A febbraio 2021 i generali del Myanmar hanno messo fine al loro esperimento di democrazia elettorale e hanno organizzato un colpo di stato contro il governo civile che era stato rieletto solo qualche mese prima. Da allora, la violenza ha inghiottito un paese che era già il teatro della più lunga guerra civile in corso tra movimenti ribelli etnonazionali – noti come organizzazioni etniche armate (in inglese, Ethnic Armed Organizations, EAO) – e l’esercito di uno stato etnocratico, il Tatmadaw. Confinato nelle remote periferie del paese, questo conflitto è stato spesso trattato come una faccenda di secondo ordine da osservatori e politici. Sulla scia del colpo di stato, però, le EAO sono tornate al centro della politica del Myanmar.
Alcuni osservatori hanno persino affermato che le EAO sarebbero i veri registi, o kingmaker, della crisi in corso dato che sia i militari che il movimento di resistenza civile – rappresentato dal National Unity Government (NUG) – si contendono il loro sostegno. Tuttavia, il posizionamento delle EAO è tutt’altro che chiaro. Alcune sostengono la resistenza popolare al regime militare e si sono alleate con il NUG: la Karen National Union (KNU) e la Kachin Independence Organization (KIO), in particolare, hanno intensificato il loro impegno militare contro il Tatmadaw, entrambe danno rifugio ai rivoluzionari del centro del paese e offrono addestramento alla guerriglia ai giovani attivisti che fuggono dalle città. Altre EAO, come l’Arakan Army (AA), sembrano aver optato per mantenere un’ambiguità strategica nei confronti degli sviluppi recenti. Altre ancora, come la United Wa State Army (UWSA) hanno confermato i loro pragmatici rapporti di cessate il fuoco con il Tatmadaw.
Cercare di spiegare tutte le differenze nel posizionamento delle EAO rispetto alle nuove realtà in Myanmar va oltre lo scopo di questo articolo. Un tema condiviso e centrale per comprendere la generale diffidenza delle EAO a impegnarsi con il NUG è che esse vedono la crisi attuale in Myanmar come essenzialmente un conflitto tra le forze della maggioranza etnica Bamar. Mentre la colonna portante del NUG – la National League for Democracy (NLD) – sta combattendo per la democrazia, le EAO e le loro comunità etnonazionali hanno avuto un’esperienza alquanto negativa degli ultimi dieci anni di democratizzazione. Per tutto questo tempo il conflitto etnico e la guerra civile si sono intensificati, ma non è stato fatto alcun progresso sulle rivendicazioni politiche delle EAO circa il federalismo, la condivisione del potere e i diritti delle minoranze etniche.
C’è poi la profonda sensazione che la storia si stia ripetendo. E finora la storia non è stata dalla parte delle EAO. La KNU, per esempio, era un alleato cruciale del movimento pro-democrazia guidato dall’NLD negli anni novanta e duemila. Allora come oggi, la KNU ha dato rifugio agli attivisti del Myanmar centrale, ha addestrato i giovani Bamar alla resistenza armata e ha giurato sostegno al governo in esilio guidato dall’NLD. Allora come oggi, la KNU ha pagato la propria posizione politica a caro prezzo, subendo i pesanti attacchi del Tatmadaw, le cui spietate campagne di controinsurrezione hanno provocato una catastrofe umanitaria per il popolo Karen e la perdita di importanti territori. Quando l’NLD si è fatta strada e ha raggiunto il potere, però, molti nella KNU si sono sentiti traditi dai loro ex alleati.
Perché allora la KNU dovrebbe sostenere il NUG ora? Da un punto di vista puramente strategico, la KNU farebbe meglio a tenere coperte le proprie carte e mantenere una certa ambiguità, come fa l’AA – e pare che inizialmente i leader del movimento, tra cui il presidente della KNU, il generale Mutu Say Poe, e il capo di stato maggiore della Karen National Liberation Army (KNLA) Saw Johnny fossero effettivamente inclini a fare così. Tuttavia, l’atteggiamento strategico, le scelte e le traiettorie delle EAO non si possono semplicemente ridurre al processo decisionale al vertice del movimento. Come discuto nel mio libro Rebel Politics, le strategie delle EAO andrebbero invece viste come il risultato di relazioni multiformi, spesso conflittuali, tra attori diversamente collocati all’interno di movimenti eterogenei che raggiungono in profondità la più ampia società. Questa prospettiva suggerisce che un asse di analisi particolarmente importante per capire la politica delle EAO è quello delle relazioni verticali tra i leader e le loro basi sociali, inclusi i membri ordinari delle loro organizzazioni, le reti di attivisti e le loro comunità etnonazionali di riferimento. Detto in altre parole, le pressioni dal basso verso l’alto contano per le decisioni strategiche delle EAO.
È quindi probabile che anche la scelta della KIO e della KNU di sostenere il NUG sia stata plasmata dalle loro basi sociali. Dopo il colpo di stato, le comunità Kachin e Karen si sono unite alla resistenza nazionale contro il regime militare: hanno guidato marce nel distretto Sanchaung di Yangon e organizzato dimostrazioni nei capoluoghi di provincia di Myitkyina e Hpa’an così come in più piccoli insediamenti negli Stati Kachin e Karen. Come i manifestanti delle altre comunità di nazionalità etniche del Myanmar, Kachin e Karen non sono scesi in strada per chiedere la restaurazione dello stesso sistema democratico che li ha traditi in passato, ma una revisione totale dello stato etnocratico e della società del Myanmar, esigendo federalismo e diritti per le minoranze etniche. Le loro richieste riflettono gli obiettivi politici per cui le EAO, tra cui KIO e KNU, combattono da molto tempo. KIO e KNU hanno quindi deciso di sostenere la più ampia rivoluzione in Myanmar promettendo di difendere dalle forze di sicurezza i civili che protestano negli stati Kachin e Karen.
Questo non vuol dire che Rakhine, Shan, Wa o altri non abbiano partecipato alla resistenza contro i militari. Lo hanno fatto. In tutto il paese e fin da subito le popolazioni di nazionalità etniche sono state – e sono tuttora – un pilastro centrale della variegata rivoluzione in Myanmar. Qui però è necessario puntualizzare che il grado di influenza che le pressioni dal basso hanno sulle strategie delle EAO dipende dalla natura delle relazioni verticali tra i leader delle EAO e la loro base sociale. Le ribellioni Karen e Kachin, per esempio, hanno una lunga tradizione di impegno civico che include regolari consultazioni pubbliche con i rappresentanti della comunità. KNU e KIO possono quindi essere intese come parti di più ampi movimenti rivoluzionari Karen e Kachin composti da organizzazioni comunitarie, attivisti e varie autorità, come le chiese locali o le reti della diaspora. I dibattiti che si svolgono all’interno delle loro sfere pubbliche rivoluzionarie comportano un impegno critico con le EAO, i loro leader e le loro decisioni.
Tanto nella ribellione Karen quanto in quella Kachin, le richieste della base sono state spesso più risolute di quelle di parti dei vertici delle EAO. Ne abbiamo avuto un esempio recente quando il presidente della KNU, il generale Mutu Say Poe, e altri leader a lui vicini hanno ripetutamente proposto un ritorno al tanto criticato accordo nazionale di cessate il fuoco, il Nationwide Ceasefire Agreement (NCA). I leader della KNU non hanno incontrato solo il rifiuto di altre parti dell’organizzazione, ma anche e soprattutto le proteste della società civile (che già aveva espresso il suo dissenso quando il generale Mutu aveva firmato l’accordo nel 2015). Simili dinamiche si differenziano da quanto avviene in altre EAO apparentemente meno solidali con la rivoluzione in corso in Myanmar. Ci sono ovviamente molteplici fattori in gioco, e non dovremmo cercare di semplificare troppo le cose. Per esempio, l’UWSA ha il controllo incontrastato del suo territorio e può quindi fornire efficacemente protezione alle comunità locali. Non è così per KNU e KIO. Allo stesso tempo non è azzardato sostenere che EAO come l’UWSA o il Shan State Progress Party (SSPP) hanno sfere pubbliche meno articolate e che, quindi, le loro manovre strategiche sono meno influenzate dalle pressioni dal basso rispetto a quanto avviene per KNU e KIO. Ciò detto, le basi sociali hanno un ruolo importante in tutti i movimenti etnonazionali del Myanmar, non solo nelle EAO riconosciute ufficialmente. Lo hanno dimostrato i pesanti scontri avvenuti negli Stati di Chin e Kayah a seguito del colpo di stato: mentre entrambi gli stati sono la patria di piccole EAO, il Tatmadaw è stato sfidato da ribellioni organizzate dal basso, in comunità che hanno sofferto per la marginalizzazione e la militarizzazione durante tutto il decennio di democratizzazione. Il loro coraggio e i loro sacrifici dovrebbero spingerci a prestare maggiore attenzione alle basi sociali delle lotte armate, in Myanmar come altrove.
Per saperne di più
Brenner, D. (2021) “Myanmar’s diverse revolution digging in for the long haul”, Postcolonial Politics. Disponibile su: https://postcolonialpolitics.org/myanmars-diverse-revolution-civil-war/
Hmung, S. (2021) “New friends, old enemies: Politics of Ethnic Armed Organisations after the Myanmar coup”, Policy Brief-SEARBO, New Mandala. Disponibile su: https://www.newmandala.org/wp-content/uploads/2021/06/CAP_SEARBO_Policy-brief_Samuel-Hmung.pdf
Kyaw Hsan Hlaing (2021) “Myanmar politics must be re-made, not restored”, Frontier Myanmar. Disponibile su: https://www.frontiermyanmar.net/en/myanmar-politics-must-be-re-made-not-restored/
Loong, S. (2021) “Centre-periphery relations in Myanmar: Leverage and solidarity after the 1 February coup”, ISEAS Trends in Southeast Asia, no. 9. Disponibile su: https://www.iseas.edu.sg/wp-content/uploads/2021/05/TRS9_21.pdf
International Crisis Group (2021) Taking aim at the Tatmadaw: The new armed resistance to Myanmar’s coup. Disponibile su: https://www.crisisgroup.org/asia/south-east-asia/myanmar/b168-taking-aim-tatmadaw-new-armed-resistance-myanmars-coup
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