Italia e Cina tra continuità e cambiamento: riflessioni sugli scenari e le agende di Roma e Pechino

Domande di Giovanni Andornino ad Alberto Bradanini* e Yu Hongjun**

 

*Alberto Bradanini, Ambasciatore d’Italia presso la Repubblica Popolare di Cina, accreditato anche presso la Repubblica di Mongolia; già Ambasciatore d’Italia presso la Repubblica Islamica dell’Iran (agosto 2008 – gennaio 2013)

**Yu Hongjun, Vice Ministro del Dipartimento internazionale del Partito comunista cinese; Presidente del China Center for Contemporary World Studies

 

1. Il Partito comunista cinese (Pcc) e lo Stato cinese stanno per completare un ricambio complessivo della propria leadership: quali sono le principali sfide di politica interna ed estera che i nuovi dirigenti dovranno affrontare nel perseguimento dello sviluppo pacifico della Cina?

 

Yu Hong jun

La nuova dirigenza cinese ha illustrato al mondo in termini inequivoci come la Cina intenda seguire senza tentennamenti la strada del socialismo con caratteristiche cinesi, approfondendo la propria politica di riforme e apertura.

Negli anni a venire, il paese si troverà ad affrontare numerose difficili sfide. In primo luogo, la Cina provvederà a un aggiustamento strategico della propria struttura economica e lavorerà per espandere i consumi interni. Il modello di crescita economica basato sulle esportazioni e sugli investimenti verrà modificato. Secondo, verranno riequilibrati sviluppo urbano e rurale, al fine di promuovere uno sviluppo regionale coordinato. Terzo, la Cina promuoverà attivamente il progresso tecnologico, accelerando la propria trasformazione in un paese orientato all’innovazione. Si tuteleranno, poi, le condizioni di benessere della popolazione, puntando a un loro costante miglioramento, anche attraverso progressi nella fornitura dei servizi pubblici di base. La promozione dell’occupazione sarà una delle priorità, così come gli interventi sulla distribuzione del reddito, volti a far sì che la maggior parte della popolazione possa beneficiare dei frutti delle riforme e dello sviluppo. Infine, si lavorerà perché in Cina si costruisca una società orientata al risparmio delle risorse e al rispetto dell’ambiente.

Per quanto attiene alla politica estera, la Cina si manterrà fermamente sulla strada dello sviluppo pacifico, sostenendo le idee di “pace, sviluppo, cooperazione, e mutuo vantaggio”. Le sfide esterne con cui il paese dovrà confrontarsi sono diverse: ci si attende un incremento di fattori ambientali sfavorevoli per la Cina. Anzitutto, in un quadro di crescente incertezza circa la ripresa dell’economia globale, il mondo assisterà a un ulteriore aumento di tendenze protezionistiche nei settori del commercio, degli investimenti e del trasferimento tecnologico. La volatilità del mercato internazionale dell’energia e delle materie prime avrà un impatto negativo sulla Cina. In secondo luogo, permarrà una situazione di disordine a livello regionale in Asia occidentale e Africa settentrionale: questioni calde come la crisi nucleare iraniana non possono essere risolte a breve. La situazione della sicurezza regionale nell’Asia-Pacifico sta facendosi più complicata e crescono i rischi di tensioni locali e conflitti regionali. Tutto ciò influirà direttamente o indirettamente sullo sviluppo pacifico della Cina, oltre che sulla sua sovranità e sicurezza nazionali. Infine, con l’espansione degli interessi cinesi all’estero, varie questioni diverranno sempre più importanti e urgenti: ad esempio, la protezione dei legittimi diritti e interessi delle imprese e dei cittadini cinesi attivi fuori dalla Cina, così come la necessità di individuare soluzioni adeguate al problema degli attacchi terroristici e dei sequestri mirati di cittadini cinesi.

 

Alberto Bradanini

Il programma emerso dal recente Congresso del Pcc presenta obiettivi interessanti. In politica interna occorrerà vedere se la leadership riuscirà a modificare le priorità definite nei decenni passati, priorità che – sposando un approccio di “sviluppismo forzato” – hanno sì portato a grandi successi in chiave macro-economica, ma anche generato costi sociali che cominciano a mostrarsi insostenibili.

Se un tema ineludibile riguarda il riequilibrio nelle dinamiche reddituali tra città e campagne, ampi margini di miglioramento restano altresì da perseguire nel campo della creazione di uno stato sociale adeguatamente sviluppato, oltre che nella tutela dei lavoratori e dell’ambiente. I maggiori investimenti in questi ambiti dovranno essere gestiti con una diversa politica economica, governandone l’impatto sull’inflazione e sul tasso di crescita dell’economia cinese.

La politica estera rimarrà al preminente servizio della crescita economica della Cina. Essa dovrà, tuttavia, fare i conti con un mondo reso più complesso dall’emergere di nuovi attori politici ed economici, dal declino in termini relativi – graduale ma inesorabile – degli Stati Uniti, dal dinamico prodursi di un nuovo quadro energetico (gas e oil shale), e da delicate crisi regionali (Siria, Iran, paesi “falliti”, rivolte antiautoritarie), cui si aggiungono le sfide di una Cina attore globale, con un crescente numero di cittadini sparsi nel mondo, ai quali Pechino sarà chiamata ad assicurare protezione e sostegno in contesti sovente assai fragili. Quanto all’economia, la Cina continuerà a porre enfasi sull’approvvigionamento di energia e materie prime, stimolando un maggior attivismo delle aziende cinesi in termini di posizionamento nel mercato e di acquisizione di asset strategici nei settori a maggiore intensità tecnologica, cercando di diversificare il proprio portafoglio di investimenti per tutelare il potere d’acquisto delle enormi riserve di valuta straniera accumulate negli ultimi decenni.

 

2. La crisi del debito sovrano, riflessasi sul progetto dell’Euro, ha messo a dura prova la tenuta del tessuto istituzionale dell’Unione europea e la determinazione politica dei paesi membri. Qual è la Sua valutazione circa l’efficacia delle riforme attuate sinora a Bruxelles, e quali ulteriori sforzi dovrebbero essere compiuti per trasformare l’Ue nell’attore globale che Lei desidererebbe vedere?

 

Yu Hongjun

Quando in Europa è esplosa la crisi del debito gli Stati membri hanno consolidato il coordinamento interno e adottato varie misure, ciascuno secondo le proprie condizioni. Sono stati fatti passi in avanti sostanziali nel contenere la crisi, ma occorreranno ancora anni perché il problema possa essere risolto alla radice. Nella sua storia, all’indomani della seconda guerra mondiale, l’integrazione europea ha attraversato sei crisi: in ognuno di questi casi il livello di apprensione generatosi è stato superiore ai reali danni subiti, e ciò – in ultima istanza – ha contribuito a far progredire il processo di integrazione. L’odierna crisi del debito offre all’Ue una nuova, rara opportunità di porre rimedio alle carenze del sistema ottimizzandone l’architettura, così da dare nuovo impulso all’integrazione europea.

La priorità per l’Ue è rompere il circolo vizioso venutosi a creare tra elevato debito pubblico, turbolenza finanziaria e stagnazione economica. L’Europa necessita di una strategia complessiva che comprenda gestione di bilancio, rafforzamento della supervisione finanziaria, promozione della crescita e altre misure di riforma strutturale, al fine di ricostruire un quadro sostenibile di finanza pubblica. Questa strategia deve combinare gli sforzi compiuti dall’Ue con le riforme adottate da ogni Stato membro. In più, l’Unione deve fronteggiare al suo interno il problema della divisione e differenziazione tra Stati appartenenti all’eurozona e Stati che restano fuori di essa.

 

Alberto Bradanini

L’Europa scopre ora l’ineludibile necessità di definire per se stessa una dimensione istituzionale nuova, oggettivamente ardua da costruire. Si tratta di un imperativo della storia, ma gli scenari di progresso che si profilano all’orizzonte sembrano alla portata delle ambizioni politiche del Vecchio continente. Occorrerà individuare risposte comuni a quesiti che presentano caratteristiche di matrice nazionale ed internazionale.

L’Euro sopravvivrà, e anzi si rafforzerà, non appena verrà superata l’attuale fase emergenziale. Sarà tuttavia indispensabile superare una visione eccessivamente centrata sulla tutela dei grandi agglomerati finanziari, riservando maggiore attenzione alle esigenze di crescita. Una visione più coraggiosa e meno centrata sull’ossessione preventiva a contenere gli impatti inflazionistici (non necessariamente nocivi) faciliterebbe l’accettazione di una politica espansiva capace di dispiegare effetti positivi sulla creazione di posti di lavoro, quanto mai necessari, e sulla crescita economica. In tale prospettiva, gli effetti distorsivi iniziali di un più alto tasso d’inflazione – di cifra comunque contenuta – verrebbero mitigati attraverso una politica dei redditi che facesse perno sui servizi sociali, acquisizione storica cui andrebbe riservata un’analisi approfondita prima di metter mano allo loro eventuale smobilitazione.

Una maggiore chiarezza tra chi lavora per la costruzione di un’unità politica e chi persevera in un’approccio “pick and choose” sarà inevitabile, insieme all’impegno per una condivisione più democratica dei processi di decision-making all’interno dell’Unione.

 

3. Nel contesto di un’economia globale ancora molto fragile, quali passi concreti dovrebbero essere compiuti dall’Ue e dalla Cina per rafforzare il commercio bilaterale di beni e servizi e mandare un segnale chiaro ai sostenitori di agende protezionistiche più o meno conclamate?

 

Yu Hongjun

Svariate forme di protezionismo rappresentano oggi uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo delle relazioni tra Cina e Ue. Nel suo essere il maggior partner commerciale della Cina, l’Ue possiede vantaggi competitivi in termini di capitale (umano e finanziario), tecnologie, gestione innovativa dei processi produttivi e tutela dell’ambiente, e resterà indubbiamente un indispensabile interlocutore di primo piano per la Cina nel suo percorso di sviluppo. D’altro canto, per l’Ue è un imperativo strategico rafforzare la cooperazione con la Cina al fine di imprimere un rinnovato slancio alla crescita e raggiungere nuovi livelli di sviluppo.

La Cina si augura sinceramente che l’Ue abbia una percezione oggettiva della Cina, ossia che, da un lato, non ne sottovaluti la volontà e la determinazione nel rafforzare i legami con l’Ue, ma, dall’altro, non ne sopravvaluti le effettive capacità e il reale livello di sviluppo. Ci si attende che vengano rimossi alcuni degli impedimenti che ostacolano lo sviluppo a lungo termine delle relazioni bilaterali; non è ancora stato sollevato l’embargo sulle esportazioni di armi alla Cina, così come non le è ancora stato concesso il riconoscimento da parte dell’Ue dello status di economia di mercato.

Cina e Unione europea dovrebbero cogliere senza tentennamenti le opportunità che a ciascuna sono offerte dallo sviluppo del partner, e integrare efficacemente le rispettive strategie di sviluppo al fine di rafforzare la convergenza di interessi ed espandere una cooperazione che sia di reciproco beneficio. Le due parti sono chiamate ad adottare un approccio lungimirante, risolvendo in modo appropriato i problemi che potrebbero sorgere nella cooperazione, incluse eventuali controversie in ambito commerciale. Nel quadro della crisi finanziaria internazionale e della crisi del debito europeo, una più stretta collaborazione tra Cina e Ue non può che giocare un ruolo positivo nel facilitare una rapida ripresa dell’economia mondiale.

Le due parti dovrebbero far pervenire a quanti sostengono agende protezionistiche il messaggio che raggiungere una cooperazione che sia mutuamente vantaggiosa è possibile. Al tempo stesso, Cina e Ue dovrebbero lavorare di comune accordo, superando le occasionali difficoltà, per elaborare un piano di cooperazione a medio e lungo termine e cooperare in modo pratico e lungimirante in aree quali il commercio, gli investimenti, le infrastrutture, l’innovazione tecnologica, l’urbanizzazione e la cultura.

 

Alberto Bradanini

La nozione di protezionismo – sovente utilizzata in forma generica o con fini manipolatori – va definita e inquadrata nei suoi termini reali. Sussistono, ovunque, forme indirette di protezionismo. Nemmeno il sistema cinese ne è esente ed anzi su tale tema anche Pechino avrebbe interesse a riflettere. L’asimmetria nell’accesso ai mercati Ue e cinese, ad esempio, è sotto gli occhi di tutti. Pratiche più o meno formalizzate che mirano a favorire produzioni e/o imprese locali andrebbero eliminate nell’interesse di un quadro industriale interno più sano e trasparente. Nel caso dei rapporti tra Cina e Unione europea un simile impegno favorirebbe anche un dialogo più fruttuoso su vari dossier ancora aperti, quale il riconoscimento del market economy status (MES).

Sul versante dell’Unione europea, va ricordato come la struttura produttiva dei paesi europei sia alquanto diversificata. Ciò spiega le divergenze di posizioni e l’incertezza con cui si è talora sviluppata l’azione comunitaria in determinati ambiti. Se non è immaginabile tornare alle barriere nazionali dei decenni passati, occorrerà d’altro canto individuare percorsi innovativi che consentano alle economie sviluppate, specie quelle con un tessuto industriale di peso, di continuare a generare lavoro in un mondo globalizzato, dove i fattori/indici rilevanti devono includere vari aspetti della vita sociale e produttiva, ivi inclusa una maggiore attenzione a contenere l’onnipotenza dei grandi agglomerati finanziari, a favore del primato della politica. Occorrerà, insieme, paesi emergenti ed economie industrializzate, sedersi al tavolo per elaborare soluzioni win-win gestibili e percorribili sin d’ora.

 

4. Secondo le vostre riflessioni di policy-planning, quale forma assumerà l’ordine internazionale post-bipolare? E quale ruolo possono giocare assieme l’Ue e la Cina per rafforzare la stabilità globale?

 

Yu Hongjun

Il perseguimento di un assetto mondiale multipolare è il fondamento strategico delle relazioni Cina-Ue. La Cina e l’Ue sono due importanti attori sulla scena internazionale: non hanno fondamentali conflitti di interessi e sostengono entrambe un orizzonte multipolare, opponendosi all’unilateralismo. La Cina vede l’Unione europea e le relazioni Cina-Ue in una prospettiva strategica: ritiene che l’Ue sia un pilastro nel mondo multipolare ed è fiduciosa nelle prospettive dell’integrazione europea. Nel cammino verso un mondo multipolare, il processo di riforme e apertura in Cina e l’integrazione dell’Ue hanno promosso la pace, la stabilità e lo sviluppo del mondo.

Al fine di rafforzare la stabilità globale, Cina e Ue dovrebbero compiere sforzi congiunti in vari ambiti. Anzitutto, le due parti dovrebbero rafforzare il coordinamento delle proprie politiche macroeconomiche, promuovere la riforma delle istituzioni finanziarie ed economiche internazionali e sostenere la ripresa dell’economia mondiale. In secondo luogo, dovrebbero rafforzare la cooperazione sulle questioni globali, tra cui terrorismo, proliferazione, cambiamenti climatici, e, in particolare, sicurezza energetica e alimentare. Terzo, al fine di mantenere la pace e la stabilità mondiali, le due parti dovrebbero tenere consultazioni regolari sui principali dossier, come la stabilità del Medio Oriente e la questione nucleare iraniana. Quarto, in una prospettiva di promozione del pluralismo della civiltà, dovremmo sostenere il dialogo e gli scambi tra le differenti civiltà e dare un nuovo contributo allo sviluppo della società umana.

 

Alberto Bradanini

Il mondo non sarà più unipolare o bipolare, ma di necessità multipolare, con l’affermarsi di altri centri di potere politico ed economico – tra cui sempre più la Cina – che renderanno il pianeta più complesso e multiforme. L’Ue e la Cina saranno tra i protagonisti di tale poliedrico scenario, con una forte carica stabilizzatrice, soprattutto se sapranno condividere ancor più i loro interessi strategici in una visione crescentemente bilanciata, e far sentire la propria voce proponendo scenari di condivisione e compartecipazione di tutti gli attori internazionali. La necessità di contenere i rischi di conflitti armati rimane prioritaria, specie in alcune aree del mondo, tra cui il Medio Oriente, ma non solo.

Un’attenzione costante e fattiva di Cina ed Europa rispetto alle posture e alle esigenze di sicurezza di tutti potrà produrre riflessi positivi. L’Europa ha una vocazione alla pace ormai irreversibile dopo la tragedia del secondo conflitto mondiale. La Cina, a sua volta – con una solida tradizione pacifista – ha un forte interesse, economico ed insieme politico, a presentarsi sulla scena mondiale quale portatrice di dialogo e di spirito di compromesso (anche in Asia orientale), tenendo a mente che il migliore antidoto agli estremismi e al terrorismo rimane sempre la crescita economica e il benessere sostenibile delle popolazioni.

 

5. I recenti sviluppi in Asia occidentale e Africa settentrionale stanno ridefinendo il profilo strategico della regione mediterranea tanto per l’Italia quanto per la Cina. In questo contesto di inedite sfide e opportunità, qual è lo spazio per forme creative di cooperazione tra Italia e Cina nei settori economico, politico e della sicurezza?

 

Yu Hongjun

La situazione in Asia occidentale e Africa settentrionale si sta facendo sempre più complicata e aumentano i fattori di incertezza e imprevedibilità. Nessun nuovo sistema politico si è ancora consolidato all’indomani dei sommovimenti verificatisi in paesi come l’Egitto, mentre problemi interni, quali tensioni etniche e conflitti tra sette, stanno acuendosi. Al tempo stesso, le popolazioni locali anelano sempre più alla pace, alla stabilità e allo sviluppo della regione. La comunità internazionale sollecita la Cina nel senso di un maggior coinvolgimento negli affari mediorientali: si può ragionevolmente dire che, in futuro, l’Asia occidentale e l’Africa settentrionale saranno oggetto di maggiore attenzione nella strategia internazionale della Cina e nelle sue relazioni esterne.

Sia la Cina che l’Italia hanno significativi interessi strategici in Asia occidentale e Africa settentrionale; l’Italia, in particolare, possiede tradizionalmente un’influenza unica nella regione. Alla luce del peso crescente che Asia occidentale e Africa settentrionale vanno assumendo nella politica internazionale, e in considerazione della probabile riduzione dell’impegno statunitense nell’area, è essenziale che Cina e Italia lavorino assieme alla comunità internazionale per mantenere la stabilità e promuovere lo sviluppo di questa regione. I due paesi possono cooperare nello sviluppo di progetti nel comparto energetico, nel sostegno allo sviluppo di piccole e medie imprese, e nella promozione di un maggior benessere per le popolazioni locali. Aiuto umanitario, crisis response e gestione dei disastri possono anche costituire ambiti di collaborazione tra i nostri due paesi.

 

Alberto Bradanini

Nella misura in cui saranno ben definiti spazi e costi di un’eventuale posizionamento strategico, Cina ed Italia potranno cogliere opportunità di grande valenza nella messa a punto di un innovativo piano di innesti economici e collocazione strategica che presenta ampi margini di sviluppo, con benefici reciproci straordinari. Le imprese dei due paesi potrebbero, ad esempio – sulla base di un’adeguata analisi – promuovere una presenza congiunta in svariati paesi dell’Asia occidentale e Africa settentrionale, dove la complementarità dei due sistemi si tradurrebbe in una tripla win-win situation: per la Cina, per l’Italia e per i paesi di quella regione.

Una maggiore presenza italiana farà crescere altresì il peso dell’Europa nel suo insieme, rendendo l’azione politica dell’Ue maggiormente propositiva a favore di soluzioni di riavvicinamento su taluni conflitti locali endemici, a partire dalla questione palestinese. È noto, infatti, quanto gli investimenti economici contribuiscono ad influenzare gli accadimenti politici, favorendo in tal modo pace e stabilità. Quanto più i paesi sono aperti all’integrazione (economica, finanziaria, commerciale, scientifica…) con il resto del mondo tanto più crescono quelle cointeressenze che costituiscono la pietra miliare per costruire una convivenza pacifica ed il progresso nel mondo.

 

6. Alla luce delle imminenti elezioni politiche in Italia, quali sono a Suo parere le maggiori sfide di politica interna ed estera che attendono il prossimo governo?

 

Yu Hongjun

Abbiamo prestato attenzione al fatto che, dopo essere entrato in carica, il Presidente del Consiglio uscente Mario Monti ha adottato una serie di misure volte a liberalizzare l’economia italiana e riformare il mercato del lavoro. Purtroppo, a questi piani – che hanno cercato di ristrutturare e stimolare l’economia, tentando al tempo stesso di migliorare la condizione finanziaria del paese – non è stato dato tempo sufficiente a produrre i risultati desiderati prima che il governo Monti rassegnasse le dimissioni. La mia valutazione è che, sul fronte interno, il prossimo governo italiano dovrà fronteggiare sfide che riguardano la soluzione delle questioni connesse al debito pubblico, il ristabilimento della fiducia dei mercati, il ripristino della competitività e il miglioramento della situazione occupazionale.

Sul versante internazionale, la priorità per l’Italia è il perseguimento di una migliore comunicazione e di un maggior coordinamento con gli altri Stati membri dell’Ue, con l’adozione di forti misure per la risoluzione della crisi del debito, assicurando al tempo stesso le direttrici dell’integrazione europea. In parallelo, l’Italia è chiamata a rafforzare i propri legami con i paesi emergenti – Cina inclusa – per una cooperazione bilaterale a più ampio spettro nelle sfere del business, del commercio, della finanza, dell’energia, dell’alta tecnologia, ecc. Poiché numerosi paesi emergenti sono in Asia, un compito impegnativo per il prossimo governo italiano sarà quello di elaborare una più articolata strategia asiatica.

 

Alberto Bradanini

L’Italia ha avviato un percorso difficile di recupero della propria credibilità e competitività internazionale. Il governo politico che emergerà dalle imminenti elezioni potrà avviare una politica di crescita, facendo tesoro delle esperienze del governo Monti. Il quadro è assai complesso, ma la valuta europea rimane forte (come mostrano i mercati proprio in questi giorni). Ciò dovrebbe indurre anche il governo di Pechino a valutare il proprio interesse strategico ad investire maggiormente, anche in termini di acquisizioni di quote di debito sovrano, nei paesi dell’Eurozona. L’Italia, vale la pena ricordarlo, rimane il secondo paese d’Europa in termini di produzione industriale, dopo la Germania, con un tessuto produttivo che ha saputo superare molti momenti di difficoltà in passato e che sarà ancora protagonista sui mercati internazionali in futuro. Le ansie sul debito pubblico italiano vanno altresì inquadrate nel più ampio contesto europeo (anche alla luce del deficit di regolamentazione della finanza internazionale), e non viste in esclusiva ottica nazionale. Quando il quadro europeo si sarà maggiormente chiarito – in chiave di costruzione di istituzioni comuni più efficaci e strutturate, insieme ad inserti innovativi di politica economica e alla maggiore incisività fiscale che il nuovo Governo sarà chiamato a varare – l’Italia uscirà più forte dalla grave emergenza nella quale si dibattono così tanti paesi.

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