Il Sud-est asiatico nell’immaginario collettivo italiano resta, purtroppo, spesso relegato a un ambito letterario, gergale o onirico-esotico. Si pensi alla ‘tigre della Malaysia’ di Salgari, al Vietnam della guerra con gli Stati Uniti e delle canzoni di protesta o, nel caso della Thailandia, alle spiagge delle isole Phi Phi rese famose dal film ‘The Beach’ con Leonardo Di Caprio.
Eppure, l’Italia e la Thailandia vantano già 150 anni di relazioni bilaterali e le reciproche visite dei ministri degli esteri a febbraio e marzo di quest’anno hanno celebrato e ravvivato questo rapporto, entrato in crisi dopo la dura presa di posizione dell’Unione Europea nei confronti del colpo di stato militare del 2014.
Nella prospettiva di un sollecito sviluppo del mercato unico ASEAN, la Thailandia, per posizione geografica e infrastrutture, è un hub importante e secondo, al momento, solo a Singapore, per quegli insediamenti e investimenti produttivi che guardano all’intera regione. In più, nel 2017 i trend hanno confermato la fase di crescita della Thailandia: il PIL è cresciuto del 3.9% e, secondo le previsioni, aumenterà del 4.2% nel 2018. Allo stesso modo, dal punto di vista politico la Thailandia è un partner con grande potenziale per via del suo peso culturale e, come già detto, economico in ASEAN. Inoltre, la World Bank riconosce alla Thailandia il 26° posto nella classifica dei Paesi in cui è più facile fare business, con un salto notevole dal 48° posto del 2016.
Dopo il colpo di Stato del maggio 2014, il nuovo Governo si sta impegnando a ricucire le relazioni con i principali partner internazionali. I negoziati con l’Unione Europea per la conclusione di un Free Trade Agreement (FTA) sono stati congelati, fino al Dicembre 2017, da una posizione comune dell’Unione Europea. Ad accrescere, invece, il livello delle proprie partnership con il Paese asiatico sono stati Giappone e Cina. Tra gli altri, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Russia e India, mantengono altrettante proficue relazioni con Bangkok.
L’interscambio commerciale Italia-Thailandia si è assestato sui 3,713 miliardi di dollari nel 2017, in crescita circa dell’8% rispetto al 2016, e mostra un saldo positivo a nostro favore di 416,29 milioni di dollari. L’Italia è però solo al 26° posto tra i fornitori della Thailandia, con esportazioni pari a 2,064 miliardi di dollari, e al 26° posto tra gli importatori, con 1,648 miliardi di dollari – dietro in entrambi i casi, a Germania, Francia e Gran Bretagna. Esportiamo prevalentemente macchinari, prodotti chimici e, in misura crescente, beni di consumo, grazie a un’espansione della classe media urbana (in particolare nella capitale Bangkok) che offre prospettive interessanti per il Made in Italy. Tra questi, vini e agroalimentare trovano ottimi spazi, ma sono in parte frenati da alti dazi e divieti all’importazione, lasciando così maggiori opportunità ad arredamento, design e moda. Di particolare interesse sono i settori ad alto contenuto tecnologico come infrastrutture, trasporti, energie alternative, biotecnologie, macchine utensili, packaging, automotive e industrie di trasformazione agroalimentare.
In termini assoluti, la penetrazione italiana in Thailandia è rilevante, nonostante non riesca ancora a sviluppare tutto il potenziale che potrebbe offrire un mercato di quasi 70 milioni di abitanti. Tra le grandi aziende italiane presenti sul territorio si trovano sia imprese con stabilimenti produttivi (come Ducati o Danieli) sia aziende presenti con uffici di rappresentanza (come Leonardo o Luxottica). Oltre ai ‘campioni nazionali’, integrano il panorama della presenza italiana sul territorio un centinaio di piccole e medie imprese (PMI), soprattutto nella capitale, nei suoi dintorni e nei distretti turistici.
Tra le più interessanti storie di successo c’è l’azienda friulana Faber che nella ‘Detroit d’Asia’ ha realizzato uno stabilimento a Rayong che produce componenti per impianti gas-auto per BMW, Ford e General Motors. Mercato a parte, ma fiorente, è quello delle auto di lusso, con marchi quali Ferrari, Lamborghini e Maserati molto gettonati.
In prospettiva, invece, i progetti di gestione delle acque e il piano di sviluppo delle reti ferroviaria, portuale e aeroportuale offrono numerose opportunità, anche in connessione con i progetti di sviluppo infrastrutturale del vicino Myanmar, dell’iniziativa cinese ‘ Belt and Road’ (BRI) e del fabbisogno energetico del Laos.
Per sostenere la crescita economica, il governo thailandese, in stile keynesiano, sta intensificando gli investimenti in infrastrutture. Tra i progetti più importanti si ricordano l’ampliamento delle linee metropolitane sotterranee e di superficie di Bangkok, la costruzione di linee ferroviarie ad alta velocità, l’ampliamento degli aeroporti (in particolare quelli di Suvarnabhumi, Don Mueang, Phuket e l’avveniristico U-Tapao) e lo sviluppo delle infrastrutture nella regione dell’Eastern Economic Corridor (EEC).
L’EEC è appunto l’obiettivo di una strategia ventennale da 45 miliardi di dollari per la realizzazione, nelle provincie di Chachoengsao, Chonbury e Rayong, di un corridoio economico connesso da infrastrutture moderne ed efficienti e popolato da imprese innovative. Idealmente l’EEC dovrebbe collegare sull’asse nord-sud la Cina con l’Indonesia e su quello est-ovest Laos, Vietnam e Cambogia con il Myanmar, avendo come centro Bangkok, ma soprattutto le tre provincie orientali della Thailandia.
L’Europa non costituisce un mercato tradizionale per gli investitori thailandesi. In questo senso, l’Italia non fa eccezione. In passato, gli investimenti thailandesi in Italia erano legati soprattutto a piccole attività nel campo della ristorazione e dei centri benessere. Tuttavia, nel 2011 hanno subito un’impennata grazie all’importante acquisto della Rinascente da parte del gruppo Central con un investimento di oltre 675 milioni di dollari.
Il turismo in Thailandia è un mercato niente affatto trascurabile o residuale. Gli arrivi nel 2017 hanno superato i 35 milioni di visitatori, con un aumento dell’8.7% rispetto all’anno precedente. Dopo otto anni consecutivi di crescita, nel 2017 si è registrata una sostanziale stabilizzazione del flusso dei turisti italiani in Thailandia con 264 mila visitatori (-0.4% rispetto all’anno precedente). Inoltre, le stime per il futuro del settore turistico thailandese continuano a essere positive dopo che Bangkok è risultata la capitale più visitata al mondo sia nel 2016 sia nel 2017.
Il governo di Bangkok presta particolare attenzione anche al mantenimento dell’immagine della Thailandia quale destinazione di investimenti diretti esteri (IDE).
Il turismo thailandese outbound è in costante aumento, anche verso l’Europa. I thailandesi che si sono recati all’estero nel primo semestre del 2017 ammontano a circa 4,4 milioni, confermando la rapida crescita degli ultimi anni (nel 2000 erano solo 1,9 milioni). Anche il turismo thailandese verso l’Italia ha registrato una costante crescita, sebbene il numero di visti rilasciati dall’Ambasciata d’Italia a Bangkok nel 2017 sia ancora esiguo. Il dato dei 32 mila visti emessi però non considera che, essendo l’Italia per molti asiatici una delle tappe di un tour europeo, un numero importante di visitatori potrebbe essere entrato nel Paese con visti emessi da altri stati dell’area Schengen.
Il quadro sopra delineato è una diretta conseguenza della crescita economica e sociale che sta interessando la Thailandia. L’Italia è in questo senso la destinazione prediletta soprattutto per quanto riguarda il settore artistico, alimentare, moda e design. Ciò è dimostrato chiaramente dalla qualità dei viaggi effettuati nel nostro Paese, sempre associati a percorsi culturali, enogastronomici e agli acquisti dei nostri prodotti.
Le tappe di un tour tipico in Italia includono quasi sempre Roma, le città d’arte, Firenze e Venezia, e normalmente anche Milano. Fondamentale per mantenere vivo il reciproco flusso di turisti è stata la revisione della decisione di Thai Airways di cancellare il volo diretto per Roma.
Per quanto le relazioni bilaterali siano buone, dal punto di vista politico e commerciale c’è certamente spazio per intensificarle e il volet della cooperazione scientifica e della diplomazia culturale può essere uno strumento capace di grande impatto. Nonostante ciò, non si può non guardare al quadro più ampio e più significativo, soprattutto da un punto di vista commerciale, di un accordo UE-ASEAN. In questo senso, l’Italia e la Thailandia dovrebbero porsi come integerrimi ambasciatori della strategia di procedere parallelamente sia alla stipula di FTA bilaterali (come quelli UE-Singapore e UE-Vietnam) sia all’accelerazione dei negoziati region-to-region.
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