In visita negli Stati Uniti nel febbraio 2012, l’allora vice presidente cinese Xi Jinping invitò Cina e Stati Uniti a stabilire “un nuovo tipo di relazioni tra grandi potenze del ventunesimo secolo”. Tre mesi dopo, l’allora presidente Hu Jintao riprendeva l’idea durante il quarto Strategic and Economic Dialogue (S&ED) tra i due paesi, utilizzando la stessa identica formulazione. Da allora l’espressione “nuovo tipo di relazioni tra grandi potenze” è diventata di uso corrente tra funzionari e studiosi cinesi. Lo scorso autunno è stata inserita nella Relazione politica al XVIII Congresso del Partito comunista cinese. Sull’altra sponda del Pacifico, però, la controparte americana sembra meno entusiasta e continua a porre una semplice domanda: “Che cosa significa?”
“Nuovo tipo di relazioni tra grandi potenze” indica naturalmente qualcosa di opposto al “vecchio tipo di relazioni tra grandi potenze”. L’ascesa della Germania e del Giappone nella prima metà del XX secolo e l’ascesa dell’Unione Sovietica – causa rispettivamente di due guerre mondiali e della guerra fredda – sono gli esempi più ricorrenti del “vecchio tipo”, per non parlare delle guerre senza fine tra i regni e gli imperi europei tra XVII e XIX secolo. Certo, la Storia offre anche episodi di “ascesa pacifica” o “sviluppo pacifico”. Nel XX secolo gli Stati Uniti sostituirono la Gran Bretagna quale potenza egemone in modo pacifico; dopo la seconda guerra mondiale, l’Europa e il Giappone attraversarono decenni di “sviluppo pacifico”. I paesi protagonisti di questi esempi, però, erano legati alla potenza dominante da alleanze e condividevano con essa valori comuni se non vere e proprie culture politiche omogenee. Per contro, è difficile trovare nella Storia casi di potenze in ascesa e potenze dominanti che, in presenza di forti differenze ideologiche, abbiano saputo evitare conflittualità e guerre. Quando i leader cinesi parlano di “nuovo” tipo di relazioni tra grandi potenze, è chiaro che ciò che intendono è una discontinuità rispetto a questa “maledizione della Storia”.
È però sbagliato ritenere che il “nuovo tipo di relazioni tra grande potenze” sia un obiettivo, qualcosa che dovrà essere realizzato in futuro. Se partiamo da una prospettiva differente, possiamo constatare come sin dal 1989 Stati Uniti e Cina abbiano stabilito un nuovo tipo di relazione. Nonostante le differenze ideologiche, i due paesi hanno convissuto e si sono sviluppati fianco a fianco per oltre vent’anni. Le dimensioni economiche della Cina sono cresciute da circa il 12% dell’economia americana nel 2000 al 48% nel 2012. Molti economisti ritengono che il Pil cinese supererà quello americano in questo decennio. Tutto ciò senza che vi siano state guerre né conflitti ingestibili a contrapporre i due paesi.
Cina e Stati Uniti hanno dato vita a questo nuovo tipo di relazione non perché gli Stati Uniti siano disponibili a sostenere l’ascesa della Cina, né perché la Cina sia intenzionata ad accettare in pieno ogni aspetto della leadership globale americana. Si tratta, piuttosto, di un matrimonio irrequieto: un’interdipendenza senza precedenti lega i due paesi l’uno all’altro, indipendentemente dalla loro volontà. Quattro sono i pilastri di questa interdipendenza. (1) Vi è, in primo luogo, una sorta di “mutua distruzione assicurata” nel settore della sicurezza strategica: la Cina e gli Stati Uniti sono entrambe potenze nucleari e dispongono di formidabili forze convenzionali. Un conflitto militare sarebbe insostenibile per ciascuna delle parti. (2) A ciò si somma una “mutua distruzione assicurata” sul piano economico e finanziario: Cina e Stati Uniti sono economicamente interdipendenti. Per la Cina gli Stati Uniti sono il mercato estero più importante. Detentrice di un forte avanzo nel conto delle partite correnti, la Cina ha acquistato buoni del Tesoro americani per un valore di 1.200 miliardi di dollari, una “bomba nucleare finanziaria” che lega le sorti dei due paesi. (3) Vi è poi una manifesta necessità di cooperazione bilaterale per affrontare le sfide globali: dalla sicurezza del cyberspazio ai cambiamenti climatici, alle crisi nucleari in Corea del Nord e Iran. (4) Infine, esistono forti legami che uniscono le due società e singoli individui all’interno di esse. L’interdipendenza tra Cina e Stati Uniti è a tal punto determinante per la sicurezza e lo sviluppo di ciascuno dei due paesi da aver reso possibile un “nuovo tipo di relazioni”.
È importante capire che questo non è un auspicio per il futuro, ma una realtà di fatto. Durante la prima amministrazione Obama la relazione bilaterale tra i due paesi ha attraversato un anno di luna di miele per poi entrare in un triennio di contrasti. Molti studiosi ritengono che tra le ragioni di questa dinamica vi siano le eccessive aspettative che ciascuna parte nutriva nei confronti dell’altra. Gli Stati Uniti si aspettavano che la Cina venisse loro incontro su questioni ritenute dirimenti come i cambiamenti climatici. La Cina si aspettava che gli Stati Uniti ammorbidissero le proprie posizioni su temi come Taiwan. Quando le aspettative non hanno trovato riscontro nei fatti, le relazioni bilaterali si sono rapidamente deteriorate. Ora la Cina ha una nuova generazione di leader guidata da Xi Jinping. Il presidente Obama, ormai al suo secondo mandato, non deve più preoccuparsi della rielezione. È tempo per entrambe le parti di guardare lontano. Ma è necessario che gli errori del 2009 non si ripetano: rafforzare le fondamenta e i pilastri dell’interdipendenza e gestire con cautela le eventuali crisi è più realistico di quanto non lo sia ideare nuovi, grandi disegni.
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