Il 60% delle malattie infettive dell’uomo è di origine animale. Una percentuale particolarmente preoccupante e che aumenta fino al 75% se si fa riferimento alle sole infezioni emergenti, malattie che appaiono per la prima volta in una certa popolazione o che esistono da tempo, ma che hanno subito un rapido aumento in termini di incidenza e distribuzione geografica. Tra queste, e solo per citarne alcune, ritroviamo HIV, Ebola, MERS, SARS, Rift Valley Fever e, ovviamente, COVID-19. Si tratta di infezioni che si trasformano facilmente in epidemia, diffondendosi molto velocemente a livello globale e causando non solo un impatto sulla salute pubblica, con numeri ingenti di malati e morti, ma anche effetti socio-economici devastanti. Diversi fattori di ordine economico, demografico, sociale e ambientale – tra cui l’urbanizzazione, gli interventi di deforestazione, lo sfruttamento agricolo della terra e i cambiamenti climatici – facilitano l’emergere di queste infezioni, permettendo agli agenti patogeni, virus e batteri, di svilupparsi in nuove nicchie ecologiche, adattarsi a nuovi ospiti e trovare il modo di diffondersi in maniera ancora più rapida.
I sistemi sanitari nazionali restano certamente i principali responsabili del controllo e della gestione delle infezioni emergenti e delle epidemie che ne conseguono; tuttavia, una minaccia così complessa richiede un’azione altrettanto articolata, in cui il sistema sanitario non può agire da solo, ma deve collaborare e co-creare una risposta integrata, multi-settoriale e coordinata insieme ad altri attori. Nel 2014, trenta paesi e organizzazioni internazionali hanno creato la Global Health Security Agenda (GHSA), un’iniziativa di collaborazione che mette insieme governi, agenzie internazionali, organizzazioni non-governative, istituti di ricerca e settore privato con l’obiettivo di condividere buone pratiche e rafforzare le capacità nazionali e globali di rispondere alle minacce poste dalle malattie infettive e raggiungere un mondo sicuro e ‘in salute’. Lo strumento proposto dalla GHSA è la collaborazione multi-settoriale che coinvolge attori della salute umana e della salute animale, dell’agricoltura e dell’allevamento, dell’ambiente, dell’educazione, dell’economia e dello sviluppo.
In quest’ottica, la GHSA promuove l’approccio One Health come elemento unico e distintivo di collaborazione multi-disciplinare. One Health riconosce l’interconnessione tra esseri umani, animali e ambiente e promuove un approccio collaborativo, multi-settoriale e transdisciplinare, per raggiungere uno stato di salute ottimale e sistemico per il pianeta. In particolare, One Health incoraggia la collaborazione, condivisione e comunicazione tra più discipline, promuovendo una responsabilità condivisa per l’ottenimento della salute e della sicurezza globale.
Il Comitato Collaborazione Medica (CCM), organizzazione non-governativa di Torino, ha fatto proprio l’approccio One Health e ne promuove l’applicazione a livello locale, attraverso azioni comunitarie che possano generare evidenza, contribuire alla formulazione delle politiche nazionali e al riconoscimento dell’approccio stesso su scala globale. Attraverso azioni di One Health, CCM promuove la collaborazione transdisciplinare in cui esperti in diverse discipline, attori istituzionali e comunità locali lavorano insieme per complementare conoscenze e pratiche tradizionali con il sapere scientifico e la tecnologia e trovare soluzioni innovative alle minacce sanitarie e ambientali di oggi.
Il progetto “Un Approccio Multidisciplinare per Promuovere la Salute e la Resilienza delle Comunità Pastorali in Nord Kenya”, nella contea di Marsabit, è un esempio concreto dell’impegno e dell’azione di CCM in ambito One Health. Il progetto si concentra nella sotto-contea di Norh Horr, abitata da circa 126.000 persone, per la maggior parte pastori nomadi, ed è promosso da un team multidisciplinare, composto da CCM, Vétérinaires Sans Frontières Germania (VSF Germania), Translate into Meaning (TriM) e il Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (DIST) del Politecnico e dell’Università di Torino*. Il progetto riconosce la possibilità di ottenere salute e sicurezza solo in maniera interdisciplinare e supporta, pertanto, un’azione partecipata all’identificazione, controllo e gestione delle minacce ambientali e sanitarie, in particolare le zoonosi (malattie infettive trasmesse dall’animale all’uomo) particolarmente diffuse tra i pastori che hanno un legame indissolubile con i propri animali e l’ambiente circostante.
Il progetto è stato disegnato sulla base di una ricerca operativa durata 15 mesi nel sud dell’Etiopia, in un’area omogenea dal punto di vista socio-culturale e simile all’area di progetto in Kenya. La ricerca, così come la successiva applicazione nella contea di Marsabit, ha visto l’impegno di un gruppo di lavoro guidato da una figura di antropologo medico, e composto da staff di formazione sanitaria e veterinaria. La ricerca ha permesso di comprendere percezioni e comportamenti dei pastori riguardo la propria salute, la salute dei propri animali e l’ambiente in cui essi vivono e con cui interagiscono; di valutare la possibilità di organizzare interventi volti a integrare i servizi sanitari e veterinari in un ambiente salubre; e di sperimentare e convalidare tecnologie innovative per la salute e il controllo del clima, combinando approcci scientifici dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso.
La ricerca interdisciplinare ha ottenuto risultati essenziali per orientare l’azione, soprattutto in ottica di prevenzione del conflitto e sicurezza umana:
La strategia del progetto si fonda sulla centralità degli operatori comunitari: 360 tra Volontari della Salute Comunitaria (Community Health Volunteers, CHV), Volontari Comunitari per la Salute Animale (Community Disease Reporters, CDR), Agenti di Salute Familiare (Health Household Agents, HHA) e leader comunitari e religiosi. Il progetto li ha formati sui temi relativi all’approccio One Health, promuovendo una discussione partecipata intorno al concetto generale, affrontando in dettaglio i principali problemi di salute umana e salute animale, tra cui il rischio di trasmissione delle zoonosi, e analizzando insieme le misure igienico-comportamentali per prevenirne la trasmissione. CHV e CDR sono stati poi ulteriormente formati sulla raccolta di dati ambientali, relativi alle risorse presenti sul territorio, climatologici, di salute umana e animale, con l’obiettivo di facilitare l’identificazione di indicatori di rischio e pianificare strategie per ridurre gli impatti derivanti da possibili minacce ambientali (come periodi di prolungata siccità o di piogge intense) e sanitarie (come appunto l’insorgenza di epidemia). Si cerca dunque di costruire un sistema di supporto alle decisioni (Decision Support System), a livello comunitario, basato sull’integrazione di conoscenza tradizionale, scienza e tecnologia.
È interessante notare come sia la comunità stessa a giocare un ruolo di primo piano nella costruzione della propria sicurezza, a tutti i livelli. Sono i rappresentanti della comunità pastorale, infatti, che identificano il sospetto di un capo di bestiame malato o di un pozzo la cui acqua non è più salubre per persone e/o animali, lo riportano alle autorità competenti e all’équipe di progetto, e con loro cercano una soluzione al problema.
Gli operatori comunitari sono stati formati a osservare, misurare e registrare alcuni parametri nell’area di progetto, scelti in maniera partecipativa durante la loro stessa formazione come indicatori più rilevanti per il monitoraggio delle condizioni meteo-climatiche, sanitarie e veterinarie della zona. Ogni giorno, CHV e CDR misurano precipitazione, temperatura massima e minima, indicatori tradizionali, osservano e registrano eventuali eventi inusuali o potenzialmente dannosi per la salute di uomini e animali e raccolgono informazioni qualitative sulla vegetazione, i punti di acqua, la copertura nuvolosa e le tempeste di vento. Dati numerici e informazioni qualitative sono inviate a un database cloud e immediatamente condivise a diversi attori chiave (tra cui, operatori di comunità, autorità locali ed esperti tecnici). Grazie a questo sistema partecipativo di raccolta e condivisione dei dati, le comunità hanno dimostrato nel tempo un’accresciuta consapevolezza dell’importanza di osservare e registrare dati meteo-ambientali e parametri sanitari come strumento per riconoscere cambiamenti significativi nell’ambiente che li circonda.
Le informazioni raccolte a livello comunitario, vengono sistematizzate in un semplice strumento di accesso e visualizzazione dei dati per essere poi analizzati mensilmente in maniera transdisciplinare da un comitato scientifico, composto in genere da membri della comunità, istituzioni, team di progetto ed esperti tecnici (in salute umana e animale, impatto idrogeologico, vegetazione e meteo-clima). Nel corso di queste attività di analisi partecipata, la comunità discute riguardo ai principali fattori di rischio registrati negli ultimi tre mesi, quali mancanza di pioggia, tempeste di vento, carenza di aree di pascolo, presenza di specie vegetative infestanti e non commestibili, diffusione di malattie, dei possibili impatti sulla comunità e delle possibili azioni da intraprendere nel mese successivo. Tale approccio stimola inoltre la discussione riguardo l’importanza di registrare le informazioni di rischio tramite supporto elettronico, in modo da costruire una memoria storica relativa a pericoli e impatti.
Lo strumento di visualizzazione e condivisione dei dati è risultato particolarmente utile durante le invasioni di locuste nell’area di progetto (gennaio-maggio 2020). Grazie all’integrazione di dati raccolti sul campo, dati di stima della pioggia e di stato della vegetazione raccolti da satellite, e dati di previsione del vento ottenuti tramite modelli numerici, lo strumento ha permesso un’analisi approfondita della situazione e prodotto una serie di mappe che hanno supportato le valutazioni multi-rischio dell’Agenzia Nazionale di Gestione della Siccità (National Drough Management Authority). La collaborazione tra operatori comunitari, istituzioni ed esperti ha promosso una valutazione congiunta del rischio e potrà aiutare a identificare azioni collettive di prevenzione e controllo, per mitigare il rischio di insorgenza di eventi simili in futuro.
Sebbene all’inizio e con ancora tanto da imparare e migliorare, l’esperienza comunitaria in Nord Kenya evidenzia l’importanza della collaborazione, condivisione e comunicazione multi-disciplinare per la gestione del bene comune salute, nella complessità dei suoi determinanti e delle strategie da porre in atto per promuoverla. In questo senso, l’approccio One Health non rappresenta solamente l’integrazione tra discipline diverse, ma anche l’integrazione sistemica come metodologia di lavoro, in cui consapevolezza collettiva e responsabilità individuale sono elementi essenziali per raggiungere salute e sicurezza globale.
*VSF Germania è un’organizzazione non-governativa specializzata nella salute animale, con esperienza pluridecennale in Africa Orientale; TriM è una PMI che supporta i processi di decision-making per la gestione delle risorse ambientali e di salute, trasformando dati in azioni; DIST è un ente di ricerca con finalità di cooperazione allo sviluppo che lavora in ambito di habitat, progettazione, pianificazione e sviluppo territoriale.
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Per saperne di più:
CCM (2018) Position Paper su One Health. Disponibile su: http://www.ccm-italia.org/wp-content/uploads/2019/04/Position-Paper-del-CCM-sul-One-Health.pdf
Gibbs, E. P. J. (2014) “The evolution of One Health: a decade of progress and challenges for the future”. Veterinary Record, 174(4), 85-91. Disponibile su: https://veterinaryrecord.bmj.com/content/174/4/85.full
Morse, S. S. (1995) “Factors in the Emergence of Infectious Diseases”. Emerging Infectious Diseases, 1(1), 7-15. Disponibile su: https://wwwnc.cdc.gov/eid/article/1/1/95-0102_article
Salza, A. (2018) DON’T ASK, DON’T TELL. One-Health Seeking Behaviours among Pastoralists in a Semi-arid Land. Report of the Anthropology-Ecology Field Mission. Disponibile su: http://www.ccm-italia.org/one-health-uomo-animale-ambiente-north-horr-2
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