L’industria cinese verso un nuovo modello di sviluppo

Guardando indietro a più di trent’anni di riforme e apertura, noi cinesi siamo giunti a comprendere che il nostro modello di sviluppo socio-economico soffre di marcati squilibri e disarmonie che lo rendono alla lunga insostenibile.

La trasformazione del modello di sviluppo cinese richiede innanzitutto la ristrutturazione dell’industria manifatturiera, che fornisce 1/3 del Pil e il 90% delle esportazioni. È vitale accrescere la produttività dell’industria manifatturiera che è pari solo al 4,38% di quella statunitense e al 5,56% di quella tedesca. È un compito particolarmente arduo che Pechino sta affrontando lungo tre direttrici. In primo luogo sta cercando di trasformare il “Made in China” in “Created in China” attraverso l’introduzione accelerata delle moderne tecnologie nelle sue industrie tradizionali.

In secondo luogo, si sta dando impulso all’industria dei servizi, specialmente agevolando nuovi tipi di servizi quali la logistica moderna, la consulenza nel design, il commercio elettronico, ecc. Negli ultimi cinque anni l’industria dei servizi è cresciuta a un tasso medio annuo dell’11,9%. Tuttavia, essa rappresenta solamente il 43% del Pil cinese e ha quindi ancora un notevole potenziale di sviluppo.

In terzo luogo, la Cina è impegnata nello sviluppo di industrie a bassa emissione di carbonio, ecologicamente sostenibili. Attualmente, si sta facendo molto per promuovere settori industriali quali quelli del risparmio energetico, della protezione ambientale, dell’information technology e dei network, della farmaceutica biologica, delle nuove energie, dei nuovi materiali e così via. Si prevede che entro il 2020 le nuove industrie strategiche rappresenteranno il 15% del Pil.

L’innovazione è essenziale per rivitalizzare le industrie. Attualmente il progresso scientifico e tecnologico contribuisce alla crescita economica cinese in una misura del 25-30% inferiore a quella dei Paesi sviluppati. La dipendenza della Cina dalla tecnologia straniera è molto alta (50%), mentre quella di Stati Uniti e del Giappone è inferiore al 5%. Questo gap indica che c’è un grande potenziale da sfruttare. La Cina sta così cercando di costruire un sistema di innovazione tecnica basato su sinergie funzionali tra risorse industriali, accademiche e della ricerca. Il tasso di conversione dei successi scientifici e tecnologici in Cina è del 25% circa, ma meno del 5% è in realtà industrializzato. Questo dato è molto inferiore al tasso di conversione dei paesi più sviluppati, che è di circa l’80%.

La Cina sta inoltre incrementando gli investimenti in scienza e tecnologia, in particolare in alcune tecnologie- chiave. È previsto che nei prossimi cinque anni le spese in ricerca e sviluppo aumentino dall’1,75% al 2,2% del Pil. Parallelamente si sono creati meccanismi per tutelare i diritti di proprietà intellettuale, condizione essenziale per stimolare l’innovazione. Nel 2010 i brevetti registrati nella Repubblica popolare cinese ammontavano a 5.852 milioni. Infine si dà grande importanza all’istruzione, con l’obiettivo di far emergere persone creative. In Cina infatti molti si chiedono: dov’è il nostro Steve Jobs?

La Cina non può svilupparsi restando isolata, lo si riconosce ufficialmente. E il resto del mondo, per svilupparsi, ha a sua volta bisogno della Cina. Rivitalizzazione industriale e riforme proseguono in Cina all’insegna dell’apertura. È un processo di lunga lena, su larga scala e mutualmente vantaggioso per la Cina e i suoi partner. C’è oggi una diffusa consapevolezza che le chiusure mentali e i protezionismi frenano l’innovazione, inaridendo le risorse umane e danneggiando la competitività delle imprese e della nazione. La domanda interna è oggi la forza trainante della crescita cinese, cui contribuisce per più del 90%, e l’obiettivo dichiarato è di aumentare ulteriormente le importazioni. Si tratta di una strategia consolidata della Cina, da cui può trarre profitto il resto del mondo.

La rivitalizzazione delle industrie attraverso l’innovazione è un processo difficile, tortuoso e a volte persino amaro, nel quale la fiducia, la solidarietà e la cooperazione rivestono un’importanza cruciale. Cristoforo Colombo, il grande navigatore italiano, una volta commentò: “Finché manteniamo nei nostri cuori il continente della speranza, le tempeste verranno superate”. La Cina ha fiducia nel proprio sviluppo e nel futuro del mondo e sa che, per vincere le sfide che l’attendono, deve unirsi a quelli che credono nel progresso.

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