Quando oltre sei anni fa, subito dopo la laurea in Bocconi, ho fatto le valigie e preso un volo destinazione Bangkok per un tirocinio presso la Camera di Commercio Italo-Thailandese, non avrei potuto immaginare di restare così a lungo né in Thailandia, né nella stessa azienda. Infatti, dopo l’esperienza alla Camera la mia strada si è incrociata con quella della Ronchi Mario S.p.A, azienda lombarda produttrice di macchinari per il packaging (in particolare sistemi di imbottigliamento e tappatura) che aveva appena aperto un ufficio di rappresentanza a Bangkok tramite lo studio Legal and Commercial Services International fondato nel 1996 dall’avvocato toscano Chiappa, uno dei primissimi italiani a fare business nel Paese, e presso il quale ero stato assunto. Poco dopo, tuttavia, l’azienda ha deciso di puntare fortemente su di me perché, seppur giovane e con poca esperienza, avevo già avuto modo di iniziare a conoscere il mercato locale. Oggi sono il responsabile della filiale thailandese, ma da tre anni mi occupo anche della parte commerciale gestendo le vendite in tutto il Sud-est asiatico.
L’ufficio di Bangkok è stato il primo aperto da Ronchi nel continente, in risposta alla crescita del mercato asiatico. La scelta di puntare sulla Thailandia rispetto ad altri Paesi derivava soprattutto dalla maggior semplicità delle leggi thailandesi e dalla posizione geografica strategica, mentre Bangkok è stata selezionata rispetto ad altre città del Sud-est asiatico per la presenza radicata di tutte le multinazionali – i nostri clienti naturali dal momento che offriamo un prodotto molto costoso – nei settori food, farmaceutico, chimico e dei prodotti per l’igiene, ovvero i quattro settori che comprendono i potenziali clienti di Ronchi. A Singapore, ad esempio, non si riscontrano investimenti produttivi in tali settori da parte di imprese multinazionali, ad eccezione del settore farmaceutico. Proprio i costi elevati dei nostri macchinari hanno finora rappresentato un ostacolo all’espansione verso il mercato vietnamita dove al momento abbiamo installato solo una linea, mentre in Malaysia l’ostacolo principale consiste nella dimensione ridotta del mercato. L’Indonesia, invece, presenta uno scenario opposto a quello malaysiano e molto promettente: un mercato interno enorme, tante aziende locali che competono con i gruppi multinazionali e che riescono a raggiungere grandissimi volumi, rilevanza e crescita del mercato dei prodotti halal dedicati ai musulmani e quindi grandi potenzialità per i nostri prodotti. Ad oggi non abbiamo ancora clienti che non siano multinazionali, ma queste aziende sono vicine a fare il passo per potersi permettere i nostri prodotti.
Nonostante l’emergere di altri Paesi della regione come l’Indonesia, la Thailandia resta ancora la scelta migliore per gli investitori soprattutto grazie a un ceto medio in continua espansione (il trend mostra che potrebbe diventare un Paese ad alto reddito) e alla qualità delle infrastrutture con cui possono competere solo quelle di Singapore. In Vietnam, ad esempio, non c’è ancora un’autostrada e i lavori per la costruzione della metropolitana di Ho Chi Minh City, la città commerciale del Paese, vanno avanti da anni. Giacarta è la città con più traffico al mondo e anch’essa è priva di linee metropolitane. Per contro la Thailandia sta continuando a migliorare la rete metropolitana di Bangkok con un ambizioso piano che prevede entro il 2025 oltre 15 linee. Fa sicuramente da contraltare l’instabilità politica: da quando mi sono trasferito qui ad inizio 2009 ho assistito a colpi di stato, coprifuoco, aeroporti bloccati, tutti fenomeni naturalmente assenti in Vietnam. Un altro limite è sicuramente rappresentato da un quadro legislativo un po’ limitante verso gli stranieri, come dimostra il divieto per i privati di acquistare terreni. Di conseguenza uno straniero può acquistare solo un condominio all’interno di un edificio in cui il 51% delle unità sia intestato a soggetti thailandesi. Infine, se si resta affascinati dalla Thailandia visitandola da turisti per i suoi paesaggi bellissimi, i costi bassi e la popolazione sorridente, bisogna tener presente che viverci e lavorarci è un’altra cosa. La difficoltà maggiori sono la lingua e la necessità di adattarsi e di comprendere il modo di comportarsi thailandese che è molto meno diretto rispetto al nostro. La tendenza a evitare il conflitto spesso può trarre in inganno quando si fa business portando l’interlocutore italiano a credere che vada tutto bene, anche quando non è così.
L’ufficio Ronchi di Bangkok è stato il primo in Asia, ma data la continua crescita del mercato asiatico e l’impossibilità di gestire tutto il continente dalla Thailandia, è stato seguito da un ufficio a Shanghai nel 2012 e poi da uno a Delhi nel 2013. Oggi la filiale di Bangkok copre dunque tutto il Sud-est asiatico, tramite una struttura snella composta da 3 tecnici e un amministrativo thailandesi, mentre tutta la produzione avviene in Italia e gli aspetti legali, così come la contabilità, sono gestiti dal già citato studio Legal and Commercial Services International. La spedizione avviene direttamente dall’Italia, ma la filiale gioca un ruolo chiave sia nel processo commerciale a monte della vendita, sia nella fase post-vendita in cui forniamo assistenza tecnica e ricambi in tempi rapidi grazie al nostro magazzino in loco. Proprio questi servizi post-vendita sono fondamentali per rassicurare il cliente e battere la concorrenza dei nostri competitors privi di una filiale regionale. Per quanto riguarda i rapporti con il ‘Sistema Italia’, vendendo un prodotto di nicchia non abbiamo necessità di far parte della Camera di Commercio. Abbiamo però contatti con l’Italian Trade Agency (ITA) che in occasione delle fiere di settore svolge una funzione di facilitazione e coordinamento, ad esempio fornendoci i dati di tutte le aziende partecipanti. Ci tengo a sottolineare come la nostra esperienza con l’ICE prima e con l’ITA poi sia sempre stata molto positiva e che il ruolo dell’agenzia è essenziale per fornire un supporto in loco alle aziende e favorire una massiccia partecipazione delle imprese italiane alle fiere del nostro settore, organizzate dall’Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio (UCIMA).
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