Con i funerali di Stato e il lutto nazionale del 28-29 dicembre scorsi, il cordoglio e i clamori prodotti dalla morte di Kim Jong-il – il defunto leader della Corea del Nord – sembrano superati e Kim Jong-un – l’erede ventottenne – ha ufficialmente iniziato il suo cammino alla guida del paese. La commemorazione nazionale del 28 dicembre si è di fatto trasformata nella cerimonia d’insediamento del nuovo leder Kim Jong-un. Kim Yong-nam – formalmente capo di Stato della Repubblica democratica popolare di Corea – ha proclamato Kim Jong-un “leader supremo” delle forze armate, del governo e del Partito dei lavoratori dinanzi a decine di migliaia di persone. Gli interrogativi sul futuro della Corea del Nord, tuttavia, non vengono meno in seguito all’insediamento di Kim Jong-un. Nessuno ha la sfera di cristallo per prevedere con precisione come finirà l’odissea della famiglia Kim, fase 3: il crollo del regime della famiglia Kim, la dissoluzione della Corea del Nord, o un vero rinnovamento. Per il momento, ci sono poche ragioni per nutrire particolare ottimismo.
La Corea del Nord resta gravemente disfunzionale nonostante il cambio di leadership. Il paese è in salute malferma sotto ogni profilo: un’economia moribonda, una popolazione alla fame, lo Stato in mano ai militari, un sistema di potere ereditario, una reputazione infame per la contraffazione di dollari americani e per il traffico di stupefacenti, la controversia nucleare e, infine, le sanzioni internazionali e un isolamento scoraggiante. Tutte questioni che Kim Jongun eredita dal padre Kim Jong-il. Negli ultimi vent’anni la Corea del Nord si è dibattuta sull’orlo del precipizio e il regime è sembrato anche sul punto di crollare. Oggi la Corea del Nord è molto più debole di quando, nel 1994, Kim Il-sung – il nonno di Kim Jong-un – esalò il suo ultimo respiro. Sono in pochi a ritenere che le armi nucleari possano realmente risollevare il paese dal baratro. Al contrario, l’ambizione nucleare di Kim Jong-il ha terribilmente aggravato l’isolamento internazionale del paese e sperperato le sue preziose risorse. I nord-coreani hanno dato sfogo alla propria tristezza e al proprio dolore con sincerità durante il lutto nazionale, al di là delle responsabilità dei loro leader. Tuttavia, tristezza e dolore potrebbero trasformarsi in irritazione e rancore se il giovane leader dovesse fallire nell’indirizzare il paese su di una nuova strada.
Al presente, però, Kim Jong-un non ha grande spazio d’azione. In primo luogo, deve puntellare le élite militari del paese in cambio della loro fiducia e della loro subordinazione. Dopo diciassette anni della politica di “priorità alle forze armate” voluta dal padre, larga parte delle élite militari ha enormi interessi nella perpetuazione del sistema. Qualsiasi rapido cambiamento nelle fasi iniziali del mandato di Kim Jong-un potrebbe scatenare forti opposizioni. Ovviamente ciò ha meno a che fare con il “Grande Successore” in sé che con il sistema che questi eredita. Ci si attende che la continuazione della politica di “priorità alle forze armate” ridurrà significativamente le prospettive che il nuovo regime modifichi la propria politica a livello interno o internazionale.
In secondo luogo, la stabilità della transizione di potere nella Corea del Nord dell’era post-Kim Jong-il dipende in buona misura da quanto i centri di potere del regime faranno blocco attorno alla figura di Kim Jong-un. Ma la centralità di Kim Jong-un dipende drammaticamente dal grado di unità della “reggenza” alle sue spalle. Man mano che si rafforza nel suo incarico, Kim Jong-un farà affidamento su di un sistema di leadership collettiva che include Jang Song Thaek – suo zio – e Ri Yong-ho – il più alto ufficiale militare. La Commissione nazionale per la Difesa – un consiglio con dieci membri dichiarato supremo organo decisionale da Kim Jong-il oltre un decennio fa – continuerà a funzionare da vertice. Kim Jong-il era in grado di dominare direttamente la Commissione, ma chi sarà ora il vero “arbitro” nella Commissione quando i membri più inf luenti sono in disaccordo o addirittura litigano? È tutto da dimostrare che Kim Jong-un e i membri della sua famiglia sappiano effettivamente mantenere la coesione tra classi dirigenti dei diversi settori.
In terzo luogo, come farà il giovane leader a nutrire il suo popolo affamato? Senza mutamenti di sostanza nella politica estera, il paese non avrà modo di sottrarsi alla povertà crescente e all’isolamento. Senza credibili segnali di un abbandono del programma nucleare, è difficile che gli Stati Uniti, la Corea del Sud e il Giappone offrano assistenza e revochino le sanzioni così come auspicato. Allo stesso modo, la Corea del Nord non potrà rianimare la sua disastrata economia senza un significativo coinvolgimento internazionale. Le armi nucleari e il programma nucleare sono stati dichiarati a Pyongyang come una delle più brillanti “eredità” di Kim Jong-il. Sino a quando non si supererà il lungo stallo nel negoziato esapartito, la disastrosa mancanza di generi alimentari si aggraverà ulteriormente, mentre nuovi “marzi rigidi” getteranno discredito sul giovane leader e scateneranno infine disordini sociali nel paese. Una volta che il disordine sociale inizi a ribollire, è probabile che esso entri in risonanza con una spietata competizione per il potere all’interno del sistema. Uno scenario di questo genere sarebbe terribile.
La Corea del Nord è a un bivio. Il giovane leader dovrebbe riconoscere che le armi nucleari, lungi dall’essere un talismano, sono il suo più grande ostacolo. In ultima istanza, ogni prospettiva di sopravvivenza della Corea del Nord e di un suo rinnovamento economico passa per la denuclearizzazione. Per il momento, la comunità internazionale dovrebbe tendere la mano a Kim Jong-un e incoraggiare Pyongyang a avviare il paese in una nuova direzione. Nessuno desidera assistere a un disastroso crollo della Corea del Nord o all’esplosione di una seconda guerra di Corea. Occorre favorire ogni positivo cambiamento in questo paese anacronistico: il nuovo round di dialogo esapartito svoltosi il 23 febbraio scorso – seppur interlocutorio – è uno sviluppo incoraggiante, come anche la recente apertura della Dipartimento di Stato Usa nei confronti della nuova dirigenza nordcoreana.
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