Come ormai è noto ai più, gli investimenti massicci che la Cina sta facendo nel continente africano hanno una duplice finalità: approvvigionamento di risorse naturali (petrolio e gas naturale, minerali) di cui il Paese è particolarmente carente, e creazione di una piattaforma produttiva per sopperire all’aumento del costo del lavoro (+22% dei salari minimi nel 2011 secondo il Financial Times). Oltre ad assicurare un sempre crescente flusso di investimenti diretti esteri, la Cina intende progressivamente estendere la propria influenza in Africa attraverso la diffusione della propria lingua da una parte, e offrendo incentivi contrattuali ai lavoratori cinesi espatriati dall’altra.
Emblematico è il caso del Ghana, uno Stato dell’Africa occidentale piuttosto piccolo (25 milioni di abitanti), ma assai ricco di risorse naturali. Il Ghana, pur pesando poco in termini assoluti sia a livello di Pil prodotto sia per numero di abitanti, è un case study di successo che illustra come i soft skills cinesi abbiano permesso al gigante asiatico una penetrazione in Africa en douceur.
I primi immigrati di etnia cinese in Ghana provenivano da Hong Kong e approdarono all’inizio degli anni Cinquanta quando entrambi i territori erano ancora parte dell’impero britannico. La migrazione dalla Cina si intensificò poi negli anni Novanta, e le prime aziende erano ristoranti o lavoravano nell’import-export. Oggi, il Ghana conta circa 2.000 cinesi operativi soprattutto nei settori trainanti dell’economia ghanese: il mining, le infrastrutture (la Cina ha ottenuto un appalto per costruire 1.314 km di ferrovie) e le telecomunicazioni. La presenza cinese è molto vistosa nella capitale Accra, una metropoli che conta più di un milione e mezzo di abitanti e dove si concentra circa il 70% di tutta la produzione ghanese.
La Cina non poteva non far leva su due drivers endogeni che, fra loro correlati, spiegano l’attuale crescita del Pil ghanese, +14% nel 2011 (+8 punti percentuali rispetto al 2010): da una parte, la presenza di una domanda interna in crescita grazie a una popolazione molto giovane (secondo i dati pubblicati dal Population Reference Bureau, il 40% ha meno di 15 anni mentre solo il 4% ne ha più di 65), e dall’altra un mercato in continua evoluzione soprattutto in ambito tecnologico (crescente penetrazione degli smartphone e conseguente adozione della tecnologia 3G da parte del mass market).
Ad Accra sono molti i manager cinesi tra i 27 e i 30 anni che sbarcano nel paese e pianificano di restare in loco almeno due o tre anni sacrificando la propria vita privata. Specifici incentivi contrattuali e rosee prospettive di carriera sono le motivazioni alla base di questa scelta di vita.
Ulteriore prova di questo interessamento della Cina per il Ghana è il fatto che ormai molte filiali di multinazionali cinesi abbiano cominciato ad impartire lezioni di mandarino, almeno una volta a settimana, specificatamente indirizzate ai numerosi dipendenti ghanesi presenti nelle aziende. Come dire che, almeno in Ghana, il business non parla più inglese bensì la lingua di Confucio.
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