Le imprese statali e la lunga marcia delle riforme

Da quasi trent’anni le imprese statali (State-owned enterprises, Soe) cinesi sono sottoposte a un processo di riforma e trasformazione. Secondo un recente studio di Skadden, in Cina ci sono 155.000 imprese di Stato che gestiscono cespiti per un valore stimato di 17,4 miliardi di dollari. La loro attività a livello interno è caratterizzata da problemi quali corruzione e cattivi investimenti – che a volte si sono tradotti in uno sperpero di risorse pubbliche ad aggravio del debito pubblico sia a livello locale sia a livello centrale –, oltre a problemi di responsabilità sociale d’impresa.

Da più di dieci anni, grazie alla cosiddetta “going out policy” (zouchuqu, 走出去), le Soe della Repubblica popolare stanno assumendo un ruolo rilevante per l’economia mondiale. I loro investimenti in vari settori, soprattutto in quello delle risorse naturali, hanno avuto un incremento importante. Naturalmente, le problematiche di governance che caratterizzano l’attività delle Soe a livello nazionale si riflettono anche sul loro operato nel campo degli investimenti esteri. È paradigmatico il caso della China Investment Corporation (Cic), uno dei fondi sovrani della Repubblica popolare, che dal 2008 al 2013 ha eseguito 12 progetti d’investimento in assenza delle dovute precauzioni di due diligence, insieme ad altri errori da parte del management. Dopo le valutazioni negative da parte dell’Ufficio nazionale di revisione dei conti, la Cic ha avviato una serie di riforme interne. Riforme di questo tipo – come anche quelle avviate dalla Commissione per la supervisione e l’amministrazione delle attività statali (State-owned Assets Supervision and Administration Commission, Sasac) – sono tuttavia insufficienti per permettere alle Soe di risolvere nuovi e vecchi problemi e rispondere alle sfide globali.

Le Soe erano state riformate in maniera sistematica alla fine degli anni Novanta (zhuada fangxiao, 抓大放小) sotto la guida del Premier Zhu Rongji, in vista dell’adesione della Repubblica popolare cinese all’Organizzazione mondiale del commercio. Nel 2013, dopo la terza Sessione plenaria del XVIII Comitato centrale, è stata avviata un’ampia serie di riforme per renderle più competitive, più efficienti e più redditizie per lo Stato centrale o locale, combattendo allo stesso tempo la corruzione. La riforma, che si muove in una direzione pro-mercato e propone un modello misto di proprietà (hunhe suoyou, 混合所有), non prevede l’eliminazione delle Soe bensì il loro consolidamento. Le linee guida sono le seguenti: incentivazione all’intreccio tra capitale pubblico e privato nell’azionariato delle Soe, separazione delle funzioni di governo dalle funzioni di impresa nei settori soggetti a monopolio, creazione di società d’investimento di proprietà statale, aumento della trasparenza sulle finanze delle Soe e perfezionamento della normativa in materia fallimentare. Inoltre la riforma prevede l’aumento, entro il 2020, del dividendo che le Soe sono tenute a versare allo Stato, dal 5-15% al 30%.

La Relazione sull’attuazione del Piano 2014 per lo sviluppo economico e sociale nazionale, adottata il 15 marzo 2015 dalla terza Sessione della 12a Assemblea nazionale del popolo, riconosce un certo progresso nella riforma delle Soe. Si citano a questo riguardo l’introduzione di linee-guida per la riforma del sistema di remunerazione dei dirigenti nelle imprese pubbliche del governo centrale e l’avviamento di riforme pilota per la riorganizzazione delle società d’investimento di proprietà statale (le cosiddette State-owned Asset Investment Companies). Passi avanti sono stati fatti nell’uniformare i consigli di amministrazione delle Soe dello Stato centrale. Il rapporto ha inoltre evidenziato i progressi compiuti nei processi di fusione e ristrutturazione delle Soe. Molto importanti sono state, per esempio, le operazioni che hanno riguardato Sinopec (con la cessione della sua unità retail) e Citic Group (con la trasformazione della sua sussidiaria di Hong Kong in un conglomerato finanziario).

Il Piano 2015 per lo sviluppo economico e sociale nazionale adottato lo stesso giorno sottolinea la necessità di approfondire la riforma delle Soe. Il documento prevede un’attenuazione degli obblighi di social welfare delle Soe, il miglioramento del sistema degli incentivi per gli organi esecutivi e l’introduzione di meccanismi per controllarne l’attività. Il documento prevede anche uno sviluppo ordinato di strutture a proprietà mista e l’elaborazione di regolamenti che incoraggino la partecipazione di capitali non statali all’azionariato e ai progetti d’investimento delle Soe. Per quanto riguarda l’istituzione di società che investono e amministrano il capitale statale, il governo si impegna ad intensificare gli sforzi per la creazione di State-owned Asset Investment Companies.

Il processo di riforma delle Soe si sviluppa in parallelo ad altre riforme strutturali nel settore dell’energia, del petrolio e del gas naturale e si intreccia con il piano “Made in China 2025”. Predisposto dal Ministero dell’industria, dall’Accademia cinese di ingegneria e dalla Sasac, il piano ha come obiettivo la trasformazione del modello industriale cinese puntando su innovazione, nuove tecnologie e sviluppo di settori chiave come quello ferroviario e quello nucleare.

Poco dopo le due sessioni del 2015, la Sasac ha annunciato e avviato un processo di consolidamento e riorganizzazione delle Soe del governo centrale con l’obiettivo di ridurre il loro numero a 40. Il processo di trasformazione ha già portato cambiamenti nel settore ferroviario. Annunciata a fine 2014, la fusione della China Northern Railway con la China Southern Railway – due imprese leader nella costruzione delle ferrovie ad alta velocità – ha portato alla costituzione di una nuova entità in grado di competere meglio con i rivali a livello globale. Infine sono state annunciate e sono attualmente sotto esame altre fusioni importanti che riguardano il settore petrolchimico, con il coinvolgimento di China National Petroleum Corporation (Cnpc) e China Petrochemical Corporation, China National Offshore Oil Corporation (Cnooc) e Sinochem, e infine nel settore energetico, con il coinvolgimento di China Power Investment Corporation (Cpi) e State Nuclear Power Technology Corporation (Snptc). L’obiettivo è quello di creare gigantesche Soe, più competitive ed efficienti e possibilmente meno corrotte, in vista di una nuova fase della “going out policy”.

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