La Belt and Road Initiative (BRI) del Presidente Xi Jinping è entrata nel suo quinto anno di attuazione. Finora la strategia economica cinese è stata caratterizzata da progetti infrastrutturali ed energetici finanziati dalle banche di Stato in mercati emergenti. Con il proseguire dello sviluppo dei progetti, i rischi ad essi connessi si fanno più diversificati e complessi. Le perdite finanziarie e i contenziosi legali in giurisdizioni straniere stanno diventando prassi comune per un numero sempre crescente di aziende cinesi; altrove, nelle aree maggiormente a rischio, ai problemi di natura legale e finanziaria si associano quelli legati alla sicurezza delle infrastrutture e dei lavoratori. Data la persistente reticenza di Pechino a dispiegare le proprie Forze armate all’estero in ossequio al principio di non interferenza negli affari interni dei paesi terzi, una delle poche vie alternative praticabili è legata allo sviluppo del settore della sicurezza privata.[1]
Il ruolo delle società di sicurezza private
Quasi quattro decenni di crescita economica ininterrotta e di accumulo di nuove competenze nella ricerca e sviluppo hanno permesso alla Cina del Presidente Xi Jinping di accelerare la modernizzazione del settore della Difesa. In questo contesto, l’Esercito popolare di liberazione (Epl) e la Polizia armata del popolo (Pap) sono al centro di una profonda revisione della dottrina e delle capacità operative in contesti esteri.[2] Lo stesso comparto dell’industria militare ha compiuto progressi degni di nota, portando il paese dall’essere importatore netto di dotazioni militari a protagonista del commercio internazionale di armi dopo Stati Uniti, Russia, Francia e Germania. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), le vendite di armi convenzionali in Cina hanno raggiunto 1,13 miliardi di dollari Usa nel 2017.[3] Un chiaro esempio di questa tendenza è stato offerto durante le ultime esercitazioni condotte nell’ambito della Shanghai Cooperation Organization (SCO).[4] Nelle precedenti edizioni la Federazione russa era il solo attore a poter presentare tecnologie militari innovative, poi destinate a finire nella shopping list dei paesi dell’Asia centrale. Durante la più recente simulazione, invece, anche le nuove dotazioni cinesi – rese ancor più attraenti da linee di credito preferenziali offerte dalle banche di Stato cinesi – hanno iniziato a trovare posto lungo i confini kirghisi e uzbechi. Non si tratta di numeri assoluti che possano insidiare il primato statunitense – il valore complessivo delle armi esportate da Pechino è ancora limitato rispetto al fatturato del military-industrial complex (Mic) statunitense, le cui esportazioni hanno raggiunto in media 9 miliardi di dollari Usa l’anno nell’ultimo decennio – ma la tendenza è molto significativa.[5] Tra le ultime innovazioni nel settore cinese della difesa vi sono le società di sicurezza privata.
È bene sgombrare subito il campo da un equivoco: nonostante un numero crescente di specialisti concordi nel riscontrare una crescente assertività nella proiezione della Cina verso l’esterno, è fuorviante pensare alle società private cinesi di sicurezza come a una sorta di legione straniera che le autorità di Pechino possano impegnare all’estero al posto dell’Epl.[6] La premessa è che per proteggere le nuove “Vie della Seta”, sia lungo le rotte marittime sia lungo le direttrici terrestri, è necessaria un’ampia gamma di servizi di sicurezza. Le imprese cinesi di Stato riconoscono apertamente i numerosi rischi associati all’esposizione che vanno assumendo – tramite investimenti diretti, prestiti e aiuti allo sviluppo – nel novero sempre più numeroso di paesi in via di sviluppo in cui operano: repentine crisi economiche, corruzione, violenza, instabilità politica e conflitti civili e interstatali. A causa della loro natura ibrida, in cui una ragione sociale pubblica si associa alla natura commerciale dell’operatività aziendale, tali imprese tendono a fare eccessivo affidamento sul sostegno di Pechino in caso di crisi. La mancanza di un’adeguata valutazione dei rischi politici e della violenza criminale è purtroppo ancora comune nelle analisi dei progetti riferiti alla BRI. Diversi corridoi strategici lungo i quali si sviluppa l’iniziativa sono caratterizzati da conflitti armati, tensioni sociali, criminalità organizzata, spinte indipendentiste, governi deboli e corrotti. In queste situazioni, non solo le risorse finanziarie e infrastrutturali cinesi sono a rischio, ma la stessa vita dei lavoratori cinesi e locali è quotidianamente minacciata, come di recente accaduto nella città portuale di Karachi in Pakistan. Spesso le imprese cinesi ricevono un sostegno limitato dalle forze di pubblica sicurezza nei paesi ove hanno investito e non sono in grado di ricorrere al sostegno del proprio governo, che è troppo distante o politicamente impossibilitato ad agire in maniera repentina.
Come le imprese cinesi intendano garantire la sicurezza delle proprie operazioni all’estero è dunque questione decisiva e ampiamente dibattuta. La maggior parte degli analisti tende a misurare l’influenza cinese lungo la BRI in termini esclusivamente economici e politici, ma la corretta gestione del rischio e gli strumenti di proiezione della sicurezza stanno diventando fattori centrali nel determinare il successo o il fallimento di molti progetti collegati alle nuove “Vie della Seta”. Una delle risposte a questo problema sono le oltre 5.000 società di sicurezza privata cinesi che già oggi impiegano quasi 3 milioni di addetti non armati: non si tratta di attori tenuti in grande considerazione né a livello internazionale né a livello nazionale, ma costituiscono nondimeno un’espressione di intraprendenza che potrà avere una salienza crescente nel prossimo futuro.[7] Di queste 5.000 realtà solo un’esigua minoranza ha la capacità di operare all’estero, mentre nella maggior parte dei casi si tende a subappaltare la gestione della sicurezza a operatori locali o internazionali come Control Risks, G4S o Prosegur. La presenza all’estero di società di sicurezza privata cinesi è d’altronde limitata per effetto della legge cinese, che vieta loro l’utilizzo di armi anche al di fuori dei confini nazionali.[8] Le eccezioni a tale norma sono assai limitate: ad esempio la società Huan Xin Zhong An (HXZA Security Group), che fornisce operatori cinesi armati per funzioni di protezione anti-pirateria su navi commerciali (tipicamente del gruppo COSCO), o la China City Guard Security Service Group, che possiede una rara licenza “di primo livello”, che permette l’impiego di guardie del corpo armate.
Opportunità di cooperazione internazionale
L’attuale penetrazione economica delle imprese di Stato cinesi nei paesi interessati dalle nuove “Vie della Seta” riflette anche una proiezione del potere di Pechino, che richiede una lettura non solo dal punto di vista geo-economico. In primo luogo, i requisiti di sicurezza della BRI determinano una nuova serie di problematiche, ma anche notevoli opportunità per i paesi ed i gruppi interessati a giocare una parte nei processi di internazionalizzazione della sicurezza cinese. In secondo luogo, la varietà delle problematiche da gestire e la moltitudine degli attori coinvolti richiedono strumenti normativi nuovi, che devono essere definiti e resi operativi in chiave multilaterale. Lo stesso approccio bilaterale, spesso favorito da Pechino, non può essere limitato alla gestione di crisi in atto, ma deve essere sviluppato in ottica preventiva, elaborando metodologie di analisi condivise per disinnescare potenziali minacce e mitigare le eventuali crisi che dovessero manifestarsi nei contesti locali interessati dalla BRI. L’assenza di precedenti e la carenza di esperienze pregresse in campo internazionale da parte delle società di sicurezza cinesi lascia ampio spazio all’emulazione di prassi efficaci e al trasferimento di modelli internazionali virtuosi che siano in grado di offrire a Pechino nuovi metodi di governance.[9]
Se non si corrispondesse a questa tendenza, il settore cinese della sicurezza privata potrebbe non concorrere alla formulazione e all’utilizzo di standard internazionali, quale ad esempio il Montreaux, International Code of Conduct (ICoC), ISO 18788, PSC1. In questo caso il vuoto lasciato dall’Occidente potrebbe essere colmato da altre società di sicurezza, ad esempio russe, con standard ben diversi da quelli impiegati in Europa e negli Stati Uniti. Il recente impiego di mercenari russi da parte della società Wagner Group nel conflitto siriano o l’approccio commerciale di società come Polus ST LLC, che offre servizi avanzati di sicurezza perimetrale e tecnologie per l’intelligence, sono un esempio eloquente. L’Unione europea, seguendo la via tracciata dal governo svizzero e dal Comitato internazionale della Croce rossa (ICRC), ha la possibilità di svolgere un ruolo fondamentale nel dare forma e sostanza al nascente settore della sicurezza privata cinese. L’Ue è ben posizionata per offrire capacità normative e formative al settore pubblico e privato cinese nel campo della sicurezza e della gestione delle crisi. Nei paesi dell’Unione il settore è maturo e presenta una copertura delle problematiche della sicurezza privata ad ampio raggio, dalla valutazione del rischio, alla sicurezza personale, marittima e cyber. Allo stesso modo, il sostegno offerto dal settore assicurativo privato europeo agli omologhi cinesi di Stato è essenziale per lo sviluppo di competenze sul trasferimento del rischio e sulle assicurazioni speciali, come nel caso della copertura del rischio per rapimento internazionale a scopo estorsivo (minaccia che dall’Africa si sta velocemente estendendo a molte altre aree interessate dalla BRI o comunque ricche di investimenti cinesi come il Brasile).
Le imprese europee del settore stanno già formulando manifestazioni di interesse per stabilire forme di cooperazione con partner cinesi.[10] Nonostante paesi come l’Italia, il Belgio e l’Olanda non siano sotto i riflettori dei media come avviene per Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele con riferimento all’offerta di servizi di sicurezza privata, vi sono già progetti di cooperazione e di acquisizione da parte di omologhi cinesi. Le società di sicurezza cinesi hanno già dimostrato il proprio interesse per l’Italia rilevando quote maggioritarie in società di sicurezza con un portafoglio di clienti aziendali di prestigio, oltre che dotate di operatori con un passato nelle forze speciali italiane.[11] Gli interessi cinesi per questo tipo di operazioni sono plurimi: acquisire licenze altrimenti difficilmente ottenibili per operare in Europa; introiettare le competenze derivanti delle precedenti esperienze militari di alto livello degli operatori italiani; associarsi a partner che godono di ottima reputazione, per esempio per la gestione della sicurezza per brand di lusso o eventi internazionali in Italia. Questi sviluppi non dovrebbero essere lasciati all’iniziativa delle singole imprese: è importante che Bruxelles e gli Stati membri vigilino affinché i servizi offerti siano aderenti alle normative vigenti. Nel frattempo, il monitoraggio delle acquisizioni aziendali è essenziale per evitare il trasferimento di tecnologie vietate dalla normativa sul dual-use e di know-how che possa in un futuro non troppo lontano presentare ripercussioni a carico dei sistemi difensivi europei.
Dal punto di vista della governance, l’Ue si trova quindi in una posizione privilegiata per contribuire a promuovere norme internazionali che gli operatori cinesi siano tenuti a seguire per allinearsi con il settore della sicurezza privata occidentale. Come già accennato, altri attori internazionali come il governo svizzero, il settore pubblico e privato di Singapore, l’International Code of Conduct Association (ICoCA) e l’ICRC hanno iniziato a operare in questa direzione. È di vitale importanza che l’approccio europeo alla sicurezza riconosca la responsabilità, sia da parte delle imprese sia da parte dei fornitori privati di servizi di sicurezza, nel garantire che le operazioni siano effettuate tenendo conto dei diritti e del benessere di tutte le parti interessate.
A tal fine sarà importante comprendere a quali trasformazioni andrà incontro il settore cinese della sicurezza privata, con particolare riferimento alla natura delle aziende coinvolte: se queste ultime rimarranno orientate esclusivamente agli aspetti passivi della sicurezza o se tenderanno invece verso modelli maggiormente aggressivi. Il mancato adeguamento alle best practices internazionali potrebbe infatti portare a tragedie come avvenuto con l’uccisione di civili da parte della società di sicurezza privata statunitense Blackwater in Iraq. Sempre utilizzando l’esempio di Blackwater, è opportuno considerare che la collaborazione con società di sicurezza cinesi non allineate con le normative del paese ospitante può comportare spiacevoli conseguenze per gli operatori coinvolti, con accuse che possono spaziare dallo spionaggio al trasferimento di tecnologie e conoscenze militari sotto embargo. Erick Prince, fondatore di Blackwater e partner della società di Hong Kong FSG (Frontier Services Group), che opera in Cina, è nuovamente nell’occhio del ciclone per presunte attività in collegamento con l’Esercito cinese. Nel mutevole panorama della BRI è essenziale, dal punto di vista europeo, instaurare un dialogo con le istituzioni cinesi competenti, tra cui la Commissione Nazionale di Sviluppo e Riforma e la Commissione per la Supervisione e l’Amministrazione degli Asset di Stato, che monitorano l’impiego delle società private di sicurezza cinesi, orientano la legislazione in materia e vigilano sulla sua applicazione.
Per mantenere la promessa di una cooperazione “vantaggiosa per tutti”, le aziende coinvolte nei progetti BRI devono essere in grado di gestire e mitigare i rischi in ambienti complessi. Se implementata correttamente, l’interazione tra progetti globali e dinamiche di sicurezza locali innescata dalla BRI potrebbe agevolare relazioni costruttive tra Europa e Cina in aree del mondo bisognose di stabilità e sviluppo economico e umano. Al contrario, la mancanza di trasparenza e di responsabilità, in particolare nel delicato settore della sicurezza, potrebbe esacerbare tensioni geopolitiche e fragilità locali con conseguenze imponderabili.
[1] Alessandro Arduino, China’s private army. Protecting the New Silk Road (Londra: Palgrave 2018), 3.
[2] James Char e Richard A. Bitzinger, “PLA Under Xi Jinping: new direction in strategic thinking?”, RSIS Commentary, n. 218, 17 novembre 2017, disponibile all’Url https://www.rsis.edu.sg/rsis-publication/rsis/co17218-pla-under-xi-jinping-new-direction-in-strategic-thinking.
[3] Si veda il database dello Stockholm International Peace Research Institute, consultabile all’Url https://www.sipri.org/databases/armstransfers.
[4] Marcel de Haas, “War games of the Shanghai Cooperation Organization and the Collective Security Treaty Organization: drills on the move!”, The Journal of Slavic Military Studies 29 (2016) 3: 378-406.
[5] Si veda il database dello Stockholm International Peace Research Institute, consultabile all’Url https://www.sipri.org/databases/armstransfers.
[6] Alessandro Arduino, “How will Beijing provide security for Chinese personnel and infrastructure along the Belt and Road?”, The Diplomat, 20 marzo 2018, disponibile all’Url https://thediplomat.com/2018/03/chinas-private-army-protecting-the-new-silk-road.
[7] Alessandro Arduino, China’s private army. Protecting the New Silk Road (Londra: Palgrave 2018), 42.
[8] Li Weihai, Zhōngguó bǎo’ān qǐyè. Kāizhǎn hǎiwài yèwù de fǎlǜ yú jiānguǎn yánjiū [Società di sicurezza cinesi. Ricerca sugli aspetti giuridici e gestionali dell’apertura di attività all’estero] (Pechino: Law Press, 2015), 13.
[9] Relazione di Guo Taisheng, Direttore della China Security Association e professore della People’s Public Security University of China, “The protection of China’s overseas interests and the internationalization of the security enterprises”, International Symposium on Private Security Companies in the Globalized Context and Legal Regulations, Pechino, 11-12 aprile 2018.
[10] Guo Taisheng, Bǎo’ān yè yǔ shèhuì ānquán. Guójì lǐlùn yǔ shíjiàn (Il settore della sicurezza e la sicurezza sociale: teoria e pratica internazionali) (Pechino: Law Press, 2015), 99.
[11] Interviste dell’autore con società di sicurezza cinesi in procinto di sviluppare fusioni e acquisizioni in Europa: Shanghai, febbraio-maggio 2018.
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