Il 13 aprile scorso, l’Ufficio nazionale di statistica della Repubblica popolare cinese (Rpc) ha pubblicato i dati sulla situazione economica del paese per il primo trimestre del 2012 (si veda la Tabella 1* per una sintesi). Era un evento molto atteso dopo le previsioni al ribasso sulla crescita rese note dalle autorità di Pechino e dalle maggiori organizzazioni internazionali.
Ebbene, in linea con il nuovo obiettivo di crescita annua al 7,5%, il Pil ha nuovamente decelerato, segnando nel primo trimestre un aumento dell’8,1% rispetto al corrispondente periodo del 2011. Dall’inizio della crisi finanziaria internazionale, solo nei primi due trimestri del 2009 si era toccato un livello più basso (Figura 1*).
L’altro dato atteso era quello sull’indice dei prezzi al consumo, che è aumentato del 3,8% rispetto al primo trimestre del 2011. Un quadro più completo sull’inflazione si può trarre dai dati registrati da alcuni indici dei prezzi, che sono pubblicati con cadenza mensile dall’Ufficio nazionale di statistica. A marzo l’inflazione è cresciuta rispetto a febbraio (dal 3,2% al 3,6%), ma rimane in linea con l’obiettivo del 4% annunciato dal governo e ben al di sotto dei picchi registrati durante i primi dieci mesi del 2011 (Figura 2*). A guidare la spinta inflazionistica sono, ancora una volta, i prezzi dei generi alimentari, alcuni dei quali risentono degli aumenti sui mercati internazionali e le misure sull’accumulo di scorte adottate dal governo nei mesi passati. Dall’altra parte, l’andamento dei prezzi alla produzione sembra essersi stabilizzato (Figura 2*), anche grazie alle politiche di stimolo della domanda attuate dal terzo trimestre del 2011, così da non rappresentare un’ulteriore spinta depressiva sui consumi finali.
Altri dati sotto attento scrutinio sono quelli riguardati gli “squilibri” dell’economia cinese, tanto quelli esterni – causati dai continui surplus commerciali e dalle ingenti riserve di valuta estera – quanto quelli interni – dovuti al maggior peso degli investimenti sulla crescita rispetto ai consumi. In entrambi i casi, i dati del primo trimestre del 2012 sembrano confermare che è in atto un processo di graduale riequilibrio.
Per quanto riguarda gli squilibri nei rapporti con l’estero, nel primo trimestre i livelli di crescita del commercio sono rimasti ben al di sotto di quelli registrati alla fine del 2011 (Tabella 1*), ma in linea con il dato registrato nel primo trimestre dello scorso anno. Quello che sembra più interessante tuttavia è il sostanziale pareggio della bilancia commerciale durante questo primo trimestre, causato da un forte incremento delle importazioni (specialmente quelle di materie prime) e da una crescita meno sostenuta delle esportazioni, che hanno sofferto la debolezza della domanda dei paesi dell’area euro. Il peggioramento delle ragioni di scambio e la recessione nei paesi avanzati sono i due fattori principali della rapida riduzione del surplus delle partite correnti, che è ora intorno al 2,2% del Pil (Figura 3*). Una recente analisi del Fondo monetario internazionale stima che l’attivo delle partite correnti continuerà a calare nel breve periodo per poi riprendere a crescere fino a raggiungere il 4,5% nel 2017, senza però riportarsi ai livelli pre-crisi, almeno nel medio termine. Ciò dovrebbe indicare che la crescita del paese negli anni a venire sarà sempre meno dipendente dalla domanda esterna.
Passando infine agli squilibri interni, il 2012 sembra iniziare sulla falsariga del 2011 – anno in cui per la prima volta nell’ultimo decennio il peso dei consumi sul Pil cinese è cresciuto, seppure in modo modesto. La Tabella 2* indica come le vendite al dettaglio siano cresciute del 14,8% in termini nominali rispetto al primo trimestre del 2011 (il 10,9% in termini reali), un valore inferiore rispetto a quello degli ultimi due anni. D’altra parte, si registrano maggiori livelli di reddito disponibile per le famiglie e una crescita generalizzata dei salari, in entrambi i casi superiori agli anni precedenti. Nonostante anche i livelli di investimento siano in crescita (Tabella 1*), continua quindi il riequilibrio verso un maggior peso dei consumi sulla crescita. A questo riguardo, si segnalano due letture interessanti. Un articolo pubblicato sull’Economist mostra come il peso degli investimenti sulla crescita cinese sia sovrastimato, e dunque – al netto di discrepanze statistiche nelle rilevazioni – il contributo dei consumi sarebbe già più elevato di quanto i dati non mostrino. Inoltre, un recente rapporto dell’Ocse evidenzia come la decisione del governo di alleggerire il peso fiscale su alcune categorie di contribuenti e di incrementare del 10% le spese per la sicurezza sociale rappresenti un forte stimolo ai consumi. Secondo il rapporto queste due misure dovrebbero “costare” circa lo 0,7% del Pil del paese, un altro passo verso una crescita più bilanciata.
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