L’ordine regionale dell’Asia-Pacifico attraversa un processo di trasformazione segnato da molteplici vettori strategici. La competizione fra Cina e Stati Uniti è solo una delle dinamiche che stanno disegnando il futuro assetto regionale. Secondo Rory Medcalf nei prossimi anni il ruolo di quelli che egli definisce “middle players” – Giappone, India, Indonesia, e Australia – avrà assunto un peso decisivo. Questi Paesi insieme conteranno su una popolazione di circa due miliardi e un Prodotto Interno Lordo (PIL) di sessantaquattromila miliardi di dollari[1]. Quindi, al di là di ciò che accade a Washington o Pechino, vanno osservati con attenzione i processi di integrazione economica pan-regionale; l’ascesa dell’India e l’incertezza sulla propria postura strategica negli anni a venire; le tensioni e le dispute intraregionali come quella fra Giappone e Corea del Sud, solo per fare un esempio; le ambizioni dell’Indonesia; e, non da ultimo, la postura geopolitica dell’Australia.
Mentre vari attori cercano di plasmare l’ordine regionale, l’Australia è stata coinvolta nelle trattative di due grandi accordi commerciali che si pongono l’obiettivo di coprire il vuoto causato dal lento processo decisionale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Da una parte si trova il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP), che è la versione a undici membri della vecchia Trans-Pacific Partnership (TPP) promosso dall’amministrazione di Barack Obama, diventato operativo alla fine del 2018. Dall’altra parte, invece, si trova la Regional Comprehensive Economic Partnership, che coinvolge i dieci Paesi membri dell’Association of South-East Asian Nations (ASEAN), i tre Paesi membri dell’ASEAN+3 (Cina, Giappone, Corea del Sud) e i due membri dell’ASEAN+6 (Australia e Nuova Zelanda).
La bozza originaria della TPP si poneva l’obiettivo di accelerare il lento processo del Doha Round su Internet e servizi, ostacolato da divisioni che riflettono un ordine mondiale sempre più multipolare. Allo stesso tempo, rafforzava i principi del libero mercato, seguendo una logica che serviva la strategia statunitense per contenere il capitalismo di Stato cinese, ma non solo questo, visto che il modello sviluppista è da sempre in voga in altre parti dell’Asia[2]. Il CPTPP, anche senza gli Stati Uniti, continua a portare avanti l’agenda della TPP nel senso che due terzi delle disposizioni contenute nella CPTPP sono rimaste invariate rispetto alla TPP. Invece, diverse disposizioni che erano di interesse per gli Stati Uniti sono state cancellate o modificate[3]. Invece, il RCEP è meno ambizioso nella misura in cui è un progetto che si pone l’obiettivo di favorire le economie asiatiche in Via di sviluppo[4]. Infatti, il RCEP è meno rigido per quanto riguarda le norme ambientali e lavorative e più limitato nello scopo[5].
L’Australia, insieme a Brunei, Giappone, Malaysia, Nuova Zelanda, Singapore e Vietnam, è uno di quei Paesi che si trova già all’interno del CPTPP e che negozia per far parte della RCEP. Sebbene candidati come Australia e Nuova Zelanda fossero scettici riguardo a questo nuovo accordo, la guerra commerciale iniziata dall’amministrazione di Donald Trump – che ha colpito indistintamente avversari ed alleati – ha convinto i due Paesi a fare marcia indietro. Le opportunità per l’Australia sono tangibili. Il RCEP ha visto coinvolti nelle negoziazioni sedici membri – in realtà quindici se l’India non accede nuovamente dopo essere uscita – che a livello mondiale ammontano a quasi la metà della popolazione, circa il 30% del PIL e più di un quarto dell’export[6]. Come spiegato dal Ministro per il Commercio, il Turismo e gli Investimenti, il senatore Simon Birmingham, il governo australiano ha mantenuto una posizione favorevole all’accordo commerciale perché tra i Paesi membri ci sono “nove fra i quindici maggiori partner commerciali” dell’Australia, l’equivalente del “58% del nostro commercio e del 66% delle nostre esportazioni”[7]. Sul fronte degli investimenti è stato argomentato che per l’Australia si tratta di un’opportunità di “[s]ostenere una maggiore trasparenza legislativa e normativa nei principali mercati RCEP, […] e consentire agli investitori australiani di costituire filiali nei Paesi partner senza stipulare una joint venture con un partner locale”[8]. Per l’Australia, però, non si tratta solo di un’opportunità per aumentare il volume del proprio commercio. Il RCEP è anche un’occasione per aggiungere un ulteriore pilastro al processo di regionalizzazione in un momento storico in cui l’ordine liberale internazionale rischia di retrocedere verso il protezionismo.
È stato tuttavia osservato che i benefici potrebbero essere limitati dal fatto che “l’India era l’unica parte nei negoziati con cui l’Australia non ha ancora siglato un accordo di libero scambio”. Infatti, “la maggioranza dei Paesi coinvolti nel RCEP sono già firmatari di un altro accordo commerciale con molteplici Paesi, l’ASEAN-Australia-Nuova Zelanda Free Trade Area (AANZFTA)”[9].
Sebbene ci sia chiarezza di intenti da parte del governo di Canberra, la questione del RCEP interseca tre fronti che richiederanno l’attenzione del governo australiano: quello sindacale, quello della reticenza dell’India ad aprire il proprio mercato (uno sbocco commerciale che per il governo australiano offre un elevato potenziale economico) e, infine, quello della competizione fra gli Stati Uniti e la Cina.
Per quanto riguarda le associazioni che rappresentano i lavoratori australiani, l’Australian Council of Trade Unions (ACTU) – il più grande sindacato australiano – ha criticato l’accordo denunciando che “amplierà il potere delle multinazionali e dei blocchi globali in una corsa al ribasso su salari e condizioni per i lavoratori in Australia”. I timori dell’ACTU seguono una logica nazionalista che non è distante dal modo in cui l’Australia tende a gestire l’immigrazione. Si teme che la RCEP dia la possibilità ai datori di lavoro di pubblicizzare un’opportunità fra i lavoratori stranieri con permesso temporaneo prima ancora di aver tentato di reclutare personale australiano. Inoltre, preoccupa il rischio dell’istituzione dell’Investor-state Dispute Settlement (ISDS), il meccanismo che permette alle aziende multinazionali di ricorrere a un tribunale sovrannazionale per la risoluzione di dispute con un governo[10]. A tal proposito, lo scorso anno una coalizione di 52 gruppi della società civile australiana ha inviato una lettera al ministro Birmingham – membro del Partito liberale – criticando l’accordo, ma sulla base di una fuga di notizie dato che il suo testo rimane tuttora segreto[11].
Il sindacato australiano non è l’unico soggetto preoccupato per le future liberalizzazioni. Infatti, un secondo fronte irrisolto per l’Australia coinvolge l’India. L’Australia è intenzionata ad attuare gli obiettivi dell’agenda contenuta nell’India Economic Strategy to 2035. La pianificazione di questa strategia fu commissionata nel maggio 2017 con l’intenzione di agganciare l’economia australiana alle opportunità offerte dall’economia indiana. Nelle motivazioni di questa strategia si legge che l’India è, fra le grandi economie del mondo, quella che cresce più velocemente. Inoltre, è il terzo più grande contributore alla crescita globale: “nei prossimi vent’anni necessiterà di molti beni e servizi che l’Australia è ben organizzata per fornire”[12]. Tuttavia, l’India ha abbandonato le negoziazioni per il RCEP già nel novembre 2019. La posizione di Nuova Delhi era di eliminare solamente l’80% delle tariffe sulle merci e di ottenere una significativa liberalizzazione per il libero movimento di professionisti, specialmente nel settore della tecnologia dell’informazione. In India, questo genere di professionisti abbonda ed è riconosciuto come altamente qualificati[13]. Le preoccupazioni del governo di Narendra Modi sono dettate dalle importazioni dalla Cina ma anche dall’Australia. Queste potrebbero distruggere il tessuto sociale che giace dietro un sistema agrario frammentato e centrato su piccole realtà produttive. Inoltre, Pechino è più interessata all’esportazione di merci, mentre l’India vuole puntare sui servizi, dov’è maggiormente competitiva[14].
L’ostinazione dell’India preoccupa Canberra. Come ha fatto notare da James Laurenceson, c’è parecchia confusione a livello regionale e “spesso [noi australiani] vediamo la regione come vorremmo vederla e non come realmente è”[15]. Infatti, è legittimo chiedersi come possa l’Australia sperare di interagire di più con gli Stati Uniti e l’India se il presidente Trump intraprende guerre commerciali con gli alleati e l’India mantiene una postura protezionista[16].
In un modo o nell’altro, da un punto di vista australiano, le decisioni dell’India si collegano al terzo fronte in cui l’Australia è attiva per la conclusione del RCEP: gli effetti collaterali su scala regionale della rivalità geopolitica fra gli Stati Uniti e la Cina. Nelle valutazioni fatte dal governo di Scott Morrison sul RCEP, il posizionamento fra Stati Uniti e Cina rappresenta un complicato dilemma. Durante la sua visita in Cina nel novembre 2019, con al seguito una grande delegazione di duecento aziende australiane, il ministro Birmingham ha cercato di porre rimedio alle tensioni fra Canberra e Pechino sul caso Huawei. L’Australia impedì l’uso della tecnologia del colosso cinese dopo che esso era stato accusato di aver lanciato un attacco cibernetico contro il Parlamento. Le manovre diplomatiche dell’Australia sono state definite un “pericoloso equilibrio fra interessi commerciali e interessi strategici”, ma di questi tempi nessun Paese fuori e dentro la regione sembra essere immune alla necessità di destreggiarsi fra Washington e Pechino[17]. Intanto, l’Australia dopo aver abbandonato il Quadrilateral Security Dialogue (QUAD) nel 2008 – per non intaccare le proprie relazioni commerciali con la Cina – si è rilanciata nelle discussioni di questa alleanza che con il tempo assume sempre di più i connotati di uno strumento strategico e che quindi può infastidire la Cina. Nel caso le relazioni sino-australiane dovessero essere minate da dissensi su questioni strategiche, il QUAD potrebbe comunque facilitare uno spazio di dialogo fra Nuova Delhi e Canberra.
Mentre è lecito pensare che la le dinamiche di cooperazione e competizione fra gli Stati Uniti e la Cina continueranno a rappresentare un irrisolvibile grattacapo per Canberra e altri governi, di recente si è insistito per coinvolgere l’India nel processo d’integrazione economica regionale. L’ASEAN ha deliberato di voler fare uno sforzo collettivo per far rientrare l’India nelle negoziazioni del RCEP[18]. Tuttavia, l’Australia si è già attivata per recuperare la relazione con Nuova Delhi attraverso un accordo di libero scambio partendo dalle basi gettate nelle precedenti negoziazioni del RCEP. Questa intenzione è già stata sigillata con un incontro fra il ministro Birmingham e la sua controparte indiana, Piyush Goyal, alla fine dello scorso febbraio[19].
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[1] Medcalf, R. (2019), “Mapping a Multipolar Future: The Contest for the Indo-Pacific”, Global Asia, 14 (4), pp. 58-68, disponibile online al link https://www.globalasia.org/data/file/articles/f96dcdc74c0d6cd16a1df466f3fd292a.pdf
[2] Gabusi, G. (2018), “‘Di là dal fiume e tra gli alberi’: l’economia cinese dopo quarant’anni di Stato sviluppista”, Orizzonte Cina, 9 (4), pp. 3-13, disponibile online al link https://www.twai.it/articles/di-la-dal-fiume-e-tra-gli-alberi-leconomia-cinese-dopo-quarantanni-di-stato-sviluppista/
[3] Goodman, M.P. (2018), “From TPP to CPTPP”, CSIS, 8 marzo, disponibile online al link https://www.csis.org/analysis/tpp-cptpp
[4] Seymour, H. e Wilson, J. (2019), “RCEP: An economic architecture for the Indo-Pacific?”, Observer Research Foundation, 4 novembre, disponibile online al link https://www.orfonline.org/expert-speak/rcep-an-economic-architecture-for-the-indo-pacific-57242/
[5] Johnson, K. (2019), “While trump builds tariff walls, Asia bets on free trade”, Foreign Policy, 1 novembre, disponibile online al link https://foreignpolicy.com/2019/11/01/trump-tariffs-free-trade-rcep-asean-india-china-bangkok/
[6] ASEAN (2016), Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), 3 ottobre, disponibile online al link https://asean.org/?static_post=rcep-regional-comprehensive-economic-partnership
[7] Birmingham, S. (2019) “Australia welcomes agreement to finalise regional trade deal, Minister for Trade, Tourism and Investment”, 4 novembre, disponibile online al link https://www.trademinister.gov.au/minister/simon-birmingham/media-release/australia-welcomes-agreement-finalise-regional-trade-deal
[8] Derewlany, N. (2017), “With the RCEP, Australia has a chance to lead”, The Diplomat, 30 agosto, disponibile online al link https://thediplomat.com/2017/08/with-the-rcep-australia-has-a-chance-to-lead/
[9] de Haan, J. (2019), “RCEP Agreement no Guarantee of Increased Australian Exports to ASEAN Countries”, Future Directions, 6 novembre, disponibile online al link http://www.futuredirections.org.au/publication/rcep-agreement-no-guarantee-of-increased-australian-exports-to-asean-countries/
[10] ACTU (2019), “The RCEP deal a raw deal for working Australians”, 1 luglio.
[11] Bagshaw, E. (2019), “Australia leads secret trade negotiations that will sideline US”, The Sydney Morning Herald, 26 giugno.
[12] Varghese, P.N. (2018), “India economic strategy: Letter of transmission”, 27 aprile, cfr. https://www.dfat.gov.au/geo/india/ies/letter-of-transmittal.html
[13] Petri, P.A. e Plummer, M.G. (2018), Australia will gain from continued Asia-Pacific trade integration, Minerals Council of Australia, Modelling Report, settembre, disponibile online al link https://minerals.org.au/sites/default/files/180905%20Australia%20will%20gain%20from%20continued%20Asia-Pacific%20trade%20integration.pdf
[14] Seymour, H. e Wilson, J. (2019), “RCEP…”, cit.
[15] Laurenceson, J. (2020), “Australia’s commercial reality jars with the Indo-Pacific narrative”, The Australian Financial Review, 5 gennaio, disponibile online al sito https://www.afr.com/world/asia/australia-s-commercial-reality-jars-with-the-indo-pacific-narrative-20200105-p53oxg
[16] Seymour, H. e Wilson, J. (2019), “RCEP…”, cit.
[17] Farrer, M. (2019), “‘There is a trade-off’: Asia-Pacific trade deal highlights Australia’s perilous balancing act”, The Guardian, 5 novembre.
[18] New Straits Times (2020), “Asean agrees to persuade India to return to RCEP”, 12 marzo.
[19] The Indu Business Line (2020), “Australia willing to consider bilateral FTA with India on the lines of RCEP”, 24 febbraio.
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