La recente visita in Cina del presidente del Consiglio Matteo Renzi ha ottenuto considerevole risalto sui media cinesi. Non era scontato, data la (comprensibile) disattenzione dell’opinione pubblica cinese per il panorama politico italiano – se si eccettua l’universale popolarità di taluni personaggi politici, a partire da Silvio Berlusconi (Xi’erwei’ao Beilusikeni, 西尔维奥·贝卢斯科尼). Dinanzi ai resoconti giornalistici della visita di Matteo Renzi (Matai’ao Lunqi, 马泰奥·伦 齐), il dato forse più interessante è però la diversità di copertura e taglio offerti dai media dell’ufficialità e quelli a vocazione popolare.
Per media dell’ufficialità si intendono quei mezzi di comunicazione che trasmettono la voce delle autorità – il Partito, il governo, le forze armate. Si tratta di canali che da sempre i China watchers monitorano con la massima attenzione, per cogliere quei cambiamenti di sfumatura nel discorso ufficiale che spesso preannunciano più sostanziali cambiamenti di policy (o di politics). Naturale quindi che la comunicazione attraverso questi media segua un rigoroso protocollo: taglio dell’articolo sulla pagina di giornale, immagine e didascalia di corredo, posizionamento del servizio nella scaletta del telegiornale – nulla è lasciato al caso.
La copertura della visita di Renzi sui media dell’ufficialità ha seguito inevitabilmente questo raffinato protocollo. Si prenda ad esempio il Quotidiano del popolo (Renmin ribao, 人民日报), canale dell’ufficialità per eccellenza. Il giornale ha annunciato la visita del presidente del Consiglio italiano nel giorno del suo arrivo in Cina, il 10 giugno, con un brevissimo articolo pubblicato a pagina 3 (sito in cinese): “Il primo ministro italiano Renzi inizia oggi la sua visita ufficiale in Cina”. A questa circoscritta manovra di avvicinamento segue un giorno di silenzio, ma ecco che il 12 giugno Renzi – o meglio Xi Jinping – guadagna la prima pagina (sito in cinese), con taglio d’apertura in alto a destra: “Xi Jinping incontra il primo ministro italiano Renzi”. Appena sotto, un secondo pezzo dà notizia dell’incontro tra il primo ministro Li Keqiang e Renzi e – ancora sotto – un terzo articolo riferisce dell’incontro con il presidente del Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo, Zhang Dejiang. Ulteriori dettagli sull’agenda sono forniti all’interno del giornale, a pagina 2 (sito in cinese).
Questa disposizione delle notizie segue una logica ben precisa. Di consueto la prima pagina dà conto delle attività dei “leader” (lingdao, 领导) cinesi, in ordine di gerarchia: il taglio d’apertura è dunque riservato al segretario generale del Partito e presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping, cui seguono – via via scendendo – il numero due e il numero tre nella gerarchia di partito, rispettivamente Li Keqiang e Zhang Dejiang. È questa stessa impostazione a dominare anche la copertura degli incontri con i “leader” stranieri: e non è quindi un caso se il giorno seguente, 13 giugno (sito in cinese), lo stesso taglio d’apertura riservato a Renzi viene dedicato all’incontro tra Xi Jinping e il presidente della Repubblica del Congo Denis Sassou Nguesso, pure in visita a Pechino. Anche il contenuto degli articoli segue rigide regole di protocollo, limitandosi a riassumere le dichiarazioni dei due “leader” che si incontrano: tipicamente, a un paio di capoversi con le dichiarazioni del “leader” cinese segue un singolo capoverso con le dichiarazioni del “leader” ospite – o comunque in simili proporzioni.
Tutto cambia se si sposta lo sguardo dai media dell’ufficialità a quelli a vocazione popolare. È il caso per esempio della stampa locale, che opera all’interno di un vero e proprio mercato editoriale e necessita quindi di conquistare uno per uno i propri lettori. Le dinamiche che vediamo all’opera in questa seconda categoria di media sono molto più familiari. Prendiamo ad esempio un diffuso quotidiano di Pechino, il Xin jing bao (新京报, tradotto in inglese come Beijing News). Anche in questo caso la manovra di avvicinamento inizia il 10 giugno (sito in cinese), ma forme e toni sono ben diversi: tre quarti di pagina all’interno del giornale (p. A19), con grande fotografia e titolone “Il ‘più giovane primo ministro’ italiano inizia oggi la sua visita in Cina”. A un pezzo introduttivo seguono riquadri di approfondimento: in particolare un corsivo dedicato al “personaggio” (renwu, 人 物), in cui si riassume per sommi capi la fulminea carriera di Renzi e se ne trasmettono alcune parole d’ordine – dall’“attacco al sistema burocratico” ai noti 80 euro.
Anche sul Xin jing bao Renzi scompare l’11 per riapparire poi il 12, con mezza pagina (sito in cinese) dedicata questa volta a un provvedimento da lui annunciato nel corso della visita: la riduzione a 36 ore dei tempi di attesa per i visti. “Paesi europei e visti per i cinesi: Italia la più veloce”, come recita il titolo del pezzo di approfondimento nel taglio laterale. Questa notizia sommerge il resoconto ufficiale dell’incontro di Renzi con Xi Jinping, Li Keqiang e Zhang Dejiang, cui pure sono dedicate le prime righe del pezzo. Ben si comprendono le ragioni di questa scelta: secondo dati forniti dal giornale stesso, nel 2013 l’ambasciata e i consolati italiani in Cina hanno emesso oltre 340.000 visti, di cui 280.000 per turismo. Lecito quindi aspettarsi che al lettore del giornale i tempi di rilascio dei visti interessino di più dell’agenda dei “leader”.
Come indicano questi esempi, la logica comunicativa cambia quindi radicalmente da media ufficiali a media popolari: da un lato la cronaca ufficiale della visita, dall’altro l’enucleazione di un personaggio e di un provvedimento-simbolo. La costruzione del personaggioRenzi è ancor più evidente nell’evento mediatico probabilmente più significativo dell’intera visita in Cina: la lunga intervista televisiva realizzata per il programma Dialogo (Duihua, 对话) di CCTV 2, il canale di informazione economico-finanziaria della tv di stato. Presentato come l’“Obama italiano”, Renzi viene introdotto sulle note dell’immancabile “O sole mio”, mentre scorrono sul video immagini-cliché dell’Italia: il Colosseo, una sfilata di moda, naturalmente un piatto di pasta e poi, in un crescente tripudio, vino, olive, Pavarotti, la coppa del mondo del 2006. Seguono 50 minuti di intervista a Renzi, in cui il presentatore spazia dalla cooperazione economica tra Italia e Cina alle auto blu messe in vendita su Ebay, da Marco Polo ai mondiali di calcio. Si inseriscono qua e là brevi interviste: al vicepresidente del China Institute of Contemporary International Relations, Feng Zhongping, a italiani fermati per strada, a imprenditori attenti alla Cina e a giornalisti della Reuters. Su tutto domina però il personaggio, vero elemento unificante e strutturante dell’intera trasmissione: è attraverso il personaggio che lo spettatore entra in contatto con una realtà a lui lontana, in un continuo gioco di specchi tra vecchi stereotipi e immagini nuove.
Se la logica comunicativa dei media dell’ufficialità appare lontana e vagamente rétro, altrettanto non si può quindi dire per i media a vocazione popolare. Come si vede, siamo qui di fronte a dinamiche della comunicazione assai vicine a quelle occidentali: ulteriore conferma che – pure in questo ambito – l’idea di una Cina come “altro” è quanto mai fuorviante.
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