In Cina gli spazi di partecipazione civile hanno cominciato ad aprirsi solo negli anni ’80 del secolo scorso con le riforme di Deng, che hanno consentito l’emergere di un ampio numero di organizzazioni non governative (Ong), che si stimano oggi superare il milione di unità. In realtà vi è grande incertezza sul numero di queste organizzazioni a causa non solo della scarsità di dati ufficiali, ma anche della difficoltà di arrivare a una definizione delle Ong in Cina: non più intento a sopprimere ogni manifestazione di associazionismo civile, infatti, il Pcc oggi tende sovente ad avvalersene come ulteriore strumento per un capillare controllo della società, favorendo il costituirsi di quelle che si suole chiamare GonGo (government-operated non governmental organizations): realtà ibride prive dell’indipendenza che di norma si associa alla natura delle Ong.
Quanto alle esperienze di associazionismo realmente indipendenti, il Pcc e le autorità locali restano sospettose soprattutto delle iniziative che denotano capacità aggregativa (specie se a livello nazionale), o che contendono al Partito il plauso per il coordinamento di attività a sostegno della popolazione (si veda il caso dei recenti terremoti in Sichuan e Qinghai).
Negli ultimi mesi per le Ong il clima in Cina sembra essersi fatto particolarmente opprimente: non soltanto faticano a trovare spazio sui media (anche perché su molti argomenti i giornalisti si auto-censurano), ma anche quelle molto note subiscono pressioni dallo Stato volte a ostacolarne l‟attività. Di recente Wan Yanhai, fondatore nel 1994 dell’Istituto Aizhixing impegnato nella lotta contro la discriminazione di cittadini affetti da Hiv e per la prevenzione dall’Aids, si è visto costretto ad espatriare negli Stati Uniti, mentre si teme la chiusura imminente dell’Istituto. Dopo anni di collaborazione, la Divisione di Scienze Sociali della prestigiosa Università di Pechino ha chiuso i rapporti con il Centro per i Servizi Legali e Giuridici per le Donne, che lavora dal 1995 a favore dei diritti delle donne cinesi. Questo Centro rischia di sperimentare la stessa vicenda di Gongmeng, uno studio legale indipendente impegnato nella valorizzazione delle norme contenute nella Costituzione cinese e non applicate dai tribunali, che è stato costretto a chiudere con un pretesto fiscale nel 2009.
Questi casi indicano la propensione della autorità cinesi a colpire in particolare alcune delle Ong che si attivano per fornire sostegno legale alla cittadinanza su “temi caldi”, a partire dalla violazione dolosa dei diritti dei cittadini da parte del potere pubblico. L’idea – non nuova in Cina – è che la lezione impartita ad alcune organizzazioni serva da lezione per le altre. Non si tratta, d’altra parte, del primo irrigidimento di Pechino nei confronti dell’associazionismo civile: casi precedenti si sono registrati dopo le cosiddette “rivoluzioni colorate” degli anni 2000, scaturite appunto da movimenti sociali (la rivoluzione delle rose in Georgia nel 2003, quella arancione in Ucraina nel 2004 e quella dei tulipani in Kyrgyzstan nel 2005), ma anche nei mesi precedenti le Olimpiadi di Pechino del 2008, quando si temevano atti dimostrativi sotto i riflettori dei media mondiali.
Secondo esponenti dell’International Center for Civil Society Law, dopo questa fase di chiusura non si potrà che assistere a una nuova proliferazione delle organizzazioni non governative, data la difficile reversibilità del trend partecipativo che interessa ampi settori della popolazione cinese. Non sono soltanto le azioni di attiva repressione a danneggiare le Ong cinesi: anche la passività delle autorità nel regolamentarle e aumentarne la legittimità è una scelta restrittiva. La sfida è di portata storica, giacché in un sistema politico che permane autoritario la compressione delle voci critiche – a partire da quelle che chiedono l’applicazione sostanziale di molti validi enunciati della costituzione della Rpc – può mettere a repentaglio la stabilità nazionale, soprattutto se la crescita economica dovesse attenuarsi (ma potenzialmente anche prima, come suggerisce il caso della Thailandia).
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