Il 17 luglio si è tenuta a Pechino la “Conferenza nazionale sul mantenimento della stabilità sociale”. Il 19 luglio il Renmin Ribao (Quotidiano del Popolo), organo ufficiale del Partito comunista cinese (Pcc), pubblicava un editoriale intitolato “Trovare una ‘cura permanente’ o una ‘soluzione temporanea’ per il mantenimento della stabilità” (weiwen de zhi biao he zhi ben, 维稳的“治标”和“治本”). La tesi principale era che, per ottenere stabilità a lungo termine, il governo cinese non può esimersi dall’affrontare “le ragioni profonde degli episodi di instabilità”. L’editoriale evidenziava quanto sia importante associare il “mantenimento della stabilità” alla “protezione degli interessi delle masse”, poiché l’esperienza dimostrerebbe che le due cose sono in realtà un’“unità intrinseca” (neizai tong yixing, 内在统一 性). Si criticava inoltre l’idea che si possa “comprare la stabilità con il denaro” (hua qian mai wending, 花钱买稳定), con un apparente riferimento ai vantaggi economici offerti a coloro che sono coinvolti nelle operazioni di “mantenimento della stabilità”.
Alla vigilia del XVIII Congresso nazionale del Partito, nel bel mezzo di un’estate torrida, mentre Pechino veniva colpita da improvvise inondazioni e la saga Bo Xilai-Gu Kailai si andava dispiegando, la principale pubblicazione del Pcc denunciava “modi miopi e palliativi” di spendere le risorse per il “mantenimento della stabilità”. Durante la conferenza di luglio, Zhou Yongkang, una figura chiave nel Comitato permanente dell’Ufficio politico, riaffermava che “mantenere l’armonia e la stabilità sociali è una precondizione per l’apertura del XVIIII Congresso, a ogni livello di governo”.
L’editoriale del 19 luglio concludeva, in modo assai significativo, che esiste una connessione tra “mantenimento della stabilità” (weiwen, 维稳) e “protezione dei diritti” (weiquan, 维权). Uno dei temi affrontati da Zhou Yongkang durante la conferenza di luglio era per l’appunto la necessità di trovare soluzione ai conflitti che producono instabilità, come le demolizioni forzate, le controversie sui rapporti di lavoro, sulla previdenza sociale e sui problemi ambientali. È notevole il riconoscimento del nesso esistente tra questi conflitti alla base dell’instabilità e la violazione di diritti e interessi dei cittadini: un riconoscimento che di rado è emerso con tanta chiarezza nell’arena del linguaggio formale. Ma ci si potrebbe anche chiedere se non si sia trattato, in fin dei conti, di un semplice ammonimento ai funzionari locali, sullo sfondo dell’affaire Bo Xilai. Un passo in avanti e due all’indietro?
Il 9 agosto 2012 si è tenuto a Jinan, nella provincia del Shandong, un incontro regionale (sito in cinese) per discutere di come promuovere “spirito” (jingshen, 精神) e “livello scientifico” (kexuehua shuiping, 科 学化水平) dell’“amministrazione della società” (shehui guanli, 社会管 理) – il nuovo strumento di mantenimento della stabilità che pare aver acquisito importanza cruciale in questo passaggio storico.
Secondo Wang Quanzhang (王全章), un “avvocato per la difesa dei diritti” (weiquan lüshi, 维权律师) attivo a Pechino, l’invito a rafforzare l’“amministrazione della società” è la dimostrazione che il Partito ha per massima preoccupazione il mantenimento del potere, e dunque la protezione dei suoi stessi interessi. Wang mette in luce il divario che esiste tra il mantenimento del regime e ciò che la gente comune desidera in realtà: “Il concetto di ‘migliorare l’amministrazione della società’ è pieno di slogan e di frasi a effetto, ma alla base non c’è alcuna specifica politica pubblica”. Aggiunge inoltre: “L’amministrazione di una società non può avvenire senza il coinvolgimento di altre organizzazioni sociali, inclusi gli avvocati: ma l’ambiente di lavoro per gli avvocati è peggiorato.”
Ho definito Wang Quanzhang un “avvocato per la difesa dei diritti”: nel gergo cinese questa parola composta, in apparenza complicata, viene utilizzata comunemente, specie nell’analisi di ciò che lo scienziato politico Kevin O’Brien definisce “rightful resistance”. Con questo termine si intendono le azioni dei cittadini volte a proteggere e ad affermare i propri diritti e interessi contro le violazioni derivanti dalla corruzione dei funzionari, dai raggiri, dai trasferimenti forzati, dallo sfruttamento, dalle tasse eccessive, dai danni ambientali ecc. Gli “avvocati per la difesa dei diritti” si specializzano nel fornire assistenza legale a questi cittadini su di un’ampia gamma di casi: ad esempio le controversie sulla terra contro funzionari di villaggio, class-action contro autorità locali per l’attuazione forzata delle politiche di pianificazione familiare, cause per lo sfruttamento dei lavoratori da parte degli industriali, per l’arresto di giornalisti, per la rieducazione attraverso il lavoro dei praticanti del Falun Gong, sentenze contro i pastori della chiesa clandestina cinese per la stampa e la distribuzione di copie della Bibbia, ma anche iniziative per la protezione delle vittime dell’AIDS, o per la protezione dei cittadini da potenziali danni alla salute e all’ambiente, come nel caso delle proteste di luglio contro la costruzione dell’impianto della Hongda per la lavorazione del rame nella città di Shifang, in Sichuan.
In altri paesi, per riferirsi a figure come quella di Wang Quanzhang si potrebbe utilizzare il termine “avvocato dei diritti umani”. Il termine “avvocato per la protezione dei diritti”, però, ha un connotato specifico e una sua pratica identitaria. Molti di questi avvocati hanno sperimentato la radiazione dalla professione e il carcere. L’analisi semantica del concetto di weiquan lüshi ci permette sia di addentrarci nel lato oscuro della politica cinese – rappresentato dal discorso egemonico del weiwen – sia di analizzare un fenomeno universale di negazione di diritti e interessi. La rightful resistance è spesso percepita come un malessere sociale da rettificare e normalizzare in nome del mantenimento della stabilità. Ma è possibile amministrare la società prestabilendo un “giusto percorso morale”? Oppure il riconoscimento dei diritti è precondizione e fondamento della stabilità?
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