Il 3 ottobre 1979 entravano nel porto di Shanghai due navi della Marina militare italiana, il cacciatorpediniere Ardito e la fregata Lupo. La città costituiva la tappa cinese della ventiquattresima campagna oceanica italiana intorno al mondo, condotta dal 6° Gruppo navale tra il luglio 1979 e il febbraio 1980. Si trattava di una visita storica: a nove anni dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche fra la Repubblica italiana e la Repubblica popolare cinese, e a pochi mesi dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche fra quest’ultima e gli Stati Uniti, Nave Ardito e Nave Lupo erano le prime navi militari di un paese membro della NATO a entrare in un porto della Cina continentale.[1] Nel ricordo dell’ammiraglio di squadra Umberto Guarnieri, allora comandante di Nave Lupo, l’accoglienza fu trionfale. Enormi striscioni rossi rivolgevano agli equipaggi slogan di benvenuto in cinese e in italiano: “Viva l’amicizia tra il popolo cinese e il popolo italiano!”, “Appoggiamo risolutamente la lotta dei popoli europei contro l’egemonismo” (sovietico), “Italia e Cina uniti contro il comune nemico” (l’Unione Sovietica). Nei cinque giorni di visita a Shanghai, Nave Lupo – gioiello della cantieristica italiana e simbolo del livello di progresso tecnologico allora raggiunto dal paese – avrebbe ricevuto a bordo oltre 1.500 visitatori, inclusa un’imponente delegazione di circa 200 militari e tecnici cinesi, guidata dal Ministro della difesa nazionale.[2]
A dispetto di un così promettente esordio, la cooperazione in ambito navale fra Italia e Cina è rimasta a lungo limitata. Se le Marine militari rappresentano tradizionalmente uno strumento privilegiato di contatto fra Stati – grazie alla loro elevata mobilità, che consente di “portare la bandiera e il potere di una nazione ai quattro angoli del globo”, e grazie alla “straordinaria impressione” che la vista di navi da guerra suscita, come notava Hans Morgenthau[3] – la distanza che separa Italia e Cina ha tuttavia contribuito per decenni a limitare le concrete occasioni di interazione in questo particolare ambito. Così, bisognerà attendere quasi vent’anni per una nuova visita di una formazione navale italiana in Cina. Nel 1996 la venticinquesima campagna oceanica intorno al mondo portava nuovamente a Shanghai il 27° Gruppo navale costituito dal cacciatorpediniere Durand de la Penne e dal pattugliatore Bersagliere.[4] È l’inizio di una nuova fase, che vedrà interazioni crescenti fra le due Marine: una fase, tuttavia, in cui le occasioni per tali interazioni saranno sempre più create non tanto dalla proiezione della Marina militare italiana in Asia orientale – la campagna oceanica del 1996-97 resta infatti per ora l’ultima – quanto dalla inedita e crescente proiezione della Marina dell’Esercito popolare di liberazione (Epl) verso Occidente.
Tale proiezione si inserisce in una più generale espansione degli orizzonti spaziali della politica di difesa cinese al di là del perimetro regionale. Negli ultimi tre decenni, e in particolare in seguito all’ammissione della Cina all’Organizzazione Mondiale del Commercio nel 2001, l’integrazione del paese nel tessuto dell’economia internazionale globalizzata ne ha accresciuto la dipendenza da spazi localizzati al di fuori della sua tradizionale periferia (zhōubiān, 周边). L’importazione di materie prime, a partire dagli idrocarburi, è risultata essenziale per alimentare i processi produttivi interni, mentre paesi sempre più lontani diventavano mercati di sbocco delle merci “Made in China”.[5] In anni più recenti si sono inoltre intensificati gli investimenti diretti esteri cinesi, con il crescente attivismo di imprese cinesi nelle più disparate regioni del pianeta e il conseguente stabilimento di nuove comunità di lavoratori cinesi all’estero.[6] La garanzia di un persistente sviluppo economico e sociale – identificata come “interesse essenziale” (héxīn lìyì, 核心利益) nel 2011 – veniva dunque a dipendere sempre più da sviluppi localizzati al di fuori dell’orizzonte regionale.[7] La protezione degli “interessi all’estero” (hǎiwài lìyì, 海外利益) diveniva così a tutti gli effetti uno degli obiettivi della politica di difesa cinese, come affermato nel 2013 nel Libro bianco sull’impiego diversificato delle Forze armate cinesi.[8]
Questa espansione del perimetro degli interessi meritevoli di tutela si è tradotta nella parallela revisione della dottrina militare dell’Epl. In primo luogo, si è progressivamente esteso il raggio d’azione delle Forze armate cinesi, come evidenziato in particolare dall’evoluzione della dottrina navale. Si tratta di un processo graduale, che ha le sue origini negli anni Ottanta, ma visibile in particolar modo nell’ultimo decennio. Quando, nel 1979, Nave Ardito e Nave Lupo visitavano Shanghai, la Marina dell’Epl restava ancorata alla dottrina della “difesa costiera” (jìn’àn fáng yù, 近岸防御), che limitava il perimetro operativo delle forze navali alle sole acque prospicienti le coste. Nel corso degli anni Ottanta la dottrina della “difesa nei mari vicini” (jìnhǎi fángyù, 近海防御) ampliò considerevolmente tale perimetro, sino a includere per intero gli spazi marittimi regionali costituiti da Mar giallo, Mar cinese orientale e Mar cinese meridionale. A partire dagli anni Duemila si è verificato un graduale e selettivo superamento di questo perimetro meramente regionale, con una crescente proiezione verso “mari lontani” (yuǎnhǎi, 远海).[9] Così, pur riaffermando la dottrina della difesa nei mari vicini, il Libro bianco sulla difesa nazionale del 2008 menzionava per la prima volta il potenziamento della “cooperazione in mari lontani”.[10] Si è da allora consolidata la definizione di un duplice orizzonte operativo per le Forze navali cinesi: da un lato un orizzonte regionale ampiamente definito (i mari vicini) entro cui la Marina dell’Epl è chiamata a operare ad ampio spettro; dall’altro un orizzonte potenzialmente globale (i mari lontani) entro cui operare selettivamente e in una prevalente logica di cooperazione con altri attori. Come si afferma nel Libro bianco sulla difesa nazionale nella nuova era del 2019, la Marina dell’Epl sta così “accelerando la transizione da operazioni di difesa nei mari vicini a operazioni di protezione nei mari lontani”.[11]
Parallelamente al perimetro operativo, la dottrina militare ha ampliato i compiti delle Forze armate al di là dell’ambito strettamente bellico. L’integrazione della Cina nella rete delle interdipendenze internazionali ha infatti prodotto una percepita diversificazione delle minacce alla sicurezza nazionale, con un intreccio sempre più stretto tra minacce tradizionali e non tradizionali e tra minacce esterne e minacce interne. Di qui l’introduzione del concetto di “operazioni militari non belliche” (fēi zhànzhēng jūnshì xíngdòng, 非战争军事行动), che riprende il concetto di “military operations other than war” (MOOTW) in uso nella dottrina militare statunitense di metà anni Novanta. Sostenuto inizialmente soprattutto dalla dirigenza civile, tale concetto è stato infine pienamente abbracciato anche dalla dirigenza militare in seguito alle difficoltà riscontrate nelle operazioni di evacuazione dei circa 36.000 cittadini cinesi presenti in Libia all’inizio della guerra civile nel febbraio-marzo 2011.[12] Nel 2013 veniva così pubblicato il citato Libro bianco sull’impiego diversificato delle Forze armate cinesi, in cui si delineava una duplice diversificazione delle missioni dell’Epl. Da un lato, in continuità con la lunga tradizione delle Forze armate cinesi come esercito di Partito, si riaffermava il loro ruolo interno nel mantenimento della stabilità e nel sostegno alle politiche pubbliche del Partito-Stato.[13] Dall’altro lato – e qui è l’elemento di novità – si evidenziava l’impegno dell’Epl al di fuori del territorio nazionale in missioni di natura non bellica, quali la protezione di interessi cinesi all’estero, la partecipazione alle operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite e la protezione della sicurezza delle vie di comunicazione marittima.
All’evoluzione della dottrina si è accompagnato il potenziamento delle capacità necessarie a operare fuori area. Proprio questo aspetto rappresenta in effetti un elemento di discontinuità nel processo di modernizzazione militare che ha avuto inizio negli anni Ottanta. Se infatti in passato gli sforzi si erano concentrati prevalentemente sul potenziamento delle capacità di interdizione in ambito regionale (con particolare riferimento allo scenario di un conflitto nello stretto di Taiwan), negli ultimi due decenni considerevoli investimenti sono stati destinati anche al potenziamento delle capacità di proiezione a più lungo raggio. Emblematico è in questo senso il programma delle portaerei. Una prima nave, la Liaoning, venne consegnata alla Marina dell’Epl nel 2012, dopo lunghi lavori sullo scafo di costruzione sovietica importato dall’Ucraina alla fine degli anni Novanta, e ha infine raggiunto la capacità operativa iniziale nel 2018. Una seconda portaerei, la Shandong, basata sul modello della Liaoning ma di produzione nazionale, è stata consegnata nel 2019, mentre è attualmente in costruzione una terza portaerei, di progettazione interamente nazionale, che si ritiene presenterà significativi miglioramenti in particolare nel sistema di decollo degli aerei imbarcati.[14] Parallelamente, si segnala il sostenuto ritmo di costruzione e consegna di nuovi cacciatorpediniere (classi Luyang-III – tipo 052D e Renhai – tipo 055), navi d’assalto anfibio (LPD classe Yuzhao – tipo 071, LHD classe Yushen – tipo 075) e rifornitrici di squadra (classe Fuyu – tipo 901).[15] Accanto alla modernizzazione dei sistemi di difesa, un passo cruciale nel potenziamento delle capacità necessarie a operare fuori area è stato compiuto nel 2017 con lo stabilimento della prima base militare cinese all’estero, la “base di supporto” (bǎozhàng jīdì, 保障基地) di Gibuti. Questo sviluppo, che segna una netta cesura con la tradizionale politica cinese di “non operare basi all’estero”, rafforza significativamente le capacità di proiezione in una regione di notevole rilevanza strategica, all’intersezione fra Corno d’Africa e Medio Oriente.
L’evoluzione dottrinale e il potenziamento delle capacità di proiezione costituiscono i presupposti per il crescente attivismo fuori area manifestato nel nuovo secolo dalle Forze armate cinesi e in primo luogo, ancora una volta, dalla Marina. Quest’ultima ha anzitutto ampliato i propri programmi di navigazione oceanica e visite all’estero. Dopo le prime visite nel continente americano e in Oceania nella seconda metà degli anni Novanta, distanza e frequenza delle visite sono notevolmente cresciute a partire dai primi anni Duemila, con il primo periplo del globo compiuto nel 2002 dal cacciatorpediniere Qingdao e dalla rifornitrice Taicang. Parallelamente, la Marina dell’Epl iniziava a utilizzare le visite per condurre esercitazioni congiunte con Marine straniere, a partire dall’esercitazione di ricerca e soccorso condotta nel Mar arabico settentrionale con la Marina del Pakistan nel 2005.[16] Pochi anni dopo, questa crescente proiezione fuori area sarebbe culminata nel primo dispiegamento in compiti operativi al di fuori dei mari dell’Asia orientale. Nel gennaio del 2009, una formazione navale composta dai cacciatorpediniere Wuhan e Haikou e dalla rifornitrice Weishanhu raggiungeva il Golfo di Aden per condurre operazioni a garanzia della sicurezza di navi e personale cinese in transito nella regione e dei trasporti umanitari del Programma alimentare mondiale e di altre organizzazioni internazionali. Da allora, la Cina ha attivamente contribuito alle attività internazionali di contrasto della pirateria nel Golfo di Aden, mantenendo una presenza continuativa nella regione attraverso l’avvicendamento di 36 successive formazioni navali.[17] Secondo i dati ufficiali cinesi, sono oltre 6.600 le imbarcazioni cinesi e straniere cui la Marina dell’Epl ha offerto protezione in questi anni tramite la propria “missione di scorta” (hùháng rènwù, 护航任务), e oltre 70 quelle cui è stata offerta assistenza in situazioni di emergenza.[18]
Questa espansione delle attività fuori area ha creato i presupposti per il rafforzamento della cooperazione con paesi che per la Cina erano tradizionalmente al di fuori del perimetro delle interazioni in ambito di difesa. Proprio il dispiegamento di unità navali nel Golfo di Aden ha favorito i contatti con la Marina militare italiana, pure impegnata nella regione all’interno dei dispositivi navali dell’Unione Europea e della NATO. In questo contesto, varie forme di cooperazione sono state sperimentate dalle due Marine: dallo scambio di visite a bordo, all’organizzazione di esercitazioni congiunte, sino alla cooperazione operativa nella conduzione delle attività di contrasto della pirateria. Significative interazioni hanno avuto luogo, per esempio, nella prima metà del 2013, nei mesi in cui l’Italia ha guidato con Nave San Marco il Secondo gruppo navale permanente della NATO impegnato nell’Operazione Ocean Shield nel Golfo di Aden. Allo scambio di visite a bordo da parte dei comandanti delle due formazioni in gennaio, seguiva in aprile un’esercitazione congiunta con il primo appontaggio di un elicottero italiano su di un’unità cinese (il cacciatorpediniere Harbin). A giugno, in occasione di una visita del comandante della formazione cinese a bordo di Nave San Marco, veniva quindi realizzato il primo appontaggio di un elicottero cinese su di un’unità italiana. Nello stesso mese, una delegazione cinese partecipava ad attività di assistenza sanitaria condotte dal team medico di bordo di Nave San Marco. Secondo il Ministero della difesa italiano, le interazioni fra le due Marine nella prima metà del 2013 hanno rappresentato non solo un importante passo in avanti nella cooperazione bilaterale, ma anche un originale contributo dell’Italia all’avanzamento della cooperazione fra NATO e Cina.[19]
Più di recente, lo stabilimento della base cinese a Gibuti ha creato il presupposto per ulteriori interazioni tra forze cinesi e italiane nella regione. La Base militare italiana di supporto (BMIS) è stata in effetti il primo fra gli apprestamenti militari internazionali presenti a Gibuti a essere visitato da una delegazione cinese: il 25 agosto 2017, poche settimane dopo l’inaugurazione della base cinese, una delegazione guidata dal comandante della base e dal suo commissario politico veniva accolta dal comandante della BMIS, una cui rappresentanza veniva quindi invitata a bordo della nave ospedale cinese Arco di pace, in sosta a Gibuti.[20] A questo primo scambio di visite seguiva, nell’aprile del 2018, un’attività di addestramento bilaterale in ambito sanitario, incentrata sulla simulazione di un “mass casualty incident” (MASCAL).[21] Nell’ottobre dello stesso anno, Nave Martinengo – dislocata nel Golfo di Aden all’interno del dispositivo EU NAVFOR – ha condotto un’esercitazione bilaterale di evacuazione medica congiunta (MEDEX) con il team sanitario della base cinese.[22]
Un secondo teatro di interazione fra Italia e Cina è sempre più rappresentato dallo stesso Mar mediterraneo, cui la proiezione navale cinese si è gradualmente estesa a partire dal Golfo di Aden. Tradizionalmente lontano dalla sfera di interessi della Cina, il Mar mediterraneo ha acquisito importanza crescente per Pechino sin dall’inizio degli anni Duemila, parallelamente all’intensificarsi delle interdipendenze economiche fra la Cina e la regione del Mediterraneo allargato.[23] Come indicano i dati ChinaMED, dal 2001 sono aumentate le importazioni cinesi dalla regione, così come gli investimenti diretti esteri cinesi ivi indirizzati e il numero di lavoratori cinesi presenti.[24] Al tempo stesso, il Mar mediterraneo è divenuto sempre più importante sia come destinazione sia come area di transito per i traffici marittimi per la Cina e dalla Cina.[25] Nell’ultimo decennio, gli interessi cinesi nella regione sono stati esposti all’instabilità crescente che ha caratterizzato diversi paesi del Nord Africa e del Medio Oriente: a evidenziare i rischi che tale instabilità comporta per gli interessi cinesi è stato anzitutto il citato caso libico. Proprio l’esperienza dell’evacuazione dalla Libia ha dimostrato la limitata capacità cinese di tutelare nella regione rilevanti interessi nazionali, quali l’incolumità fisica di un consistente numero di propri cittadini. Se infatti le operazioni di evacuazione furono assistite dalla fregata Xuzhou, distaccata al largo delle coste libiche dalle operazioni antipirateria nel Golfo di Aden, il contributo della Marina dell’Epl fu largamente simbolico: l’evacuazione via mare venne infatti effettuata su imbarcazioni civili noleggiate dalle autorità cinesi, né sarebbe stata possibile senza l’assistenza di diversi paesi della regione.[26]
Negli anni successivi, Pechino ha quindi guardato con crescente attenzione al Mar mediterraneo. Visite ed esercitazioni congiunte vi erano già state effettuate negli anni Duemila: nel 2007, in particolare, il cacciatorpediniere Guangzhou e la rifornitrice Weishanhu avevano condotto esercitazioni congiunte con la Marina militare francese.[27] Fu però in seguito all’avvio della missione antipirateria che visite ed esercitazioni nel Mediterraneo si fecero più frequenti, con l’impiego delle navi dislocate nel Golfo di Aden. In particolare, furono tre navi impegnate nelle operazioni di contrasto della pirateria – le fregate Linyi e Weifang e la rifornitrice Weishanhu – a partecipare alle esercitazioni congiunte tenute nella primavera del 2015 nel Mediterraneo con la Marina militare russa, nella prima edizione dell’esercitazione bilaterale annuale a essere tenuta nella regione.[28] È in questo contesto che si intensificano anche le visite in Italia. Le prime due navi della Marina dell’Epl giunte in visita nella penisola erano state il cacciatorpediniere Shenzhen e la rifornitrice Weishanhu, nel 2001 a La Spezia. La frequenza delle visite cresce a partire dal 2010: quell’anno visitano Taranto il cacciatorpediniere Guangzhou e la fregata Chaohu, seguite due anni dopo dalla nave scuola Zheng He, che nell’occasione effettua un’esercitazione congiunta con il cacciatorpediniere Andrea Doria, e nel 2015 dalle fregate Linyi e Weifang e dalla rifornitrice Weishanhu. Nel luglio del 2017, il cacciatorpediniere Changchun, la fregata Jingzhou e la rifornitrice Chaohu visitano il porto di Civitavecchia e conducono con la fregata Margottini attività di addestramento navale, inclusi decolli e appontaggi degli elicotteri imbarcati sui reciproci ponti di volo.[29]
A quarant’anni dalla visita di Nave Ardito e Nave Lupo a Shanghai, è dunque la crescente proiezione fuori area della Marina dell’Epl a offrire il contesto per le interazioni fra quest’ultima e la Marina Militare italiana. Navi cinesi operano ormai continuativamente nel Golfo di Aden e con frequenza crescente nello stesso Mar mediterraneo, rendendo la Marina dell’Epl un attore rilevante all’interno del nostro orizzonte spaziale più immediato. Se in Asia orientale il potenziamento delle capacità navali cinesi ha contribuito all’intensificarsi di fenomeni di competizione, alimentando in particolare una dinamica di riarmo navale ben visibile dai dati sulle spese militari nella regione,[30] nel Golfo di Aden e nel Mediterraneo la crescente proiezione cinese pare essersi sinora inserita in un contesto prevalentemente cooperativo. La partecipazione cinese alle operazioni di contrasto della pirateria nel Golfo di Aden, in particolare, ha offerto un decisivo contributo alla sicurezza di vie di comunicazione cruciali per i traffici internazionali. Ciò nonostante, gli sviluppi di tale proiezione andranno seguiti con attenzione per monitorarne le potenziali implicazioni per la sicurezza nazionale. Due aspetti, in particolare, appaiono particolarmente delicati per gli equilibri regionali e dunque meritevoli di attenzione, specialmente nel contesto delle crescenti tensioni fra Stati Uniti e Cina.
Il primo riguarda la base di supporto stabilita a Gibuti, paese che, in virtù della propria posizione geografica, ospita importanti basi di altri paesi. È il caso in particolare della base statunitense di Camp Lemonnier che, con i suoi circa 4.000 addetti fra militari e civili, è la principale base per le operazioni degli Stati Uniti nella regione.[31] Come ricordato, Gibuti ospita anche i circa 100 militari italiani della BMIS, base che “fornisce supporto logistico alle operazioni militari nazionali che si svolgono nell’area del Corno d’Africa, Golfo di Aden, bacino somalo, Oceano indiano, nonché al personale italiano in transito sul territorio della Repubblica di Gibuti o impiegato in Somalia”.[32] La base dell’Epl è stata stabilita nel 2017 al fine di garantire supporto alle operazioni antipirateria nel Golfo di Aden e alle operazioni di peacekeeping che vedono l’Epl impegnato nel continente africano. Si è scritto, tuttavia, che le caratteristiche della base ne suggeriscono una gamma di missioni potenzialmente più ampia: essa potrebbe infatti ospitare all’occorrenza diverse migliaia di militari e sarebbe dotata di strutture sotterranee per operazioni cyber ed elettroniche.[33] Localizzata a poca distanza da Camp Lemonnier, la base dell’Epl ha da subito suscitato proteste da parte statunitense: nel 2018, in particolare, il Dipartimento della difesa ha accusato il personale cinese di aver ripetutamente interferito con le proprie operazioni nella regione puntando laser contro aerei statunitensi in volo.[34] La base dell’Epl si inserisce per altro nel più ampio quadro delle relazioni fra Cina e Gibuti, caratterizzato da considerevoli investimenti cinesi nel paese.[35] L’evoluzione della presenza cinese a Gibuti rappresenta quindi un fenomeno da seguire con attenzione per le sue potenziali implicazioni sugli equilibri regionali.
Il secondo aspetto riguarda invece gli investimenti cinesi nelle infrastrutture portuali del Mediterraneo. Parallelamente alla crescita della rilevanza del Mar mediterraneo nei traffici marittimi per e dalla Cina, è cresciuto l’interesse degli operatori cinesi per infrastrutture portuali nella regione, con importanti investimenti sia sulla sponda sud sia sulla sponda nord.[36] Ulteriori opportunità sono ora offerte dalla Belt and Road Initiative, che prevede il potenziamento delle infrastrutture marittime lungo l’intero arco costiero che congiunge l’Asia orientale all’Europa meridionale. Benché tali investimenti vengano effettuati da operatori civili, sono state avanzate preoccupazioni riguardo la possibile rilevanza militare, specialmente per infrastrutture nella regione dell’Indo-Pacifico. Così, un recente rapporto dell’Asia Society Policy Institute individua Gwadar in Pakistan, Koh Kong in Cambogia, Hambantota in Sri Lanka e Kyaukphyu in Myanmar quali potenziali “roccaforti strategiche” con una “funzionalità dual-use” civile-militare. Si ipotizza cioè che la stretta collaborazione fra attori civili e militari, incentivata dalla strategia cinese di cosiddetta “fusione militare-civile” (jūn-mín rónghé, 军民融合), garantisca alla Marina dell’Epl il supporto di tali infrastrutture e delle retrostanti basi produttive.[37] Se gli investimenti nel Mediterraneo paiono sotto questo profilo meno problematici, non ne vanno tuttavia sottovalutate le implicazioni strategiche anche in assenza di diretta rilevanza militare. Gli Stati Uniti non hanno mancato di manifestare la propria opposizione a investimenti cinesi in infrastrutture portuali contigue a basi utilizzate dalla U.S. Navy. A Haifa, per esempio, la concessione del terminal container alla cinese Shanghai International Port Group è vista con sospetto da parte statunitense per la vicinanza alla base periodicamente utilizzata dalla VI Flotta e non è da escludere che ciò possa in futuro contribuire a un ridimensionamento delle attività della U.S. Navy.[38] Non vanno dunque sottovalutate le conseguenze strategiche che investimenti cinesi – ancorché privi di diretta rilevanza militare – potrebbero sortire nel contesto delle crescenti tensioni fra Stati Uniti e Cina.
[1] Giro del mondo. La campagna addestrativa 1979-1980, supplemento alla Rivista Marittima, aprile 2019, 15-17, 76-81, disponibile all’Url https://www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Documents/Rivista_Maggio_Supplemento_LUPO.pdf.
[2] Ibidem.
[3] Hans J. Morgenthau, Politics among nations. The struggle for power and peace (New York: A. Knopf, 1948), 83-84.
[4] “Un giorno da ricordare: 22 anni fa il periplo del mondo”, Notizie della Marina, 12 luglio 2018, disponibile all’Url https://www.marina.difesa.it/media-cultura/Notiziario-online/Pagine/20180712_periplo.aspx. Per una sinossi dei 25 viaggi di circumnavigazione compiuti dalla Marina militare dall’Unità ai giorni nostri, si veda Giro del mondo. La campagna addestrativa 1979-1980, supplemento alla Rivista Marittima, aprile 2019, 206-210.
[5] Sull’integrazione della Cina nel mercato globale si veda Giuseppe Gabusi, L’importazione del capitalismo. Il ruolo delle istituzioni nello sviluppo economico cinese (Milano: Vita e Pensiero, 2009), 101-157.
[6] David Shambaugh, China goes global. The partial power (Oxford: Oxford University Press, 2013): 130-146.
[7] “China’s Peaceful Development”, State Council Information Office, settembre 2011, disponibile all’Url http://english.www.gov.cn/archive/white_paper/2014/09/09/content_281474986284646.htm.
[8] State Council Information Office, “The Diversified Employment of China’s Armed Forces”, aprile 2013, disponibile all’Url http://english.www.gov.cn/archive/white_paper/2014/08/23/content_281474982986506.htm.
[9] Sull’evoluzione della dottrina navale dagli anni Ottanta agli anni Duemila si rinvia a Simone Dossi, Rotte cinesi. Teatri marittimi e dottrina militare (Milano: Università Bocconi Editore, 2014): 98-104 e 140-146.
[10] State Council Information Office, “China’s National Defense in 2008”, gennaio 2009, disponibile all’Url http://eng.mod.gov.cn/publications/2017-04/11/content_4778231.htm.
[11] State Council Information Office, “China’s National Defense in the New Era”, luglio 2019, disponibile all’Url http://eng.mod.gov.cn/publications/2019-07/24/content_4846452.htm.
[12] Andrea Ghiselli, “Civil-military relations and organisational preferences regarding the use of the military in Chinese foreign policy: insights from the debate on MOOTW”, Journal of Strategic Studies 43 (2020) 3: 421-442.
[13] Sull’Epl come esercito di Partito si rinvia a Simone Dossi, “Sotto la «direzione assoluta» del Partito: civili e militari nella Cina contemporanea”, in Simone Dossi (a cura di), Il potere dei generali. Civili e militari nell’Asia orientale contemporanea (Roma: Carocci, 2017): 29-51.
[14] “Tracking China’s Third Aircraft Carrier”, ChinaPower, 6 maggio 2019, disponibile all’Url https://chinapower.csis.org/china-carrier-type-002/.
[15] Massimo Annati, “L’inarrestabile avanzata della tecnologia cinese”, Rivista Marittima (aprile 2020), 34-41, disponibile all’Url https://issuu.com/rivistamarittima/docs/rm_aprile_2020. Sulla modernizzazione navale si vedano anche: International Institute for Strategic Studies (IISS), The military balance 2020 (Londra: IISS, 2020): 231-239; Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America, “Annual report to congress. Military and security developments involving the People’s Republic of China 2020”, 1 settembre 2020, disponibile all’Url https://www.defense.gov/Newsroom/Releases/Release/Article/2332126/dod-releases-2020-report-on-military-and-security-developments-involving-the-pe/.
[16] Gao Xinsheng, Zhōngguó gòngchǎndǎng lǐngdǎo jítǐ hǎifáng sīxiǎng yánjiū, 1949-2009 [Il pensiero di difesa marittima del gruppo dirigente del Partito comunista cinese, 1949-2009] (Beijing: Current Affairs Press, 2010): 430.
[17] Li Faxin, Zhōngguó jūnduì yǔ hǎishàng hùháng xíngdòng [Le Forze armate cinesi e le operazioni di scorta marittima] (Beijing: Wuzhou Communication Press, 2013), 12-19. Per un primo bilancio della missione antipirateria della Marina dell’Epl si veda Andrew S. Erickson e Austin M. Strange, Six years at sea… and counting: Gulf of Aden anti-piracy and China’s maritime commons presence (Washington, D.C.: Jamestown Foundation, 2015). Dati aggiornati sulla missione antipirateria sono disponibili sul sito del Ministero della difesa nazionale della Rpc: http://www.mod.gov.cn/action/node_46960.htm.
[18] State Council Information Office, “China’s National Defense in the New Era”, luglio 2019, http://eng.mod.gov.cn/publications/2019-07/24/content_4846452.htm. .
[19] Ministero della Difesa, “NATO – Cina: rafforzando i legami con l’Oriente”, 3 giugno 2013, disponibile all’Url https://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_corso/Atalanta_OceanShield/notizie_teatro/Pagine/NATO_CINArafforzandoegamiconOriente.aspx.
[20] Ministero della Difesa, “Gibuti: visite di cortesia fra i contingenti militari italiano e cinese nel Corno d’Africa”, 25 agosto 2017, disponibile all’Url https://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_corso/Atalanta_OceanShield/notizie_teatro/Pagine/gibuti_visite_cortesia_contingenti_militar_italiano_cinese_corno_africa.aspx.
[21] Ministero della Difesa, “Missione in Gibuti: addestramento bilaterale in campo medico”, 25 aprile 2018, disponibile all’Url https://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_corso/Atalanta_OceanShield/notizie_teatro/Pagine/missione_in_Gibuti_addestramento_bilaterale_in_campo_medico.aspx.
[22] Ministero della Difesa, “Nave Martinengo: esercitazione con Marina Militare cinese”, 12 ottobre 2018, disponibile all’Url https://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_corso/Atalanta_OceanShield/notizie_teatro/Pagine/Nave_Martinengo_esercitazione_con_Marina_militare_cinese.aspx.
[23] Enrico Fardella, “China’s debate on the Middle East and North Africa: a critical review”, Mediterranean Quarterly 26 (2015) 1: 5-25.
[24] Si veda il database ChinaMED, disponibile all’Url https://www.chinamed.it/chinamed-data/mediterranean-region.
[25] Massimo Deandreis, “La geo-economia marittima, la Cina e la nuova centralità del Mediterraneo”, OrizzonteCina 7 (2016) 6: 5-6; Alessandro Panaro e Olimpia Ferrara, “Gli investimenti cinesi, la nuova centralità del Mediterraneo e il ruolo dell’Italia”, OrizzonteCina 9 (2018) 1: 8-14.
[26] Simone Dossi, “The EU, China, and nontraditional security: prospects for cooperation in the Mediterranean region”, Mediterranean Quarterly 26 (2015) 1: 77-96.
[27] Gao Xinsheng, Zhōngguó gòngchǎndǎng lǐngdǎo jítǐ hǎifáng sīxiǎng yánjiū, 1949-2009 [Il pensiero di difesa marittima del gruppo dirigente del Partito comunista cinese, 1949-2009] (Beijing: Current Affairs Press, 2010), 430.
[28]Yu Shenfang, Zhōng É Dìzhōnghǎi jūn yǎn jīnrì qǐdòng liǎng guó jūn pàichū zhǔlì jiàntǐng [Esercitazioni militari Cina-Russia avviate oggi nel Mar Mediterraneo, i due paesi inviano navi da guerra], Xinhua, 11 maggio 2015, disponibile all’Url http://www.xinhuanet.com//world/2015-05/11/c_127785141.htm.
[29] Ministero della Difesa, “Sosta unità navali cinesi a Civitavecchia”, 21 luglio 2017, disponibile all’Url https://www.marina.difesa.it/media-cultura/Notiziario-online/Pagine/20170721-civitavecchia.aspx.
[30] Si vedano i dati dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) sulle spese militari nella regione, disponibili all’Url https://www.sipri.org/databases/milex.
[31] Commander, Navy Region Europe, Africa, Central, “Camp Lemonnier”, disponibile all’Url https://www.cnic.navy.mil/regions/cnreurafcent/installations/camp_lemonnier_djibouti.html.
[32] Ministero della Difesa, “Gibuti – Base Militare Italiana di Supporto (BMIS)”, disponibile all’Url https://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_corso/BMIS/Pagine/Missione.aspx.
[33] Jean-Pierre Cabestan, “China’s Djibouti naval base increasing its power”, East Asia Forum, 16 maggio 2020, disponibile all’Url https://www.eastasiaforum.org/2020/05/16/chinas-djibouti-naval-base-increasing-its-power/.
[34] Paul Sonne, “U.S. accuses China of directing blinding lasers at American military aircraft in Djibouti”, The Washington Post, 4 maggio 2018, disponibile all’Url https://www.washingtonpost.com/news/checkpoint/wp/2018/05/03/u-s-accuses-china-of-directing-blinding-lasers-at-american-military-aircraft-in-djibouti/.
[35] Yu Jincui, “The truth behind China’s presence in Djibouti”, Global Times, 10 gennaio 2019, disponibile all’Url https://www.globaltimes.cn/content/1135256.shtml.
[36] Alessandro Panaro e Olimpia Ferrara, “Gli investimenti cinesi, la nuova centralità del Mediterraneo e il ruolo dell’Italia”, OrizzonteCina 9 (2018) 1: 8-14.
[37] Daniel R. Russel e Blake H. Berger, Weaponizing the Belt and Road Initiative (Washington, D.C.: Asia Society Policy Institute, 2020), disponibile all’Url https://asiasociety.org/policy-institute/weaponizing-belt-and-road-initiative.
[38] Joshua Mitnick, “Why the U.S. can’t get Israel to break up with China”, Foreign Policy, 16 giugno 2020, disponibile all’Url https://foreignpolicy.com/2020/06/16/us-israel-china-deals.
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