Diverse politiche e molti aspetti della cooperazione transfrontaliera che legano la Cina ad altri paesi del mondo subiscono l’influenza della Belt and Road Initiative (BRI). I suoi obiettivi di promozione del commercio, sostegno agli investimenti internazionali in infrastrutture, ed esportazione dell’eccesso di capacità industriale cinese interessano oltre 100 paesi. La BRI è pertanto considerata un progetto d’integrazione economica di portata continentale, in grado d’influire sulla gestione delle risorse naturali e sulle prassi di protezione ambientale dell’intera Eurasia.
La continua espansione della BRI richiede alla Cina di rivedere i suoi piani e le sue politiche sulle acque transfrontaliere. Tradizionalmente interessata ad assicurare la propria sicurezza idrica, la Cina si trova infatti oggi a dover prestare attenzione ai bacini idrografici dei paesi partner della BRI per assicurare adeguate risorse idriche alla pianificazione e alla realizzazione di progetti d’investimento lungo le Nuove Vie della Seta (NVdS). Deve inoltre assicurare che l’utilizzo di tali risorse non sia complicato da controversie o dispute territoriali.[1] Questo vale non solo per i bacini fluviali transfrontalieri e i laghi che la Cina condivide con i paesi suoi confinanti, ma anche per i bacini idrografici dei paesi partner della BRI i quali, ormai, rientrano negli interessi economici e geopolitici della Cina (si pensi ad esempio al Mare d’Aral, ai bacini dell’Indo e dell’Irrawaddy, ecc.).[2]
La salute degli ecosistemi fluviali e dei servizi ecosistemici dei bacini transfrontalieri è oggetto di attenzioni crescenti. Ciò è dovuto alle misure tese a una maggiore responsabilità ambientale entrate in vigore in Cina a livello nazionale. Queste sono a loro volta inserite nel contesto più ampio delle politiche per l’edificazione di una “civiltà ecologica” (2017)[3] che orientano una dettagliata serie di riforme mirate a indirizzare il sistema di governance cinese verso pratiche più sostenibili di utilizzo delle risorse naturali e per la conservazione ambientale.
Metà dell’Eurasia appartiene allo spazio paneuropeo per cui è competente la Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE). Nonostante almeno 40 paesi membri UNECE siano diventati paesi partner della BRI, ad oggi i tentativi di utilizzo delle convenzioni ambientali e dei suoi strumenti per la salvaguardia delle pratiche di sviluppo sostenibile nel contesto offerto dalla BRI sono stati minimi. Il processo di formazione di prassi e politiche a livello della BRI si potrebbe invece armonizzare proprio attraverso l’utilizzo dei già consolidati strumenti UNECE – prima tra tutti la Convenzione sulla protezione e l’utilizzo dei corsi d’acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali (Convenzione Acque, o Convenzione di Helsinki).
Problemi legati alla conservazione dei corsi d’acqua transfrontalieri
#1: La gestione insostenibile dei bacini idrografici transfrontalieri
Queste problematiche sono evidenti in diversi approcci di gestione a livello di bacino, testati dalla Cina. Uno degli esempi più chiari è costituito dagli approcci applicati al meccanismo di cooperazione Lancang-Mekong (Lancang-Mekong Cooperation Mechanism, LMCM). La Cina ha infatti sviluppato 10 mega dighe nel bacino del Mekong per il controllo del flusso delle acque e dei sedimenti provenienti dalle sorgenti. Ha inoltre predisposto il dragaggio – anche con cariche esplosive – della corrente principale del fiume al fine di migliorare la navigazione e incoraggiato lo sviluppo di ulteriori dighe nel Basso Mekong. L’LMCM nasce così come il facoltoso concorrente della malridotta (perché dipendente dai suoi donatori) Commissione del Fiume Mekong.[4] Da qui, la Cina è diventata una forza dominante nella gestione del bacino del Mekong. Sfortunatamente, sembra aver chiuso un occhio sui danni provocati dalle infrastrutture idriche all’unicità della biodiversità acquatica e ai bacini idrografici un tempo pescosi.
Anche nel bacino dell’Indo si è portata avanti una strategia aggressiva analoga a quella sopracitata. Qui, il corridoio economico Cina-Pakistan (China-Pakistan Economic Corridor, CPEC)[5] comprende progetti di miglioramento dell’irrigazione, delle forniture d’acqua in contesti urbani, di pianificazione della gestione a livello di bacino idrografico e della costruzione di diverse mega dighe, incluse quelle edificate in aree sensibili, oggetto di dispute tra India e Pakistan. Ad essere minacciate da iniziative di questo tipo sono però la biodiversità e la varietà di pesci presenti nel bacino dell’Indo.
Per preservare gli ecosistemi acquatici nei paesi partner della BRI c’è dunque urgente bisogno di garantire il rispetto delle norme del flusso ecologico sui corsi d’acqua transfrontalieri, specialmente nelle ragioni aride dell’Asia interna. Questo è ormai evidente nei dibattiti sui trasferimenti idrici dei bacini fluviali del Selenge (Selenga), Argun (Hailaer) e Kherlen (Kelulun).[6] Il fatto che il 13° piano quinquennale varato da Pechino consideri la conservazione delle terre paludose e della biodiversità lungo bacini fluviali trasfrontalieri e laghi internazionali come un tema d’importanza primaria potrebbe influenzare positivamente la definizione delle necessità ambientali ed ecologiche nella gestione delle acque transfrontaliere.
#2. Gli enormi impatti della “Condivisione della capacità industriale” nell’ambito dell’ingegneria idraulica
In altri paesi, la Cina promuove aggressivamente l’utilizzo dell’ingegneria idraulica e di altre tecnologie di gestione delle risorse idriche. Le aziende pubbliche cinesi sono coinvolte nel 70%[7] dei progetti per l’energia idroelettrica al mondo e le banche nazionali cinesi forniscono almeno il 75% dei finanziamenti allo sviluppo del settore. La maggior parte della capacità dell’energia idroelettrica del XXI secolo è stata installata in Cina o all’estero da aziende cinesi, non di rado creando minacce alla biodiversità e ai siti del patrimonio mondiale UNESCO (come la riserva naturale e parco nazionale dei Tre Fiumi Paralleli dello Yunnan in Cina, la riserva Selous Game in Tanzania, ecc.).
Figura 1: Installazioni annuali di energia idroelettrica nell’ultimo decennio
D’altro canto, la realizzazione di nuovi progetti per l’energia idroelettrica in Cina ha dimostrato segni di rallentamento dal 2013. Allo stesso tempo si assiste alla demolizione delle dighe più piccole e foriere di maggiori problematiche ambientali, incluse in taluni casi impianti responsabili di danni a siti del patrimonio mondiale UNESCO (come l’antico sistema di irrigazione del Dujiangyan) e ad altre riserve naturali chiave.[8] A causa dei rischi di carattere transfrontaliero, aziende cinesi hanno in un’occasione cancellato un progetto per la generazione di energia elettrica in Mongolia a fronte di minacce transfrontaliere ad un sito russo patrimonio mondiale.[9]
#3. Mancanza di politiche e prassi per la conservazione dei bacini fluviali transfrontalieri lungo la BRI
Nell’aprile del 2017, a riconoscimento dei nuovi rischi ambientali legati alla crescita della BRI, il Consiglio per gli affari di Stato cinese ha pubblicato la “Guida per la promozione di una Belt and Road Initiative verde”.[10] Il testo propone metodi attraverso cui rafforzare le garanzie ambientali nell’ambito degli investimenti esteri, sviluppare congiuntamente schemi di pianificazione territoriale, promuovere un’economia verde e strumenti di green finance, ridurre l’inquinamento transfrontaliero, ecc. Il documento tuttavia è lacunoso sul fronte della gestione dell’acqua. Mancano infatti misure di salvaguardia ambientali e meccanismi di sviluppo verde inerenti la gestione di bacini fluviali trasfrontalieri, flussi ambientali e protezione della biodiversità e degli ecosistemi acquatici.
Altrettanto evidente è la mancanza di queste considerazioni nel documento che delinea la strategia sul settore dell’acqua della Banca Asiatica per gli Investimenti in Infrastrutture (Asian Infrastructure Investment Bank, AIIB) del 2019.[11] La strategia propone di “proteggere i servizi ecosistemi delle acque dolci” attraverso il trattamento delle acque reflue e di scarico, ma ignora altri fattori chiave che provocano il degrado degli ecosistemi quali alterazione dei flussi, degrado degli habitat, eccessivo sfruttamento di alcune specie, diffusione di specie alloctone invasive e perdita di connettività tra gli habitat acquatici.[12] È dunque necessario che gli investimenti nelle infrastrutture idriche e nella loro gestione si concentri sul rovesciamento di questi effetti negativi o quantomeno sulla riduzione dei loro impatti.
Da parte sua, la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme cinese ha varato nel 2017 le “Misure per la gestione degli investimenti esteri delle imprese”, dove l’utilizzo di acque transfrontaliere è annoverato tra i quattro maggiori rischi legati agli investimenti esteri.[13] A questo problema è quindi riconosciuto un ruolo di primaria importanza entro la BRI cinese. Tuttavia – come dimostrato dagli esempi succitati –faticano a prendere forma politiche ad esso interamente dedicate. In tal senso, i già citati strumenti della gestione delle acque transfrontaliere sviluppati entro la regione UNECE offrono l’opportunità di colmare questa lacuna.
La Convenzione Acque e la sua utilità nel contesto della BRI
La Convenzione Acque mira a proteggere e a garantire la quantità, la qualità, e l’utilizzo sostenibile di risorse idriche transfrontaliere facilitando la cooperazione internazionale.[14] La Convenzione stabilisce che “le Parti adottano ogni misura appropriata: a) per prevenire, controllare, e ridurre l’inquinamento delle acque avente o rischiante di avere un impatto transfrontaliero” e “d) per assicurare la conservazione e, se del caso, il ripristino degli ecosistemi” (Art. 2.2).
La Convenzione stabilisce inoltre che le Parti cosiddette rivierasche (Parti limitrofe delle stesse acque transfrontaliere, ndt) cooperino per mezzo di accordi specifici e attraverso la creazione di organi comuni. La Convenzione comprende ulteriori disposizioni sul monitoraggio e la valutazione, ricerca e sviluppo, scambio di informazioni, procedure di allerta e di allarme, assistenza reciproca, e sulla partecipazione pubblica.
Al momento, 41 paesi partner della BRI hanno ratificato la Convenzione Acque, mentre sono 59 i paesi a non averla ancora ratificata – Cina compresa. Dal 1° marzo 2016, la Convenzione Acque è aperta a tutti i paesi membri ONU, e il Ciad è diventato il primo paese non-UNECE ad accedervi.
Poiché diversi progetti lungo le NVdS sono legati allo sviluppo di infrastrutture (siano queste dighe, oleodotti, o gasdotti), è probabile che le risorse di acqua fresca saranno soggette all’inquinamento – anche transfrontaliero – e all’alterazione del loro flusso. La Convenzione Acque assume quindi importanza come strumento attraverso il quale ridurre i danni provocati dalla BRI alle risorse d’acqua fresca e ai laghi internazionali, allo stesso tempo risolvendo i conflitti transfrontalieri che ne conseguono.
Raccomandazioni sull’uso della Convenzione Acque nel contesto della BRI
Diversi semplici passi dell’UNECE potrebbero consentire alla Convenzione Acque di trovare efficacia nel contesto creato dalle Nuove Vie della Seta.
#1. Favorire lo sviluppo di accordi (bilaterali, rivieraschi, regionali) e la creazione di organi comuni preposti alla gestione dei bacini idrografici
Sono diversi i paesi dell’Asia che hanno riscontrato difficoltà nel negoziare con la Cina disposizioni in merito alla gestione delle acque transfrontaliere. L’UNECE potrebbe assistere questi paesi ad avviare un processo di apprendimento reciproco e ad agire con maggiore coordinazione per ottenere risultati maggiormente sostenibili nei negoziati sui bacini idrografici. Se si creasse una simile piattaforma, la Cina potrebbe parteciparvi.
#2. Promuovere norme sull’adattamento ai cambiamenti climatici in bacini transfrontalieri.
Adattare e promuovere talune metodologie per sviluppare standard di flussi ambientali[15] nella regione UNECE potrebbe essere un progetto utile, sia come progetto singolo sia se inserito in un più ampio contesto di rafforzamento delle metodologie e delle capacità per la preservazione di servizi di ecosistemi acquatici, nonché dell’adattamento al cambiamento climatico. La necessità di concordare sui flussi ambientali è specialmente urgente in casi che coinvolgono lo sviluppo di grandi infrastrutture idrauliche. Guide dettagliate in merito sono state pubblicate di recente dal World Bank Group.
#3. Promuovere la sostenibilità degli investimenti diretti al settore idrico.
Diversi progetti per le infrastrutture dell’acqua realizzati da imprese cinesi in Nepal, Russia, Pakistan e Myanmar sono falliti a causa dell’insufficiente attenzione dedicata a considerazioni di carattere ambientale, sociale e geopolitico. Alla luce di questo, l’utilizzo e la gestione delle acque transfrontaliere è stato inserito dalla Cina tra i quattro maggiori rischi per i progetti d’investimento realizzati all’estero. L’assistenza fornita ai paesi partner della BRI nel condurre valutazioni strategiche (come ad esempio le valutazioni ambientali strategiche, Vas) sullo sviluppo legato alle risorse idriche dei bacini fluviali transfrontalieri e dei laghi internazionali potrebbe divenire un elemento chiave nella mitigazione dei rischi legati agli investimenti lungo le NVdS. D’altra parte, come primo passo si potrebbe formulare una guida – anche nella forma di una semplice check-list – per la valutazione dei rischi riconducibili agli investimenti nel settore delle risorse idriche, nell’ambito dei paesi appartenenti alla regione UNECE. Uno studio di simile portata sul tema dell’inquinamento e della ripartizione delle acque è stato ultimato cinque anni fa dalla HSBC con riferimento alla situazione interna cinese, con un notevole effetto sulle politiche degli investimenti che lo hanno seguito.
#4 Sostenere il monitoraggio, la valutazione, lo scambio di informazioni e dati sui bacini idrografici transfrontalieri
La futura gestione congiunta delle risorse d’acqua da parte della Cina e dei suoi vicini potrebbe favorire lo scambio d’informazioni e l’interconnessione tra sistemi nazionali di monitoraggio. A fronte di continue crisi economiche e esempi di governance inefficiente, Russia, Mongolia e le repubbliche centro-asiatiche hanno registrato un declino nella capacità dei rispettivi governi di rispondere in modo costruttivo alle iniziative della Cina nel campo del monitoraggio e della gestione delle risorse idriche. Si assisterà dunque ad una dipendenza sempre crescente dei comitati di gestione congiunta dei bacini fluviali dalle capacità cinesi di monitoraggio, analisi dati e modellistica, secondo quanto già avvenuto nel caso del bacino del Lancang-Mekong. Per questo motivo c’è bisogno di sostenere i membri UNECE nel migliorare le proprie capacità, così da essere al passo con la Cina senza compromettere la loro sovranità, assicurando una gestione e interpretazione dei dati la più oggettiva possibile. Allo stesso modo, le organizzazioni non governative locali e internazionali e gli esperti indipendenti potrebbero raccogliere informazioni sul campo e nelle comunità interessate dai progetti in modo autonomo. Sostenere la cooperazione tra gruppi della società civile che proteggono i fiumi nei paesi partner della BRI è una componente importante nello sforzo generale volto a rendere la BRI più “verde”.
#5. Favorire l’apprendimento reciproco
La politica della civiltà ecologica in Cina gioca un ruolo fondamentale nel dare forma a progetti e politiche della BRI relativi alle acque transfrontaliere. A livello interno, la Cina sta compiendo enormi sforzi per fermare la distruzione degli ecosistemi acquatici e per promuovere il recupero delle zone paludose soggette a degrado ambientale. Questo sforzo è sistemico e si basa su solidi meccanismi economici e politici, primi tra tutti quelli per la valutazione e preservazione dei servizi ecosistemici (come ad esempio i flussi ambientali, la purificazione delle acque, risorse idriche, ecc.). Al contempo la Cina sta definendo delle “linee rosse” che delimitino aree e processi ecosistemici sensibili, da fare particolare oggetto di salvaguardia a livello nazionale. Questi sforzi guidano i processi di pianificazione spaziale, la cui responsabilità è stata affidata dal 2018 alle agenzie preposte alla protezione ambientale.
In questo contesto, il metodo più efficace per la tutela dei bacini idrici compresi entro lo spazio UNECE consiste nel rafforzare, accelerandolo, lo scambio tra Cina e paesi UNECE di esperienze sulla salvaguardia e la gestione dei servizi ecosistemici. Lo stesso vale per la condivisione delle più avanzate tecniche e tecnologie per la conservazione dell’acqua e degli ecosistemi acquatici. La Cina dedica ingenti risorse alla condivisione delle sue esperienze e tecnologie “verdi”. È ragionevole ritenere che abbia l’interesse a finanziare sforzi in questo senso, come è già avvenuto entro la cornice fornita dalla Convenzione Contro la Desertificazione delle Nazioni Unite.
*Traduzione dall’inglese a cura di Carlotta Clivio
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[1] Eugene Simonov e Eugene Egidare, “Intergovernmental cooperation on the Amur River basin management in the twenty-first century”, International Journal of Water Resources Development 34 (2018) 5: 771-791.
[2] Hongzhou Zhang e Mingjiang Li (a cura di), China and transboundary water politics in Asia (Abingdon: Routledge, 2018).
[3] Comitato centrale del Partito comunista cinese e Consiglio per gli affari di Stato, “Integrated reform plan for promoting ecological progress”, Xinhua News, 21 settembre 2015, disponibile all’Url http://www.china.org.cn/china/Off_the_Wire/2015-09/21/content_36644574.htm.
[4] Jessica M. Williams, “Emerging costs of China’s Belt and Road strategy for transboundary water in South and Southwast Asia”, International Journal of Energy and Water Resources 3 (2019) 2: 81.
[5] China-Pakistan Economic Corridor, “CPEC’s Long Term Plan (LTP) 2017-2030”, 24 dicembre 2017, disponibile all’Url http://www.cpecinfo.com/news/cpec-long-term-plan-(ltp)-2017-2030/NDYwNw==.
[6] Eugene Simonov e Eugene Egidarev, “Transboundary cooperation on the Amur River Basin in recent decades”, in China and Transboundary Water Politics in Asia, a cura di Hongzhou Zhang e Mingjiang Li (Abingdon: Routledge, 2018).
[7] People’s Daily Online, “Chinese enterprises represent 70 percent of global hydropower market”, 22 gennaio 2019, disponibile all’Url http://en.people.cn/n3/2019/0122/c90000-9540389.html.
[8] Eugene Simonov e Stephan Doempke (a cura di), “Heritage dammed. Water infrastructure impacts on World Heritage Sites and Free Flowing Rivers” (2019), disponibile all’Url http://www.transrivers.org/pdf/2019HeritageDammedFinal.pdf.
[9] Si vedano: Wang Jiamei, “BRI water projects need coordination, understanding”, Global Times, 23 aprile 2019, disponibile all’Url http://www.globaltimes.cn/content/1147073.shtml; Eugene Simonov, “Silk Road project upended over threats to Lake Baikal”, China Dialogue, 24 giugno 2016, disponibile all’Url https://www.chinadialogue.net/article/show/single/en/9040-Silk-Road-project-suspended%20over-threats-to-Lake-Baikal.
[10] Ministry of Ecology and Environment of the People’s Republic of China, “Guidance on promoting green Belt and Road”, 28 giugno 2017, disponibile all’Url http://english.mee.gov.cn/Resources/Policies/policies/Frameworkp1/201706/t20170628_416864.shtml.
[11] Asian Infrastructure Investment Bank, “Asian Infrastructure Investment Bank draft water sector strategy”, settembre 2019, disponibile all’Url https://www.aiib.org/en/policies-strategies/operational-policies/public-consultation-draft-water-sector-strategy/.content/_download/draft-water-strategy-Sep-2019.pdf.
[12] La lista dei fattori chiave è stata presa dall’autorevole analisi di David Tickner et al., “Bending the Curve of Global Freshwater Biodiversity Loss – An Emergency Recovery Plan”, ottobre 2019.
[13] Governo centrale della Repubblica popolare cinese, “Qǐyè jìngwài tóuzī guǎnlǐ bànfǎ” [Misure per la gestione degli investimenti esteri delle imprese] disponibile all’Url http://www.gov.cn/gongbao/content/2018/content_5280579.htm (link in cinese).
[14] Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite, “Water Convention”, disponibile all’Url http://www.unece.org/env/water.html.
[15] Angela H. Arthington et al., “The Brisbane Declaration and Global Action Agenda on environmental flows”, Frontiers in Environmental Science 6 (2018) 45:
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