Le misure non tariffarie in ASEAN: dalle evidenze alle politiche

Introduzione

In quasi tutti i Paesi ASEAN i dazi medi ponderati per l’interscambio commerciale sono stati ridotti al di sotto del 5%. Tuttavia, considerato il crescente impatto delle misure non tariffarie (non-tariff measures – NTMs[1]), tale dato non deve far pervenire alla conclusione che il commercio non sia regolato. Nel momento in cui si scrive, nella regione si registrano 9.492[2] misure non tariffarie, principalmente in Thailandia (3.276), seguita da Filippine (1.222), Indonesia (971) e Malaysia (920). Circa l’83% di queste NTM afferisce alle importazioni, ma anche misure rivolte alle esportazioni sono applicate diffusamente da Thailandia, Viet Nam e Filippine. I settori maggiormente regolati sono: prodotti vegetali, prodotti alimentari, bevande, alcolici, aceto, tabacco, prodotti chimici e affini, animali vivi e prodotti di origine animale (Fig. 1).

Fig. 1 – Distribuzione settoriale di NTM relative a import ed export in ASEAN (dati all’agosto 2019 raccolti dal database “Trains”).

 

Il 66% delle NTM in ASEAN è composto dalle cosiddette misure standard-like, ovvero misure sanitarie e fitosanitarie (sanitary and phytosanitary measures, SPS) e ostacoli tecnici al commercio (technical barriers to trade, TBT)[3]. Le SPS normalmente sono applicate all’agricoltura e ai prodotti alimentari, mentre le TBT principalmente ai prodotti chimici e affini, alimenti, macchinari ed elettronica. Entrambe le misure sono generalmente considerate legittime essendo predisposte per fini non commerciali come salute, sicurezza, o protezione ambientale. Tuttavia, tali strumenti di policy possono contenere subdoli elementi di protezionismo dal momento che i regolamenti sono qualitativi, diversi a seconda del prodotto e del Paese, opachi e difficili da monitorare e con impatto poco chiaro. A causa di queste proprietà, vari Paesi cedono alla tentazione di abusare delle NTM per ragioni politiche, accrescendole per proteggere le industrie domestiche. In alcuni casi tali misure vengono concepite per un duplice scopo: ottenere un effetto protezionistico e perseguire un obiettivo di politiche pubbliche. Riconoscendo gli effetti discriminatori e distorsivi di alcune NTM, la problematica è entrata nell’agenda dell’ASEAN che si è posta l’obiettivo di ridurre i costi di transazione derivanti da NTM del 10% entro il 2020. Per portare avanti tale riforma regolamentare, i policymaker necessitano di una chiara comprensione della complessità dei regolamenti e degli elementi protezionistici racchiusi nelle NTM standard-like.

 

Evidenze e analisi

Risulta difficile distinguere le NTM legittime da quelle protezionistiche, essendo presentate come pacchetti e non individualmente. La dimensione protezionistica nelle NTM standard-like non è visibile quando non è direttamente collegata alla misura o al requisito, ma deriva dall’applicazione e dall’amministrazione della NTM (intesa come attuazione ed esecuzione) che sono specifiche per ogni Paese. Derivano dunque da regolamenti nazionali che includono procedure specifiche di conformità con un dato regolamento. La complessità o la restrittività della NTM può dunque essere valutata esclusivamente attraverso le procedure ad essa relative. Dato che gli ostacoli possono nascondersi nelle procedure di conformità, le NTM gravose vengono rintracciate attraverso sondaggi sulle imprese dei vari Paesi, come quelli condotti dall’International Trade Centre (ITC).

Una barriera comune identificata dall’ITC all’interno dell’area ASEAN consiste in una burocrazia transfrontaliera complicata, sovrapposta e in una certa misura definita da potestà regolamentari contrastanti. Ciò non sorprende, giacché le NTM standard-like rispondono a vari obiettivi di policy coinvolgendo una pluralità di regolatori oltre ai ministeri del Commercio (agricoltura, pesca, salute, ambiente) nei vari Stati membri dell’ASEAN.

In Indonesia il problema è particolarmente serio dato che alcuni regolamenti nazionali relativi alle importazioni sono in conflitto anche con altre norme locali; nonostante le regole relative all’import siano dettate a livello nazionale, i governi regionali istituiscono requisiti ulteriori necessari per l’accesso al loro territorio. Un esempio di tale dinamica si ha in relazione all’import di bevande alcoliche. Inoltre, in Indonesia tra gli ostacoli per rispettare i requisiti tecnici nel settore agroalimentare (tra cui le procedure di valutazione di conformità) vengono citati ritardi nelle procedure di fumigazione e ritardi derivanti dalle ispezioni all’export uniti a costi elevati per il tempo di attesa, comportamenti arbitrari da parte dei funzionari (in termini di pagamenti informali per il rilascio di certificati relativi al trattamento termico e per la classificazione e valutazione del prodotto) e la richiesta di un elevato numero di documenti diversi e ridondanti.

Anche nelle Filippine la ridondanza delle procedure per ottenere una certificazione sanitaria e di sicurezza ambientale e ostacoli procedurali per la conformità tecnica sono indicati tra i problemi principali. I problemi specifici per gli esportatori derivano dall’inadeguatezza delle strutture per i test sui prodotti (illuminazione, compatibilità elettromagnetica, interferenza), costi elevati di fumigazione per ottenere certificati SPS per prodotti agricoli e pallet per l’automotive, oltre a discrepanze nelle procedure per l’esportazione tra dogane e autorità portuali e tra province, che provocano ritardi, pagamenti addizionali informali e la necessità di produrre altri documenti. Dal lato delle importazioni, dilagano abusi relativi a pagamenti informali per ottenere licenze per l’importazione di prodotti chimici regolati. Gli importatori attribuiscono queste prassi discriminatorie alla volontà di favorire le imprese locali. Questi ostacoli di natura procedurale individuati nelle Filippine sono comuni anche in Thailandia.

Per i membri ASEAN più recenti gli ostacoli procedurali sono ancora più marcati a causa delle limitazioni di capacità e della scarsità di informazioni. Ad esempio, in Cambogia la legislazione SPS è ancora debole e la mancanza di laboratori accreditati per test e certificazioni è una criticità che colpisce non solo l’export, ma anche l’import di alimenti, cosmetici e farmaci. Alcuni farmaci devono infatti essere spediti all’estero per ottenere i necessari certificati. Il Paese è inoltre afflitto da altre barriere quali documentazioni multiple e doppie, tempi lunghi, problemi di classificazione e valutazione dei prodotti importati, oltre alla corruzione.

In aggiunta alle complessità procedurali e agli ostacoli, l’intento protezionistico delle NTM si può dedurre dalla restrittività dei regolamenti a livello nazionale rispetto agli standard globali. Nel caso dell’etichettatura nutrizionale, ad esempio, sebbene non obbligatoria in tutti i membri, alcuni Paesi hanno reso tale misura più restrittiva rispetto all’obiettivo legittimo di fornire informazioni al consumatore[4]. Un sondaggio condotto dall’autore con la Food Industry Asia nel 2017[5] ha rilevato che vari elementi dell’etichettatura nutrizionale in ASEAN sono più complessi rispetto alle linee guida Codex Alimentarius, in particolare per quanto concerne indicazioni nutrizionali, valore nutritivo di riferimento, informazioni nutrizionali e livelli di tolleranza e conformità. La ragione di questa divergenza risiede nell’esistenza di standard nazionali, anziché regionali o internazionali.

L’utilizzo di NTM “dannose” è osservabile tramite i dati estratti dalla piattaforma Global Trade Alert (GTA) (Fig. 2)[6]. Una politica tipica per proteggere le imprese domestiche consiste nell’adottare misure come aiuti pubblici al commercio, sussidi alla produzione, restrizioni al procurement pubblico e restrizioni agli investimenti attraverso limitazioni a proprietà, contenuto locale e trattamento. Ciò è fortemente evidente in Indonesia, seguita da Viet Nam e Malaysia. L’Indonesia, infatti, risulta prima per misure dannose sia per l’import sia per l’export, dove le restrizioni per assicurare forniture domestiche, in particolare per prodotti agricoli e materie prime, includono tasse, quote, divieti e licenze. I dati mostrati nel grafico (Fig. 2) sono coerenti con il sondaggio dell’ITC che ha rilevato come ispezioni e registrazioni complichino le attività di export in Indonesia. Misure di controllo della quantità attraverso sistemi di licenze sono un problema non solo per l’Indonesia, ma anche per la Malaysia, in particolare per quanto riguarda i materiali pesanti per l’edilizia.

Fig. 2 – Numero di NTM dannose in ASEAN (2008giugno 2018)

 

È utile notare come nel grafico sopra le NTM dannose riguardino solo l’Indonesia, che è stato anche il Paese ASEAN più soggetto a Specific Trade Concerns (STC), registrando un totale di 35 segnalazioni tra misure SPS e TBT tra il 1995 e il 2018, come mostrano i dati dei database SPS-IMS e TBT-IMS[7]. Le STC riportate afferiscono principalmente a complessità, mancanza di trasparenza e conseguenti effetti distorsivi dei requisiti relativi a licenze ed etichettatura, in particolare per prodotti ortofrutticoli, animali e derivati, elettronica, abbigliamento, giocattoli, abbigliamento sportivo, alimenti e bevande. Questi database sono tuttavia incompleti in quanto incapaci di rilevare i danni meno visibili inclusi nelle NTM.

Implicazioni politiche e raccomandazioni

Ostacoli procedurali, risultanti da misure tecniche e standard mal congeniati, hanno spinto le politiche commerciali in ASEAN dal semplice protezionismo al protezionismo precauzionale e infine ad un protezionismo “opaco”. Di conseguenza, le NTM andrebbero analizzate in ogni Stato membro per decifrare gli obiettivi nascosti (se ve ne sono) e la loro applicazione in senso discriminatorio. Un’ASEAN non armonizzata può guardare alla lezione dell’Unione Europea (UE) per procedere nella propria agenda di snellire le NTM all’interno della regione. La rimozione delle barriere nascoste all’interno delle NTM e l’adozione di un quadro regolatorio che riduca le differenze e i conflitti tra gli standard dei vari Paesi porterà ad una riduzione del costo di svolgere un’attività imprenditoriale. A tal fine si suggerisce di seguire un approccio basato su due fasi:

  • A livello nazionale è necessario rimuovere NTM non necessarie (restrittive e obsolete) e ostacoli procedurali, oltre a semplificare i regolamenti. La decisione di rimuovere le NTM va riservata a quelle utilizzate per favorire alcuni attori economici specifici, mentre il processo di riforma dovrebbe riguardare quelle che hanno il duplice fine di ottenere determinati obiettivi di policy e di rafforzare il protezionismo e a quelle considerate gravose e che impongono difficoltà alle imprese. Per quanto riguarda le NTM standard-like legittime si può procedere esclusivamente sul fronte di una riforma, visto che la loro rimozione è esclusa.
  • Una volta riformato il quadro regolatorio nel suo complesso a livello nazionale, serve una chiara visione dell’ambito in cui promuovere la convergenza dei vari regolamenti nazionali. Solo allora si può passare alla piattaforma regionale al fine di armonizzare gli standard delle attività transfrontaliere. Dal momento che una completa armonizzazione non è raggiungibile per una regione come l’ASEAN, l’opzione migliore potrebbe essere il coordinamento attraverso accordi di mutuo riconoscimento (MRA)[8] di procedure di valutazione di conformità. L’ASEAN dovrebbe quindi focalizzarsi sulla semplificazione di NTM selezionate al fine di ottenere una coerenza regolamentare (e indirettamente affrontare il problema degli standard restrittivi), ridurre l’opacità e scoraggiare forme di protezionismo nascosto o opaco.

Per concludere, bisogna riconoscere che le NTM non sono strumenti di politica commerciale e non vanno quindi viste come oggetto di negoziazione all’interno degli accordi commerciali; le NTM non possono essere ridotte o negoziate al ribasso come i dazi. Tuttavia, la cooperazione al di là degli accordi commerciali è rilevante, ad esempio nel rafforzamento delle capacità nell’area delle procedure di conformità con le NTM. Su questo fronte ASEAN e UE possono lavorare insieme.

 

Traduzione a cura di Gabriele Giovannini

[1] Le misure non tariffarie sono strumenti regolatori diversi dai dazi che possono avere effetti economici sul commercio determinando una riduzione delle quantità o un aumento del prezzo, o combinazioni di questi due fattori.

[2] Il numero di NTM non riflette la restrittività delle misure.

[3] Il termine standard-like viene utilizzato per descrivere SPS e TBT poiché tali misure assumono spesso la forma di standard da rispettare sia per i prodotti importati sia per quelli domestici. Le misure SPS corrispondono a standard e procedure da rispettare per proteggere la salute di persone, animali e piante da malattie, parassiti, tossine e altri contaminanti. Le misure TBT riguardano regolamenti tecnici, standard di prodotto, ambientali, etichettatura e altre misure che incidono sulla salute umana e animale.

[4] Devadason E. e V.G.R Chandran Govindaraju, “Regulatory Incoherence in Nutrition Labelling of Prepackaged Food in ASEAN: What Next?”, SSRN Electronic Journal, febbraio 2018, disponibile online al link 10.2139/ssrn.3115976.

[5] Ibid.

[6] Il termine dannose (“harmful”) si riferisce alle misure in rosso nel database GTA, descritte come “l’intervento quasi certamente discrimina contro interessi commerciali stranieri”. Include solo misure attuate da agenzie a livello nazionale e attualmente in vigore. Per coerenza con il grafico alla Fig. 1, le tipologie di NTM presenti nel GTA sono confrontate con la classificazione UNCTAD: QC = controllo quantità; EXP = misure relative all’export; CTPM = contingent trade protective measures. Fonte: https://www.globaltradealert.org/.

[7] Database dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) consultabili ai link: http://spsims.wto.org/ e http://tbtims.wto.org/ [N.d.T.].

[8] Tali accordi includono l’accettazione come “equivalenti” di diverse forme di regolamenti in Paesi diversi.

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