La Corea del Nord è una risorsa strategica oppure soltanto un peso per la politica estera della Cina? Si tratta di una domanda assai rilevante per la dirigenza cinese, in particolare dopo che la Corea del Nord ha effettuato il suo terzo test nucleare nei giorni scorsi, nonostante chiari avvertimenti in senso contrario da parte cinese.
Quando la Corea del Nord decise di abbandonare la cornice del Dialogo esapartito (le Six-Party talks) la Cina si unì agli altri partecipanti nel denunciare con forza le provocazioni di Pyongyang. Nel 2009 la Cina votò inoltre a favore della risoluzione 1874 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, che prevedeva sanzioni contro il proprio vicino. Da allora sembra tuttavia che Pechino abbia optato per una riaffermazione del valore strategico di Pyongyang per la propria politica estera, oltre che per la sicurezza nazionale cinese.
Nel 2009, anno del secondo test nucleare nordcoreano, il Primo ministro cinese Wen Jiabao visitava Pyongyang e prometteva di costruire un nuovo ponte tra i due paesi sul fiume Apnok (o Yalu), quale simbolo della cooperazione economica bilaterale. L’anno successivo – nonostante l’affondamento della corvetta sudcoreana Cheonan da parte (si ritiene) della Corea del Nord, nonché il fuoco d’artiglieria di quest’ultima contro l’isola di Yeonpyung nel Mar occidentale della Corea del Sud – la Cina si dimostrava restia a denunciare pubblicamente Pyongyang. Nel 2012 – dopo il fallimentare test di un razzo a lungo raggio nordcoreano in aprile, e del pari dopo il successo di un secondo test dello stesso genere in dicembre – Pechino esprimeva “profonda preoccupazione”. Non seguivano tuttavia segnali di un reale impegno cinese per impedire alla Corea del Nord di continuare nel proprio programma missilistico.
Queste scelte, unite all’approccio seguito dalla Cina negli anni più recenti, indicano con chiarezza che per Pechino quella con la Corea del Nord resta la più importante alleanza strategica in Asia orientale. C’è pertanto da attendersi che anche sotto Xi Jinping la Cina continui su questa linea.
Ma perché la Corea del Nord riveste una simile importanza strategica per la Cina? E perché la nuova dirigenza cinese persiste su questa strada? Il fattore più importante nel definire l’attuale relazione tra Cina e Corea del Nord è la rapida evoluzione dell’ambiente strategico in Asia orientale negli ultimi tre anni. Dal 2010 la Cina è la seconda maggiore economia del mondo, avendo sorpassato il Giappone e confermandosi l’unica rivale degli Stati Uniti nel lungo periodo. La rapida ascesa della Cina in termini sia militari che economici, nonché il suo peso crescente nella regione dell’Asia-Pacifico, hanno incoraggiato gli Stati Uniti a ri-orientare la propria politica estera e di sicurezza verso l’Asia, con l’annuncio del pivot to Asia nel 2011. Una delle risposte di Pechino a questa nuova politica degli Stati Uniti è stata quella di rafforzare le proprie tradizionali alleanze con paesi come il Laos, la Cambogia, il Myanmar e la Corea del Nord, al fine di controbilanciare l’avanzata americana in Asia.
A ciò si aggiunga che la Cina condivide con la Corea del Nord un confine di oltre 1.400 chilometri e ha pertanto interesse a sostenere la stabilità del regime nordcoreano. Qualunque disordine politico in Corea del Nord – con conseguenti ricadute in termini di disordini sociali – avrebbe immediate conseguenze sulle province cinesi confinanti, nelle quali vive una vasta popolazione di etnia coreana.
Un improvviso crollo dell’attuale regime nordcoreano sarebbe del resto il peggior scenario per la Cina, poiché Pechino si troverebbe in tal caso ad affrontare direttamente la Corea del Sud, che resta il più solido alleato militare degli Stati Uniti in Asia orientale – con 28.500 militari americani tuttora dispiegati nel paese. In queste circostanze Xi Jinping e la nuova dirigenza cinese non abbandonerebbero Pyongyang neppure se la Corea del Nord optasse per nuove provocazioni contro la Corea del Sud e la comunità internazionale.
Poco dopo l’avvicendamento tra Hu Jintao e Xi Jinping ai vertici del Partito comunista cinese lo scorso novembre, una delegazione di alti funzionari cinesi è stata inviata a Pyongyang per incontrare il leader nordcoreano Kim Jong-un e consegnargli una lettera di Xi Jinping. Si ritiene che in questa lettera manoscritta Xi Jinping abbia invitato Kim Jong-un a visitare la Cina nel prossimo futuro. Con tutta probabilità, quando si incontreranno a Pechino i due leader riaffermeranno l’alleanza strategica tra i due paesi e la Cina offrirà un dono – di natura economica – alla Corea del Nord, come Hu Jintao fece con il padre di Kim Jong-un, Kim Jong-il.
Del resto, è ragionevole attendersi che la nuova dirigenza cinese continui a rinsaldare i legami economici della Cina con la Corea del Nord. Nel 2011 la dipendenza di Pyongyang dal commercio con la Cina ammontava ad oltre il 70 per cento del volume totale del suo commercio estero. Lo sviluppo di risorse e infrastrutture in Corea del Nord, così come i tempi e la portata dell’apertura economica del paese, sono ora in buona misura nelle mani della Cina. Quest’ultima utilizzerà tali leve economiche per i propri interessi nazionali.
Potrebbero esserci aggiustamenti, ma nulla di drastico avverrà se la Cina continua a sostenere lo status quo in Corea del Nord. In queste condizioni, c’è davvero poco che forze esterne al paese possano fare riguardo alla Corea del Nord. Nell’incertezza derivante dal ricambio dei leader – o dall’inizio del loro secondo mandato – nei paesi che partecipano al Dialogo esapartito, il valore strategico dell’alleanza tra Cina e Corea del Nord resiste.
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