I programmi di disarmo, smobilitazione e reintegrazione (Disarmament, Demobilisation and Reintegration, DDR) degli ex combattenti sono uno degli aspetti più delicati e impegnativi dei processi di costruzione della pace a seguito di un accordo, soprattutto a fronte delle implicazioni in ambito di sicurezza e delle conseguenze sui rapporti di potere tra le parti in conflitto. Inoltre, i programmi di DDR degli ex combattenti hanno un’ampia gamma di risvolti economici, sociali, ambientali e culturali, soprattutto in contesti in cui è presente una folta schiera di ex combattenti da reintegrare nella vita civile della comunità: eventuali fallimenti potrebbero forse non compromettere il processo di pace, ma rischierebbero di contribuire alla conversione della violenza politica in criminalità e porre sfide significative in ambito socio-economico e di sicurezza. Dall’Angola a El Salvador passando per il Sud Africa, non mancano gli esempi di come tale trasformazione della violenza abbia causato un maggiore livello di criminalità. Allo stesso tempo, al fine di garantire un’efficace messa in atto dei programmi di DDR è necessario che il contesto di costruzione della pace (o peacebuilding) rispetti determinate condizioni, in primis in termini di stabilità, governance e quadro socio-economico. Tali fattori non sono solo importanti per ottenere l’adesione degli ex combattenti al processo di disarmo e smobilitazione, ma anche per il loro reinserimento nella società a lungo termine.
Una delle questioni più critiche da valutare in questo senso è se i programmi di DDR tengano in considerazione variabili quali età, genere, classe, etnia, razza, casta, livello di istruzione, competenze professionali e, più in generale, status socio-economico degli ex combattenti. È infatti fondamentale riconoscere l’eterogeneità degli ex combattenti poiché tali differenze sono decisive nel valutare fino a che punto essi potranno ricevere assistenza durante la reintegrazione e nello stabilire che tipo di sfide dovranno affrontare semplicemente a causa della loro identità. Per questa ragione tutti i programmi di DDR dovrebbero partire da un’analisi dettagliata delle varie caratteristiche degli ex combattenti in modo da evitare risposte indifferenziate o, come direbbero gli anglofoni, one-size-fits-all.
Il termine ‘ex combattenti’ indica un gruppo nutrito e variegato di persone – tra cui uomini e donne, ragazzi e ragazze – ognuna con caratteristiche ed esigenze diverse che non dovrebbero essere sminuite o trascurate perché potrebbero essere proprio queste a determinare gli ostacoli e le difficoltà che individui diversi dovranno fronteggiare durante il loro percorso di DDR.
In particolare, per valutare le specificità e il carico di lavoro dei vari casi occorre prestare un’attenzione speciale alla sorte degli ex combattenti feriti e resi disabili nel corso del conflitto, delle donne che hanno combattuto e ai bambini soldato. Oltre a queste tre categorie convenzionali di persone vulnerabili è poi importante tenere conto delle differenze tra chi ha lasciato le fila dei combattenti prima dell’accordo di pace, chi era in una posizione di comando e, infine, le famiglie dei combattenti caduti durante il conflitto. Ognuno di questi gruppi può essere ulteriormente suddiviso a seconda delle varie fazioni da cui provengono gli ex combattenti oppure se si sono offerti volontari o se sono stati costretti a combattere.
Nell’analizzare i bisogni specifici degli ex combattenti bisogna inoltre tenere a mente che le scelte di vita di donne e ragazze potrebbero essere molto diverse da quelle di uomini e ragazzi a fronte dei diversi ruoli ricoperti prima, durante e dopo il conflitto. Allo stesso modo, durante il processo di smobilitazione è necessario assicurarsi che sia adottato un approccio sensibile alle questioni di genere, specialmente se questa fase prevede la creazione di acquartieramenti. Le ex combattenti potrebbero avere esigenze e aspettative diverse da quelle degli ex colleghi di sesso maschile anche durante la fase di reintegrazione socio-economica. Pertanto, il processo di reintegrazione dovrebbe garantire che eventuali strutture tradizionali della società non impediscano alle ex combattenti di poter frequentare corsi di formazione professionale a causa delle loro responsabilità familiari o delle lunghe distanze da percorrere per raggiungere il centro di formazione; oppure che barriere culturali pregiudichino le loro possibilità di trovare un lavoro adeguato o di avere equo accesso a terre e attrezzature agricoli, ad esempio. Le opportunità offerte alle ex combattenti durante la reintegrazione dovrebbero anche includere quelle competenze professionali, come l’edilizia e la guida, che di solito non vengono considerate “femminili”, in quanto tali competenze potrebbero essere già state acquisite durante il conflitto e le ex combattenti potrebbero volerle sfruttare e affinare.
In modo analogo, la Banca Mondiale ha identificato tre prerequisiti per rispondere alle esigenze degli ex bambini soldato nei processi di reintegrazione: il ricongiungimento familiare, il sostegno piscologico e l’educazione, e le opportunità economiche. Oltre alla mancanza di programmi di DDR specificatamente concepiti per far fronte ai loro bisogni, uno dei motivi principali per cui i bambini soldato si uniscono allo scoppio di nuovi conflitti è l’intimidazione subita dopo la smobilitazione: transitare da un’identità militare a una civile può essere molto più duro per i bambini soldato rispetto ai combattenti adulti. Il percorso di DDR degli ex bambini soldato sarà quindi, con tutta probabilità, più impegnativo.
Innanzitutto, identificare le famiglie e facilitare il ricongiungimento è di solito un compito difficile poiché in alcuni casi gli ex bambini soldato non vengono accolti dalle loro famiglie e comunità a causa delle atrocità che sono stati costretti a compiere durante il conflitto. Appare quindi ovvio che considerazioni su come promuovere il rinserimento dei bambini nelle loro comunità e su come supportare questi sforzi devono essere una parte integrante di qualsiasi programma di DDR rivolto agli ex bambini soldato. A ciò si deve necessariamente accompagnare la fornitura di assistenza psicologica al fine di garantire che essi possano compiere con successo la transizione verso un’identità civile.
Infine, bisogna sottolineare che tutti gli accorgimenti menzionati richiedono una prospettiva di lungo termine. Secondo uno studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (International Labour Organization, ILO), ad esempio, le ragazze sono spesso utilizzate come oggetti sessuali durante i conflitti e continuano a essere vittime di abusi dopo la smobilitazione, rendendo la loro reintegrazione nella società più complessa rispetto a quella dei ragazzi. La maggior parte delle ragazze tende a essere invisibile nei programmi di DDR a causa del loro ruolo non combattente di “mogli”, messaggere o cuoche durante il conflitto. Molte sono esposte a un alto rischio di sfruttamento sessuale negli acquartieramenti, mentre le giovani madri e i loro bambini spesso subiscono un rifiuto totale da parte della loro comunità e continuano a essere vittime di abusi e stigmatizzazione. Per assicurarsi che il processo di DDR tenga conto e risponda alle specifiche esigenze e preoccupazioni di queste giovani donne è quindi di fondamentale importanza monitorare attentamente il loro processo di reintegrazione e supportarle con adeguati servizi di consulenza psicologica.
In ultima analisi, quando i conflitti finiscono, capire come rispondere ai bisogni degli ex combattenti diventa una delle questioni più urgenti e critiche per poter sperare nella sostenibilità a lungo termine del processo di pace. Ritornando alle loro famiglie e comunità, gli ex combattenti si trovano di fronte a una serie di sfide significative alla loro reintegrazione – sfide che dipendono, fra l’altro, dal tipo e durata del conflitto, dalle sue dinamiche e conseguenze, nonché da chi sono e dalle risorse di cui dispongono. A peggiorare ulteriormente le cose, se il processo di DDR non tiene conto delle caratteristiche specifiche dei diversi gruppi e sub-gruppi di ex combattenti, è probabile che ci siano una serie di ripercussioni sulla sicurezza umana, tanto a livello micro quanto a livello macro. Se gli ex combattenti smobilitati non sono inseriti nel mondo del lavoro e integrati nella società sulla base delle loro esigenze e caratteristiche socio-economiche, la mancanza di reddito potrebbe, ad esempio, aumentare la loro propensione a commettere reati. Se poi, oltre a essere privati di opportunità economiche, essi si ritrovano emarginati dal punto di vista socio-politico, potrebbero finire per rappresentare una minaccia potenziale alla delicata pace raggiunta a seguito del conflitto e compromettere la stabilità a livello nazionale o, addirittura, regionale e globale.
Per saperne di più:
GTZ (2001) Demobilisation and Reintegration of Ex-Combatants in Post-War and Transition Countries: Trends and challenges of external support. Disponibile su: https://www.bicc.de/uploads/tx_bicctools/demobilisation.pdf
ILO (1995) The Reintegration of Young Ex-Combatants into Civilian Life.
Özerdem, A. (2008) Post-war Recovery: Disarmament, Demobilisation and Reintegration, Tauris.
Özerdem, A., Podder S. e Quintoriano, E. (2010) “Identity, Ideology and Child Soldiering: Community and youth participation in civil conflict – A study on the Moro Islamic Liberation Front, Mindanao, Philippines”, Civil Wars, 12(3). Disponibile su: https://doi.org/10.1080/13698249.2010.509566
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