Poiché l’ideologia rappresenta uno strumento ancora estremamente importante per il Partito comunista cinese, ciascuno dei suoi leader ha sinora consegnato alla storia un proprio apporto dottrinale: in linea con tale orientamento si è adoperato Xi Jinping, ottenendo che quest’anno, al 19° congresso, un suo contributo teorico fosse inserito tra i principi guida del Partito. Se, da una parte, egli ha seguito la prassi stabilita dai suoi predecessori, dall’altra, la codificazione della sua dottrina è avvenuta con modalità che presentano alcuni elementi di discontinuità.
Infatti, il cosiddetto “pensiero di Xi Jinping” non solo è stato elaborato in tempi molto brevi, ma è stato anche inserito nello statuto del Partito proprio in contemporanea con la sua sistematizzazione, e dopo soli cinque anni dall’avvento al potere del Segretario generale. Un percorso ben più lungo avevano seguito la codificazione, prima, e l’ufficializzazione statutaria, poi, dei contributi dei predecessori di Xi; quest’ultima si è verificata peraltro soltanto alla conclusione del loro mandato. Nel caso di Jiang Zemin, l’“importante pensiero delle tre rappresentatività” (sange daibiao zhongyao sixiang, 三个代表重要思想) ha fatto la sua comparsa sulla scena politica nel febbraio del 2000, nell’ambito di un discorso tenuto dall’anziano leader nel Guangdong;[1] esso è stato poi ufficializzato con l’inserimento nello statuto del Partito solo quando Jiang ha lasciato la carica di Segretario generale del Pcc al 16° congresso, nel 2002. Un processo simile è avvenuto per la “visione dello sviluppo scientifico” (kexue fazhan guan, 科学发展观), attribuita a Hu Jintao, apparsa per la prima volta in un documento del Partito nell’ottobre del 2003, tra le “Risoluzioni” della 3a sessione plenaria del 16° Comitato centrale;[2] la stessa è stata poi inserita nello statuto del Pcc alla fine del secondo mandato di Hu al 18° congresso nel 2012 (Figura 1).
Per quanto riguarda Xi Jinping, il suo contributo non era stato nemmeno compiutamente sistematizzato prima del recente congresso, sebbene già all’inizio del suo primo mandato, nel 2012, fossero state da lui enunciate due nuove formulazioni, quella del “sogno cinese” (Zhongguo meng, 中国梦) e del “grande rinnovamento della nazione cinese” (Zhonghua minzu weida fuxing, 中华民族伟大复兴). Al di là dei contenuti propagandistici, secondo cui sarebbe la formula più adatta a risolvere gli attuali problemi del paese, garantendone lo sviluppo equilibrato e costante, il “sogno cinese” è da intendersi soprattutto in contrapposizione a quello americano, al modello occidentale e ai suoi valori, in un tentativo di definire le peculiarità del sistema della Repubblica popolare cinese, soprattutto dal punto di vista della sua cultura e civiltà. L’importanza di questi fattori in una prospettiva storica garantirebbe il recupero di un passato glorioso e dell’idea della centralità della Cina, secondo cui a quest’ultima dovrebbe essere restituito il posto che essa occupava prima dello scontro con le potenze occidentali nel XIX secolo. E’ nell’ottica della nuova posizione del paese a livello globale che dovrebbe essere perseguita la “rinascita” della nazione cinese.
Figura 1. Gli “stendardi” (qizhi, 旗帜) ideologici del Pcc e l’anno della relativa ufficializzazione statutaria
In linea con tale visione si colloca la nuova elaborazione presentata al 19° congresso: “il pensiero di Xi Jinping del socialismo con caratteristiche cinesi nella nuova era” (Xi Jinping xin shidai Zhongguo tese shehuizhuyi sixiang, 习近平新时代中国特色社会主义思想). Innanzitutto non si può fare a meno di notare che il nome dell’attuale Segretario generale è chiaramente associato a tale formulazione, mentre non è stato così per i suoi due predecessori, il cui nome non compare nella denominazione del proprio contributo: né Jiang Zemin, né Hu Jintao posseggono ufficialmente un proprio pensiero. Diverso il caso della “teoria di Deng Xiaoping della costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi” (Deng Xiaoping jianshe you Zhongguo tese shehuizhuyi lilun, 邓小平建设有中国特色社会主义理论), che invece riporta il nome dell’anziano leader. Tuttavia questa dottrina è stata attribuita a Deng e incorporata nello statuto del Partito solo dopo la sua morte. Pertanto Xi è l’unico leader – oltre Mao – il cui nominativo è stato inserito nello statuto del Pcc mentre è ancora in vita e pienamente in carica: sorge quindi spontaneo il paragone con la figura del Grande timoniere, il cui pensiero era stato iscritto come ideologia guida già nel 1945, al 7° congresso.
In ogni caso, l’accostamento con Deng si pone essenzialmente per la denominazione adottata per il pensiero di Xi, con il riferimento al “socialismo con caratteristiche cinesi”, che costituisce ormai la base ideologica dell’intero processo di riforma intrapreso a partire dagli anni Ottanta. In quanto adattamento dei principi del marxismo-leninismo alle particolari condizioni socio-economiche della Cina, esso rappresenta la cornice ideologica che ha legittimato i diversi correttivi e sperimentazioni attuati in quasi quarant’anni. La continuità con Deng è quindi fortemente sottolineata nel contributo di Xi: in base alla definizione (link in cinese) che ne ha dato l’organo della Scuola centrale del Pcc, la rivista Qiushi (求是), esso è ritenuto la continuazione e lo sviluppo soprattutto dell’apporto del Piccolo timoniere, oltre che di quello degli altri leader, compreso Mao.
Tuttavia, diversamente da Deng, che aveva messo da parte le preoccupazioni ideologiche, ponendo con una scelta di rottura lo sviluppo economico al centro dell’azione politica, Xi Jinping è invece orientato verso un forte rigore ideologico, di cui ripropone gli imperativi, sostenendo che preservare l’autenticità del socialismo è altrettanto importante quanto la costruzione economica. Una delle sfide più importanti per difendere la purezza ideologica del Partito è intesa dall’attuale Segretario principalmente nell’avversare il fenomeno “deviante” dell’occidentalizzazione: per questa ragione, anche nel suo discorso al 19° congresso (link in cinese), egli ha più volte ribadito l’importanza di aderire ai valori socialisti, la necessità di abbracciare il marxismo e di portare avanti il lavoro in campo ideologico.
Figura 2. Principali sviluppi durante il primo mandato di Xi Jinping alla guida del Pcc
In linea con tale impianto concettuale, l’apporto di Xi pone lo sviluppo del “socialismo con caratteristiche cinesi” in una “nuova era” (xin shidai, 新时代): è questa, a mio avviso, la parola chiave che marca la differenza rispetto agli altri leader del Pcc. Nella sua grandiosa visione, l’attuale Segretario ha l’aspirazione di traghettare la Cina verso una nuova epoca, recuperando la posizione che le spetterebbe di diritto a livello internazionale, in continuità con il glorioso passato imperiale: quella di una ritrovata grandezza è l’ambizione di Xi, in linea con la forte componente nazionalistica insita già nel “sogno cinese” e nel “rinnovamento della nazione cinese”. Rispetto a Mao, che ha posto fine a un secolo di umiliazione creando un nuovo stato unitario e a Deng, che ha fornito prosperità e ricchezza alla popolazione, la xin shidai di Xi pare costituire un nuovo punto di rilancio, di maggiore assertività, con l’obiettivo di segnare quasi una svolta nella periodizzazione della storia della Rpc, inaugurando una fase forse ancora più importante del periodo immediatamente successivo alla morte di Mao.
Per quanto riguarda la politica interna, nel discorso tenuto da Xi al 19° congresso un’importante caratteristica della “nuova era” può essere considerato il principio secondo cui il Partito deve essere al centro di tutto, deve dirigere e controllare ogni cosa: il suo stesso funzionamento interno, il governo, l’esercito, tutta la popolazione e gli ambienti intellettuali, esercitando la propria leadership in ogni ambito e verso i “quattro punti cardinali”, secondo una celebre definizione che risale al periodo maoista: dǎng zhèng jūn mín xué, dōng xī nán běi zhōng, dǎng shì lǐngdǎo yīqiè de (党政军民学,东西南北中,党是领导一切的).
La legittimazione a tale centralità egemonica sembra derivare anche dal rafforzamento della posizione politica di Xi in quanto “nucleo centrale della leadership” (hexin lingdaoren, 核心领导人), titolo che egli ha ufficialmente ottenuto nel corso della 6a sessione plenaria del 18° Comitato centrale, nell’autunno del 2016 (Figura 2).[3]
Tra i vari settori sopra citati, la necessità di rimarcare la guida del Partito sull’intellighenzia costituisce una conferma della politica di attenta supervisione dei media e di stretta vigilanza sul mondo accademico, inaugurata già dal 2013, in una maniera ancora più stringente e sistematica rispetto alle passate amministrazioni.[4] Inoltre, in campo militare il Partito deve esercitare una leadership assoluta sulle forze armate e dirigere il lavoro politico al suo interno.[5] Un forte controllo sull’esercito ha grande peso sia per la sicurezza nazionale, sia per quella internazionale, data la crescente complessità della situazione globale.
Infine il recupero del lessico maoista sopra citato è un’operazione non solo formale, ma sostanziale, in quanto rispecchia fedelmente la linea politica adottata: è un importante richiamo al periodo rivoluzionario degli anni Cinquanta e Sessanta, un’epoca in cui il Pcc controllava completamente l’apparato del governo e la società nel suo complesso. In tale direzione va infatti il progetto di Xi, che sottolinea il primato del Partito, ne ostenta la supremazia e concentra in esso i poteri delle istituzioni statali.[6] Tale indirizzo, a mio avviso, è un chiaro segno di involuzione istituzionale, un processo regressivo preoccupante e pericoloso, che allontana sempre più la Cina dalla realizzazione di un vero stato di diritto.
[1] Marina Miranda, “Il Partito comunista cinese da «partito rivoluzionario» a «partito di governo»”, Mondo Cinese (2002) 113: 15-28.
[2] Marina Miranda, “Riforme e sviluppo sostenibile secondo il nuovo gruppo dirigente del Pcc”, Mondo Cinese (2003) 117: 3-12.
[3] Marina Miranda, “Il nuovo status di Xi Jinping in qualità di core leader e le incognite del XIX Congresso”, in La Cina quarant’anni dopo Mao. Scelte, sviluppi e orientamenti della politica di Xi Jinping, Cina Report 2017, a cura di Marina Miranda (Roma: Carocci, 2017), 44-60.
[4] Marina Miranda, “La re-ideologizzazione del Partito e degli ambienti intellettuali da parte di Xi Jinping”, in Politica, società e cultura di una Cina in ascesa. L’amministrazione Xi Jinping al suo primo mandato, Cina Report 2016, a cura di Marina Miranda (Roma: Carocci, 2016), 49-68.
[5] Simone Dossi, “La riforma militare tra condizionamenti esterni e politica interna”, in La Cina quarant’anni dopo Mao. Scelte, sviluppi e orientamenti della politica di Xi Jinping, Cina Report 2017, a cura di Marina Miranda (Roma: Carocci, 2017), 61-76.
[6] Marina Miranda, “Il veloce consolidamento della posizione politica di Xi Jinping all’inizio del proprio mandato”, in Politica, società e cultura di una Cina in ascesa. L’amministrazione Xi Jinping al suo primo mandato, Cina Report 2016, a cura di Marina Miranda (Roma: Carocci, 2016), 27-48.
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