Se si guarda l’andamento dell’interscambio commerciale (importazioni più esportazioni) da e verso i paesi della sponda Sud del Mediterraneo e quelli del Golfo – che in una logica allargata fanno parte integrante della dimensione geopolitica dell’area – dal 2001 a oggi si osserva una crescita costante: l’Italia è passata da 37,6 a 66,5 miliardi di dollari Usa, la Germania da 40,6 a 89,8, gli Stati Uniti da 82,9 a 168,51 (1). Chi però ha fatto un balzo impressionante è la Cina. Nell’area Mena (Middle East and North Africa) l’interscambio cinese è passato dai 21,3 miliardi di dollari Usa del 2001 ai 257,4 del 2015 (2) con stime in crescita fino ai 283 miliardi del 2018 (3). La gran parte di questo commercio avviene via nave.
Questi dati essenziali consentono di comprendere l’evoluzione che è in corso e che tocca direttamente il futuro del Mediterraneo e la sua crescente centralità nella geo-economia marittima. Si tratta di un fenomeno che possiamo misurare anche dal peso che hanno le diverse rotte marittime globali. Se confrontiamo, ad esempio, i flussi di navi container lungo le tre maggiori rotte Est-Ovest nel ventennio 1995-2015 vediamo che mentre i transiti di container sulla rotta Asia-Europa (via Suez e Mediterraneo) sono cresciuti dal 27% del 1995 al 42% del 2015, nello stesso periodo lungo gli assi “Trans-Pacific” e “Transatlantic” sono calati rispettivamente dal 53% al 44% e dal 20% al 13% (4).
L’accresciuta centralità del Mediterraneo si riscontra anche nella portualità. I porti del Mediterraneo (tra cui Tangeri in Marocco) hanno accresciuto sensibilmente le loro quote di mercato passando dal 27% del totale della portualità euro-mediterranea nel 2008 al 34% nel 2015. Questo avveniva mentre l’efficiente portualità del Nord Europa (Amburgo, Rotterdam e Anversa) calava leggermente dal 46% (2008) al 42% (2015).
Per essere ben compresi questi dati vanno letti contestualmente a quattro fenomeni tra loro interconnessi: il raddoppio del Canale di Suez e l’allargamento di quello di Panama, il crescente gigantismo navale e le nuove grandi alleanze nell’industria dello shipping.
Il raddoppio del Canale di Suez è avvenuto nel 2015. Si tratta di un’opera imponente che ha comportato lo scavo di un nuovo canale lungo 72 chilometri e profondo 24 metri che consente l’attraversamento nelle due direzioni contemporaneamente e il raddoppio del numero delle navi in transito giornaliero, con un tempo di passaggio fortemente ridotto. Il punto essenziale, però, è che il nuovo Canale di Suez consente il passaggio anche alle navi di grandissima dimensione (5).
Il fenomeno del gigantismo navale sta infatti proseguendo senza sosta. Certo, le statistiche sulle navi porta-container in circolazione – che includono anche quelle costruite negli anni passati – mostrano che esse sono ancora in maggioranza di media stazza, ossia sotto i 10.000 Teus. Tuttavia il numero delle navi di media stazza è in costante calo a favore di navi di nuova costruzione e più grande dimensione. Se ancora quattro anni fa, nel 2012, le navi oltre i 10.000 Teus erano “soltanto” il 13% del totale di quelle in circolazione nei mari, oggi questa percentuale è già cresciuta al 23% e le previsioni – stilate sulla base degli ordini di costruzione già firmati – prevedono che si arrivi al 32% nel 2019 (6).
L’industria dello shipping ha d’altronde bisogno di generare economie di scala che consentano efficienza e riduzioni di costi. Le grandi navi sono un mezzo per acquisire tali vantaggi, a condizione di viaggiare con un carico medio molto elevato. Mentre una nave relativamente piccola può facilmente trovare mercato per viaggiare a pieno carico da un punto all’altro senza scali, una meganave da 19.224 Teus (come la “Zoe” della MSC, che è una delle più grandi al mondo) può garantirsi un carico medio soddisfacente solo se attracca in numerosi porti e in ciascuno scarica container e carica altra merce.
Di qui l’importanza strategica delle rotte e dei canali di passaggio. Allo scenario geo-economico che abbiamo finora descritto si è aggiunto un importante tassello lo scorso 26 giugno, quando è stato inaugurato l’allargamento del Canale di Panama, altro nodo marittimo strategico. L’allargamento di Panama – un’opera ingegneristica sofisticata, realizzata anche da un’impresa italiana, che ha comportato la costruzione di tre chiuse per ciascun lato oceanico – ha prodotto un duplice effetto: consente di aumentare drasticamente la dimensione delle navi che lo possono attraversare lo stretto (da 4.500 Teus di prima fino a 13.000 Teus di oggi (7)) e aumenta il numero dei transiti, che a regime potrebbe raggiungere i 50 passaggi giornalieri. Tuttavia, nonostante questi significativi miglioramenti, le meganavi oltre i 13.000 -14.000 Teus continuano a non poter passare da Panama. Studi e analisi recenti hanno messo in risalto come, pur confermandosi come hub e snodo marittimo globale, Panama – grazie all’allargamento – si rafforzerà soprattutto come grande canale pan-americano al servizio del commercio tra le due coste del Nord e Sud America e avrà un effetto di potenziamento della portualità atlantica statunitense, che drena il maggior numero di scambi. Nel 2009 gli Stati Uniti hanno avviato un programma da 320 milioni di dollari Usa destinato a opere infrastrutturali per la portualità atlantica (8). Il porto di New York e quelli del New Jersey hanno realizzato i dragaggi dei fondali per poter far attraccare le meganavi. Progetti di potenziamento sono in corso anche a Savannah e Charleston ma anche sulla costa statunitense del golfo del Messico. La portualità della East Coast si sta rafforzando come una portualità al servizio – oltre che dell’economia degli stati costieri – anche della parte interna degli Stati Uniti.
Osservando Suez e Panama in connessione tra loro si comprende come questi due snodi – pur così lontani – siano in competizione. Per quanto riguarda i tempi di percorrenza di alcune rotte, già prima dell’allargamento dei due canali, il vantaggio di Panama era solo di un giorno di navigazione sulla rotta Hong Kong-New York e di quattro giorni sulla Shanghai-New York. Un vantaggio che rischia di essere troppo esiguo, soprattutto in considerazione del fatto che il nuovo Suez non presenta limiti al passaggio di meganavi. La concorrenza tra i due Canali è iniziata subito: già il 6 giugno scorso (prima dell’inaugurazione del nuovo Panama) le autorità di Suez hanno lanciato un nuovo piano tariffario con sconti fino al 65%, ma solo sul transito di navi che viaggiano su alcune rotte dalla costa atlantica degli Stati Uniti all’Asia (9) . Inoltre, questa rotta risulta essere migliore soprattutto per le meganavi perché consente più scali in aree strategiche e in forte crescita (partendo da Shanghai: India, Golfo arabico, Suez, Mediterraneo anche come base per scali in Europa, Stati Uniti) mentre nella rotta via Panama, dopo aver lasciato le coste cinesi, ci sono lunghe giornate di solitaria navigazione del Pacifico prima di giungere a destinazione.
La Cina ha compreso perfettamente la crescente salienza strategica della rotta via Suez anche per raggiungere gli Stati Uniti e non solo l’Europa. È in questo scenario che si inserisce il robusto investimento del colosso di Stato cinese Cosco nel porto del Pireo come hub di transhipment (10) e l’acquisizione, sempre da parte di Cosco, del 20% di Port Said, allo sbocco mediterraneo del Canale di Suez. Se poi si guarda agli operatori, si vede chiaramente che i carrier cinesi dominano il mercato. La recente alleanza tra Cosco e China Shipping ha portato alla nascita di China Cosco Shipping Company, che rappresenta il 7% del mercato mondiale dei container con un valore di 22 miliardi di dollari Usa, 1.114 navi e 46 terminal nel mondo. Questo operatore si è inoltre alleato con altri – prevalentemente asiatici – in una “Ocean Alliance” che controlla tra il 35% e il 40% del mercato nelle principali rotte Est-Ovest.
Il nuovo canale di Suez è un tassello fondamentale in questo processo di rafforzamento della nuova Via della seta marittima che dall’Asia porta all’Europa. Oggi la novità, accentuata anche dagli effetti del nuovo Panama, è che tale rotta non si ferma più alle nostre coste, ma dal Mediterraneo raggiunge gli Stati Uniti. La crescente centralità del Mediterraneo nello scenario geo-economico globale risulta evidente soprattutto sulle rotte marittime attraverso cui passano le merci. Ed è la Cina la vera protagonista di tutto ciò. Data la sua posizione, l’Italia potrebbe giocare il ruolo di hub logistico portuale, base per accedere direttamente all’Europa continentale. Ma servono visione strategica, investimenti nella portualità e migliore efficienza logistica. Ne saremo capaci?
(1) Elaborazione SRM su dati Eurostat. Si vedano SRM (in collaborazione con Alexbank), Gli effetti economici del raddoppio del Canale di Suez sui traffici del Mediterraneo, 2015, http://www.unindustria.na.it/component/attachments/download/5950; SRM, Italian Maritime Economy. Suez, il ruolo della Cina, il nuovo Panama: dalle rotte globali un mediterraneo più centrale. III Rapporto annuale (Napoli: Giannini Editore, 2016).
(2) Elaborazione SRM su dati Unctad.
(3) Stime SRM.
(4) Unctad, Review of maritime transport, 2016, http://unctad.org/en/pages/ PublicationWebflyer.aspx?publicationid=1650.
(5) Fonte: Suez Canal Authority; SRM (in collaborazione con Alexbank), Gli effetti economici del raddoppio del Canale di Suez sui traffici del Mediterraneo, cit.
(6) Dati Alphaliner, Cellular fleet forecast, 2016.
(7) 7 Oscar Bazán, Vice-presidente della Panama Canal Authority, Panama Canal Expansion: Implications and Opportunities, relazione alla conferenza “Trade Links with the New Latin America”, Panama, 25 giugno 2015, https://www.eiseverywhere. com/docs/107/99785.
(8) Jean-Paul Rodrigue e Theo Notteboom, “The Legacy and Future of the Panama Canal”, TR News 296 (2015), 3-11, https://www.nap.edu/read/22178/chapter/2.
(9) Suez Canal Authority, circolare n. 2/2016.
(10) Frans-Paul van der Putten, Chinese Investment in the Port of Piraeus, Greece: The Relevance for the EU and the Netherlands, Clingendael Report, 2014, https://www. clingendael.nl/node/5439.
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