione politica nel resto del Myanmar si stabilizza, ci saranno scontri tra l’AA e i militari sul fronte Rakhine”, notando che il Tatmadaw potrebbe risentire del fatto che l’ULA-AA abbia cercato di espandere le proprie responsabilità amministrative nello Stato Rakhine mentre la situazione nel resto del paese era così instabile.

Un altro punto centrale delle interviste condotte dall’AHCT a inizio agosto riguardava le possibili elezioni nel 2023. Un rappresentante della società civile Rakhine ha affermato che “non c’è fiducia in altre elezioni gestite dai militari. La gente del Rakhine non crede né nelle elezioni né nel governo di transizione. Il popolo del Rakhine ha fiducia nell’ULA-AA. Credo che i partiti Rakhine correranno per le elezioni, così potranno essere eletti e parlare a nome dei Rakhine in parlamento”. Nella sua intervista con l’AHCT, invece, il presidente dell’Arakan National Party (ANP), U Thar Htun Hla, si è detto meno sicuro della partecipazione del suo partito alle elezioni del 2023, argomentando: “in un discorso fatto il giorno del colpo di stato militare, il generale Min Aung Hlaing ha detto che le elezioni si sarebbero tenute entro un anno. In un’intervista con i media internazionali ha dichiarato che lo stato di emergenza della durata di un anno sarebbe stato prorogato due volte per sei mesi ciascuna fino a un totale di due anni. Sei mesi dopo il golpe, ha detto che nuove elezioni si sarebbero tenute nel 2023. Quindi, stando alle sue parole, ci sono tre diverse date per le elezioni. Dobbiamo chiedere di nuovo a Min Aung Hlaing se i nostri partiti potranno effettivamente partecipare alle elezioni, e se queste avranno effettivamente luogo nel 2023”.

Mentre la situazione in Myanmar continua a deteriorare, ci sono stati dubbi sul posizionamento della società civile Rakhine e vi è l’impressione che i Rakhine non abbiano fatto sentire la propria voce sugli abusi commessi dai militari nel paese. Dopo il colpo di stato del 1° febbraio 2021, i gruppi della società civile del Rakhine hanno rilasciato qualche dichiarazione pubblica per condannare la presa di potere da parte dei militari. Tuttavia, ad oggi, le espressioni pubbliche di resistenza sono state poche e le attività anti-golpe limitate. “Le organizzazioni della società civile del Rakhine hanno legami con quelle di altre regioni e quando le incontriamo, ci chiedono perché i Rakhine non prendano le parti degli altri oppositori al regime” ha raccontato all’AHCT un leader della società civile Rakhine. Anche tra i diversi gruppi della società civile Rakhine ci si chiede perché la comunità sia meno esplicita di altre nell’opporsi al colpo di stato e si teme che questo possa alimentare le tensioni tra le etnie. “Essendoci legami formali e informali tra le organizzazioni della società civile di tutto il paese, le tensioni sono ridotte in una certa misura” ha spiegato il rappresentante della società civile intervistato dall’AHCT, sottolineando però che senza queste interazioni la percezione generale potrebbe essere che i Rakhine non si preoccupino della situazione del resto del paese o della sofferenza di altre comunità.

Le ragioni alla base del relativo silenzio della società civile Rakhine sono complesse e derivano dalla lunga storia di discriminazione ed emarginazione subite dal popolo Rakhine per mano dello stato birmano, dalla situazione di insicurezza, dall’impatto del conflitto tra l’AA e il Tatmadaw, dalla paura di nuove ondate di violenza, e dall’esistenza di visioni diverse per il futuro del Myanmar. Secondo un leader della società civile Rakhine “ci sono due ragioni per cui le comunità Rakhine e le organizzazioni della società civile si fanno sentire sulla situazione del resto del Myanmar. La prima ragione è che molti gruppi etnici, tra cui i Rakhine, hanno già pagato molto e sono rimasti al fianco dell’Unione del Myanmar [in passato], ma l’Unione ha ignorato i nostri bisogni e le nostre richieste. La seconda ragione è che in questo momento non c’è una guerra nello Stato Rakhine. Dopo un lungo periodo di combattimenti e sfollamenti le persone temono un nuovo conflitto e cercano di dare priorità alle proprie esigenze economiche e di sussistenza”. La stessa persona ha però precisato che il fatto che i gruppi Rakhine non si siano esposti pubblicamente in modo così esplicito come altri, non vuol dire che non si siano opposti al colpo di stato: “tutto ciò che posso dire è che alcune delle dichiarazioni rilasciate dai gruppi birmani includono organizzazioni della società civile del Rakhine senza mostrarne il nome per ragioni di sicurezza. Dopo il colpo di stato, non ci sono tensioni tra gli attivisti Rakhine e quelli di altre regioni del Myanmar. Loro sanno quanto i nostri gruppi etnici abbiano sofferto durante il conflitto”.

Un’altra ragione del relativo silenzio del popolo Rakhine risiede nelle sue aspirazioni politiche e soprattutto in quelle espresse dall’AA, anch’essa rimasta relativamente in silenzio circa il colpo di stato. Recentemente, in un discorso per celebrare la fondazione dell’AA, il comandante in capo Twan Mrat Naing ha ricordato alle comunità Rakhine che possiedono il loro “sogno Arakan” (o “way of Rakhita”, letteralmente la “via di Rakhita”), al centro del quale c’è il ritorno alla sovranità dell’Arakan (Rakhine). “Il popolo Rakhine ha il proprio esercito, l’AA, e seguono la direzione politica dell’AA” ha commentato un membro del sindacato studentesco Bamar (la maggiore etnia birmana) a Yangon. Anche un attivista della minoranza Kachin ha sottolineato il ruolo dell’AA nelle dinamiche politiche del Rakhine e nelle reazioni al colpo di stato: “le comunità Rakhine, incluse le organizzazioni della società civile e i media locali, sono più unite e solidali tra loro di qualsiasi altra etnia in Myanmar. Sono davvero concentrate sul loro obiettivo, la way of Rakhita, più che su un futuro comune come un’unione del Myanmar”. L’attivista ha però riconosciuto che le comunità dello Stato Rakhine hanno sofferto per anni a causa del conflitto, della violenza e dei disastri naturali: “questa sofferenza è il motivo per cui non abbiamo visto i Rakhine fare dichiarazioni o discorsi sulle questioni del Myanmar”. Analogamente, una studentessa universitaria Bamar ha detto all’AHCT che comprende perché le comunità Rakhine possano non voler esporsi sulla situazione nel resto del paese, soprattutto se farlo può metterle in pericolo: “la gente del mainland [Myanmar centrale] non si è fatta sentire sulle questioni del Rakhine in passato, quindi i Rakhine non si fanno sentire sulle questioni attuali… Loro hanno storicamente sofferto molto e penso che anche io farei lo stesso al loro posto. Sembra che la popolazione Rakhine non si fidi più del mainland e senta di dover combattere da sola. In futuro, vorrei più unione tra le diverse comunità etniche”.


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