Anno dopo anno la popolazione cinese diventa sempre più ricca, ma anche il divario tra i redditi è in costante aumento. Quest’ultimo fenomeno ha due aspetti: il divario tra aree urbane e zone rurali, e quello tra residenti all’interno delle stesse aree urbane. Analizzando i dati dal 1990 fino al 2004, in particolare, si nota che il rapporto tra città e zone rurali è cresciuto da 1,8 fino a 3,4 volte, e da allora è rimasto più o meno stabile.
Un’ulteriore misura del divario di reddito è il coefficiente Gini che, su una scala da 0 (massima uguaglianza) a 1 (massima disuguaglianza), vede la Cina già vicina a quota 0,5, il che indica come in questo paese, che fu un bastione del socialismo reale, oggi una piccola fetta della popolazione detiene un’ampia porzione della ricchezza. Molti analisti ritengono che questa condizione comporti rischi di conflitto sociale che il governo cinese deve rapidamente disinnescare. Ma siamo sicuri che il dibattito abbia ben focalizzato i termini del problema?
In primo luogo occorre notare come l’utilizzo del Pil procapite come criterio per quantificare il reddito personale non sia adeguato, dal momento che il reddito personale è soltanto una delle componenti del Pil. Negli ultimi anni, a fronte di una crescita del Pil elevata, non si è riscontrato un altrettanto veloce incremento dei salari e, quindi, il rapporto tra reddito personale e Pil è sceso da un massimo di 65% nel 1990 al 43% di oggi.
Si prenda Shanghai come esempio: sebbene in questa città, considerata la più ricca della Cina, il Pil pro-capite sia pari a circa 8.300 euro annui, il reddito pro-capite netto si aggira intorno ai 3.200 euro, appena un terzo del valore del Pil pro-capite e al di sotto della media urbana nazionale. Ragionando in questi termini, si scopre poi che il reddito pro-capite a Shanghai è soltanto il doppio di quello percepito in città delle province meno avanzate della Cina, come, ad esempio, il Sichuan. Il divario di reddito tra le aree più ricche e quelle più povere della Rpc appare dunque ben più limitato rispetto alle indicazioni che usualmente vengono fornite.
Un altro argomento spesso menzionato nel dibattito in Occidente – ma anche nel mondo accademico cinese – è che la differenza di reddito può creare tensioni sociali. Non è detto. Un’interessante ricerca condotta da Lu Ming, docente di economia presso la Fudan University di Shanghai, mostra come gli individui non provino necessariamente infelicità o insoddisfazione alla vista del benessere altrui. Lu utilizza l’esempio del traffico: quando ci troviamo in auto, bloccati nel traffico, avvertiamo un senso di impotenza e frustrazione: non c’è nulla che possiamo fare per migliorare la nostra condizione. Quando, però, alcune automobili più avanti – non importa quanto distanti, o quanto lentamente – cominciano a procedere, la frustrazione lascia spazio a un senso di attesa. Adesso c’è qualcosa a cui aspirare e, sebbene si sia ancora allo stesso punto, si può immaginare che venga il nostro turno. Le macchine avanti, che avanzano per prime, possono rappresentare appunto gli strati della popolazione il cui reddito aumenta per primo.
L’aumento del divario di reddito resta una questione da monitorare con attenzione, dal momento che è probabile che continui nel corso del prossimo decennio. Non è impossibile adottare misure che possano mitigare il problema, come riforme del sistema fiscale, l’aumento delle buste paghe dei lavoratori, e la revisione delle attuali politiche riguardanti i flussi migratori tra zone rurali e città. Il programma di ricerca del Global Policy Institute presso la London Metropolitan University si focalizza oggi proprio su questi temi, esplorando la possibilità di concepire un modello di sviluppo alternativo, che invece di trasformare ex-contadini in cittadini poveri, miri a trasformare il settore agricolo in un business di successo, in modo che il reddito dei contadini possa aumentare al punto che questi non lasciano più le proprie terre.
Ciò che non è prudente è cercare di ridurre il divario di reddito nella società cinese “bloccando le automobili davanti”. Solo se le prime auto si mettono in moto, anche quelle più indietro possono progredire.
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